I Battaglione CC.NN. "IX Settembre": differenze tra le versioni

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{{Doppia immagine|destra|Italo Di Marzio.jpg|166|Armando_Capanna_Piscé.jpg|179|Il sergente Italo Di Marzio (destra) e il legionario Armando Capanna Piscé (sinistra)}}
[[File:Eccidio di Sarnano 02.jpg|thumb|I funerali dei militi del I Battaglione CC.NN "IX Settembre" uccisi dai partigiani al poligono di tiro]]
Tra il 30 ed il 31 giugnomaggio, il battaglione si trovò a combattere con due gruppi [[Partigiano|partigiani]], il gruppigruppo Niccolò e il gruppo Filipponi, che decisero di organizzare un'imboscata. Per avere notizie del battaglione, i partigiani catturarono a [[Campanotico]] il [[Legione (fascismo)|legionario]] Armando Capanna Piscé, caduto in trappola dopo essere stato sedotto da una donna locale. Condotto a Piobbico, fu torturato ucciso con un colpo alla testa con una [[rivoltella]] e il corpo occultato (venne ritrovato sono nel 1992). Il mancato ritorno del legionario non fece sospettare nulla al comando poiché spesso molti militi soggiornavano in varie famiglie che erano solite ospitarli. La mattina successiva, intorno alle 7, le truppe del battaglione si diressero al [[poligono di tiro]] per esercitarsi, ma una volta raggiunto il luogo, i partigiani aprirono il fuoco uccidendone cinque. Altri combattimenti si tennero in una casa privata, conosciuta come Casa Brandi, dove il milite Domenico Cortellini venne colpito alla testa dopo essersi affacciato dalla finestra per pettinarsi. Udendo i colpi, il [[caporale]] Benito Dazzani, allora 17enne, stanziato con il resto del plotone alle scuole, sventò in parte l'assalto alla casa, contrattaccando con un [[Brixia Mod. 35]].
 
Dopo gli attacchi sul luogo giunsero tre camion di [[Waffen-SS]] inviate dal comando generale tedesco di Amandola per preparare una [[rappresaglia]] punitiva, ma furono bloccati dai militi dello stesso battaglione, incentivati anche dal [[caposquadra]] Italo Di Marzio, salvato al poligono da una donna del paese, Viola Brandi. Questo comportamento dei soldati fascisti limitò l’efficacia dell’agguato condotto dai partigiani, infatti secondo loro l'obiettivo voluto dai ribelli non fu raggiunto, perché una rappresaglia tedesca avrebbe alimentato l'odio nei confronti dei soldati della RSI e di favorirefavorito l'ingresso nella [[Resistenza italiana|resistenza]].<ref name=":1" /><ref name=":0" /> L'[[Ufficiale (forze armate)|ufficiale]] Vincenzo Colacino, in una lettera al Sottosegretario di stato maggiore per l'esercito scrive:{{citazione|Si era alle 7 del 31-5-44 quando il I plotone partiva per recarsi al solito posto. Il V plotone non era ancora partito. Il I plotone giunto sul posto, viene a disporsi per tre di fronte al comandante maresciallo ord. Panzolato. Appena assunta tale formazione, una lunga scarica di bombe da mortaio 45m/m, di bombe a mano e di proiettili di armi automatiche piove sul plotone il quale, colto improvvisamente in quelle condizioni, subisce gravi conseguenze. Gli ordini impartiti dal comandante del plotone, già gravemente ferito in più parti del corpo, ed il sangue freddo dei comandanti superstiti rincorano i legionari i quali si dispongono alla reazione nonostante la superiorità del nemico fosse schiacciante per numero, per mezzi, per posizioni. Il nemico, forse sbigottito dalla decisa aggressività di alcuni graduati, impressionato dalla tenacia del sergente Di Marzio che col suo tiro preciso arrecava gravi perdite, e demoralizzato dagli effetti di alcune bombe di mortaio da 45m/m provenienti da un'arma messa in funzione da un legionario accorso dall'accantonamento, si ritirava lasciando sul campo diversi morti e portando seco numerosi feriti come da tracce di sangue rinvenute. Contemporaneamente all'attacco subito dal primo plotone viene aperto il fuoco contro il V plotone che ancora non si era recato all'istruzione. Le bombe ed i proiettili piovono nelle camerate provocando un morto ed alcuni feriti. I legionari, superato il primo momento di sorpresa, corrono alle armi e si dispiegano alla difesa finché giunti altri camerati del I plotone, disperdono gli assalitori che desistono dal progetto d'impadronirsi delle armi e di annientare i due plotoni. Quindi si provvede all'opera di soccorso rinvenendo, da parte nostra, 8 morti come da comunicazione, 5 feriti gravi di cui due deceduti all'ospedale, e 7 feriti meno gravi. Da parte nemica 28 morti ed un numero impreciso di feriti. Il Comandante Battaglione: Ten. V. Colacino|Vincenzo Colacino}}
 
[[Augusto Pantanetti]], partigiano del Gruppo Niccolò, riportò 47 morti, 17 feriti e 1 prigioniero, smentito poi dal giornale partigiano [[Bandiera Rossa (periodico)|Bandiera Rossa]], che confermò il parziale fallimento dell'operazione.<ref>[[Bandiera Rossa (periodico)|Bandiera Rossa]], n.9, 15 giugno 1944</ref> Pantanetti, durante i preparativi dell'assalto scrisse:<ref>{{Cita libro|autore=Augusto Pantanetti|titolo=Il Gruppo Bande Nicolò e la liberazione di Macerata|anno=1973|editore=Argalia|città=Urbino}}</ref> {{citazione|rivestiva carattere altamente psicologico [...]. Si doveva eliminare quel blocco installato nel cuore stesso della guerriglia, costasse quel che costasse, e ridare ai guerriglieri quel vantaggio di movimento, quelle maggiori possibilità di attacchi lungo la SS 78 che avevamo perduto con la costruzione del presidio|Augusto Pantanetti}}