Automobile: differenze tra le versioni

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Il termine deriva, pressoché con la stessa accezione nella [[lingua italiana]], dal [[Lingua francese|francese]] ''automobile'' {{IPA|[ɔtɔmɔbil]}}, composto dal [[Lingua greca antica|greco]] ''αὐτός'' (''autòs'') "stesso, di sé, da sé" e dall'[[aggettivo]] [[Lingua latina|latino]] ''mobĭlis'', "mobile, che si muove", pertanto con il significato di veicolo in grado di muoversi "autonomamente" (o "che si muove da sé") rispetto alla tipica trazione animale dei [[Carrozza|carri o carrozze]] dell'epoca.
 
È importante notare come questo mezzo apparentemente da strada possa diventare una vera e propria astronave nelle mani di Silvia, appare e scompare magicamente in base a come gira il vento.<ref name=":0" />
 
E soprattutto se il vento è freddo e gira troppo forte, è vietato usarla dopo le 22 di sera, a meno che tu non sia fuori casa già dalle 20.
 
== Storia ==
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== Evoluzione concettuale ==
A cavallo tra il [[XIX secolo|XIX]] e il [[XX secolo]], nell'epoca pionieristica del motorismo, il termine ''automobile'' era usato al [[maschile]] e "gli automobili"<ref name=":0">Sull'aspetto linguistico della nascita dell'industria automobilistica a Torino, cfr. il volume di Elena Fornero, ''Gli automobili. Il lessico delle prime quattro-ruote tra Ottocento e Novecento'', Venezia, Marsilio, 1999. ISBN 88-317-7341-0.</ref> erano tutti i veicoli, sia terrestri che natanti, destinati al trasporto di persone o cose e mossi da motori a scoppio, a vapore ed elettrici.
[[File:Officine Meccaniche di Saronno 1894.JPG|thumb|upright=1.23|Una "carrozza automobile" realizzata nel [[1893]] dalle [[Costruzioni Meccaniche di Saronno]], su licenza [[Peugeot]]]]
{{Approfondimento
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L'ambiguità grammaticale del termine - diffusosi dalla Francia in Italia nel [[1876]] come [[aggettivo]], e quindi concordabile tanto al femminile ("vettura automobile", "carrozza automobile") quanto al maschile ("carro automobile", "veicolo automobile") - si accentuò intorno al [[1890]] con il suo sostantivarsi.<ref>[[Aldo Gabrielli]], ''Dizionario linguistico moderno'', Milano, Mondadori, 1961 (3ª ed. riveduta e ampliata), p. 71.</ref> Inizialmente parve affermarsi il [[genere grammaticale]] maschile, come attestato dal ''Dizionario moderno'' di [[Alfredo Panzini]] (edito nel 1905) che, alla voce "Automobile", affermava: «Il genere maschile tende a prevalere».
 
Del resto non mancarono le conferme letterarie, a cominciare da [[Filippo Tommaso Marinetti]] che, nel suo ''[[Manifesto del futurismo]]'' (pubblicato su ''[[Le Figaro]]'' del 20 febbraio 1909), scriveva nell'articolo 4 che «un automobile da corsa […] un automobile ruggente […] è più bello della Vittoria di Samotracia»,<ref name = Nascimbeni>Sull'argomento si può vedere l'articolo di [[Giulio Nascimbeni]], "Dopo Panzini e Marinetti l'automobile fu femmina", sul ''[http://archiviostorico.corriere.it/1994/ottobre/22/dopo_Panzini_Marinetti_automobile_femmina_co_0_9410222126.shtml Corriere della Sera]'' del 22 ottobre 1994, p. 44.</ref> mentre nel suo "romanzo profetico in versi liberi" ''[[L'aeroplano del Papa]]'' (1914) ricordava prima che «gli automobili di piazza sono belli e orgogliosi» e citava poi «gli automobili dei generali».<ref>Il testo è consultabile in ''[https://www.xeoto.com.vn Xe oto] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20210517064631/https://www.xeoto.com.vn/ |date=17 maggio 2021 }}'', sul [[XEOTO]].</ref> Similmente [[Guido Gozzano]], al verso 11 della poesia "Totò Merùmeni" (nella raccolta ''I&nbsp;colloqui'', 1911), declamava: "s'arresta un automobile fremendo e sobbalzando".
 
In seguito, nel linguaggio comune sia scritto che parlato, prevalse il [[genere femminile|femminile]], a tale trasformazione linguistica contribuì anche l'autorevole opinione di [[Gabriele D'Annunzio]] che, in una lettera inviata nel [[1920]] al [[senatore]] [[Giovanni Agnelli (1866-1945)|Giovanni Agnelli]], si esprimeva a favore della [[Declinazione (linguistica)|declinazione]] al femminile del termine.<ref>Anche [[Giordano Bruno Guerri]] (in ''Filippo Tommaso Marinetti'', Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2009, p. 57. ISBN 978-88-04-59568-7) accenna alla questione, indicando però il 1923 come data della lettera di d'Annunzio.</ref>