Sweatshop: differenze tra le versioni

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Negli ultimi decenni, il movimento no-global è cresciuto sempre più in contrapposizione alla globalizzazione creata dalle grandi multinazionali, che riguarda appunto il processo tramite il quale le multinazionali muovono la propria produzione oltreoceano per abbassare i costi e aumentare i profitti. Il movimento anti-sweatshop ha molto in comune con quello no-global. Entrambi considerano le "fabbriche dello sfruttamento" nocive, e entrambi hanno accusato molte aziende (come la Walt Disney, The Gap e Nike) di usare "sweatshops". Molte persone in questi movimenti accusano la globalizzazione neoliberale di essere simile al sistema "sweatshop", dicendo che tende ad esserci una "corsa al ribasso" in entrambi i sistemi, perché le multinazionali passano da un paese dove i salari sono bassi ad un altro, cercando costi di produzione sempre inferiori nello stesso modo in cui gli "''sweaters''" (sfruttatori) indirizzerebbero la produzione verso il subappaltatore di minor costo.<ref>{{Cita web |url= http://www.fairworkplace.org/articles/the-problem/the-race-to-the-bottom-insights-on-how-it-affects-corporate-executives.html |sito= Fairworkplace.org |data= 25 aprile 2007 |accesso= 13 novembre 2011 |titolo= Fair Workplace Council Sweatshop Free Electronics – The Race to the Bottom |urlmorto= sì |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20190608134802/http://www.fairworkplace.org/articles/the-problem/the-race-to-the-bottom-insights-on-how-it-affects-corporate-executives.html }}</ref>
 
Svariati gruppi rappresentano o supportano oggigiorno i movimenti anti-sweatshop. Il Comitato Nazionale del Lavoro degli USA ha portato il tema "sweatshops" all'attenzione dei media durante gli anni '90, quando ha rivelato l'uso di "fabbriche dello sfruttamento" e [[Lavoro infantile|lavoro minorile]] nella produzione di abbigliamento da parte dell'azienda Wal-Mart di Kathie Lee Gifford. L'associazione "United Students Against Sweatshops" è attiva all'interno dei campus universitari. Il Fondo per i Diritti del Lavoro Internazionale The [[International Labor Rights Fund]] ha fatto causa<ref name=":0">{{cita web|url= http://laborrights.org/projects/corporate/walmart/WalMartComplaint091305.pdf |titolo= Jane Doe et all v. Wal-Mart Stores |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20061214024856/http://www.laborrights.org/projects/corporate/walmart/WalMartComplaint091305.pdf |sito= International Labor Rights Fund |accesso= 30 dicembre 2006 }}</ref> alla Wal-Mart per conto dei lavoratori in Cina, NIcaraguaNicaragua, SwaziilandSwaziland, Indonesia e Bangladesh, accusando l'azienda di aver deliberatamente sviluppato politiche di acquisto non compatibili con il proprio codice di condotta (specialmente per quanto riguarda il prezzo e la consegna della merce). I sindacati, come per esempio l'[[AFL-CIO]], hanno aiutato a sostenere il movimento anti-sweatshop per il benessere dei lavoratori sia nei paesi in via di sviluppo sia negli Stati Uniti.<ref>{{Cita web|url= http://www.aflcio.org/corporatewatch/stop/ |sito= Aflcio.org |data= 25 giugno 2007 |accesso= 13 novembre 2011 |titolo= Stop Sweatshops |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20111016215708/http://www.aflcio.org/corporatewatch/stop/ }}</ref>
 
Coloro che criticano lo "sweatshop" ritengono che i lavoratori sfruttati spesso non guadagnino abbastanza denaro per riuscire a comprarsi i prodotti che loro stessi fabbricano, anche se spesso questi beni sono semplici e comuni come per esempio magliette, scarpe e giocattoli. Nel 2003, i lavoratori nelle fabbriche di abbigliamento in Honduras erano pagati 0.24 dollari per ogni maglione di Sean John da 50 dollari, 0.15 dollari per ogni maglia e solo 5 centesimi per ogni maglietta - meno della metà dell'uno per centro del prezzo di mercato.<ref name="seanjohn">{{Cita web|titolo=Sean John Setisa Report|editore=[[National Labor Committee]]|data=ottobre 2003|url=http://www.nlcnet.org/article.php?id=103|accesso=31 maggio 2007 |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20070522173501/http://www.nlcnet.org/article.php?id=103 }}</ref> Anche se compariamo il costo della vita, i 15 centesimi che un lavoratore di Honduras guadagnava per una maglia equivalevano a 50 centesimi in potere d'acquisto negli USA.<ref>{{Cita web|url=https://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2008/02/weodata/weorept.aspx?sy=2004&ey=2008&scsm=1&ssd=1&sort=country&ds=.&br=1&c=268&s=NGDPD%2CNGDPDPC%2CPPPGDP%2CPPPPC%2CLP&grp=0&a=&pr.x=39&pr.y=9 |titolo=Honduras|editore=International Monetary Fund|accesso=9 ottobre 2008}}</ref> Nei paesi dove il costo della vita è basso, reggiseni che costano 5-7 dollari al pezzo vengono venduti per 50 dollari nei negozi statunitensi, le lavoratrici nelle fabbriche tessili in Sri Lanks guadagnavano circa 2.20 dollari al giorno.<ref name=watson>{{Cita web|cognome1=Watson|nome1=Noshua|titolo=MAS Holdings: Strategic Corporate Social Responsibility in the Apparel Industry|url=http://www.unprme.org/reports/masholdingsfinalinseadcasefeb28th2006.pdf|editore=INSEAD|accesso=1º luglio 2015|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160108235002/http://www.unprme.org/reports/masholdingsfinalinseadcasefeb28th2006.pdf|urlmorto=sì}}</ref>