Colatura di alici di Cetara: differenze tra le versioni

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Alla fine del mese di settembre 1807, P. Niccola Columella Onorati<ref>[http://www.rterradilavoro.altervista.org/articoli/17-01-00.pdf ''P. Niccola Columella Onorati'']. {{pdf}}. Biografia e opere. Terra di Lavoro. Altervista. 1 gennaio 2017.</ref> sostò a Cetara, casale della Città di Cava, sito nel golfo di Salerno, di circa 2800 abitanti, per studiare la salagione delle alici e la pesca in generale, praticata anche nelle località vicine. Apprese che gli strumenti, usati da circa mille pescatori cetaresi erano le [[Sciabica|sciabiche]] grosse e piccole, le rezzolle, le menaidi e i palanghisi (tipo di [[Reti da posta|reti]]), le [[Tartana|tartanelle]] e i tartanoni grosse e piccole. Riportò i nomi volgari e la terminologia linneana dei pesci che si pescavano nel golfo di Salerno.<br>
Descrisse la salagione delle alici usata dai cetaresi sia per quelle pescate nei mesi freddi, dette vernotiche e sia per le majatiche, pescate nel periodo marzo-agosto. Per tale tecnica che si praticò anche per le sardine, erano usati dei barilotti, detti volgarmente ''cognette'', ove le alici, private della testa e «del fiele e quanto altro vien fuora», ben sciacquate con l'acqua di mare, si disponevano a strati con abbondante sale marino. «Per rotoli 90 in 94 di alici fresche entro un barile di rotoli 64 con tutta la stipa; vi bisognano rotoli 20, e oncieonce 33, di sale». Riempiti i barili, si poggiavano sui loro coperchi pesi per alcune decine di ore e si aveva cura di levare il liquido scaturito detto zucco o colatura. Dopo il primo giorno, la colatura si poteva usare quale condimento, unendo a piacere origano, fette di limone e olio.
 
==Preparazione==