Antonio Canova: differenze tra le versioni
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{{citazione|Sappiate che l’imperatore ha avuto la clemenza [...] d’incitarmi a trasferirmi in Parigi appresso la Maestà Sua anche per sempre, se io vi acconsento. Io parto adunque al momento, per ringraziare la munificenza sovrana di tanta benignità onde si degna onorarmi, e per implorare in grazia di rimanere al mio studio e in Roma, alle mie solite abitudini, al mio clima fuori del quale morirei, a me stesso, e all’arte mia. Vengo perciò a fare il ritratto dell’Imperatrice, e non per altro, sperando che la Maestà Sua voglia esser generosa di lasciarmi nel mio tranquillo soggiorno, dove ho tante opere, e colossi, e statue, e studi, che assolutamente vogliono la mia persona, e senza de’ quali io non potrei vivere un solo giorno}}
[[File:Tre Grazie, Canova.jpg|thumb|Antonio Canova, ''Le Grazie'' (1814-1817), [[Victoria and Albert Museum]], [[Londra]]]]
Dopo aver reso esecutivi i benefici concessi da Napoleone all'Accademia di San Luca, Canova viaggiò a Bologna (dove incontrò Piero Giordani) e a Firenze, dove nella primavera 1812 fece conoscenza di Minette de Bergue, in seguito diventata baronessa de Armendariz. La simpatia si trasformò ben presto in intimità, e tra i due si formò un legame amoroso talmente forte che perfino il barone Armendariz (il promesso sposo della donna) si dichiarò disposto a sciogliere la donna dalla promessa di matrimonio fatta cinque anni prima.<ref>{{cita libro|autore=Federico Piscopo|titolo=Echi canoviani|città=Crespano del Grappa|anno=2016|pp=41-62}}</ref> Non se ne fece tuttavia nulla, anche se vi furono altre due donne che infiammarono il cuore di Canova in questi anni: la prima era Delphine de Custine, un'affascinante nobildonna francese con la quale lo scultore intrattenne un carteggio densissimo di sentimenti, e la seconda era Juliette Récamier, considerata dal Canova bella «comme une statue grecque que la France rendait au Musée Vaticain» (come ci riferisce [[François-René de Chateaubriand|Chateaubriand]]). Così come fece la Volpato, tuttavia, anche la Récamier concesse la propria mano a un altro uomo, in questo caso [[Benjamin Constant]], lasciando il Canova in preda alla delusione.<ref name=MDM/>
Nonostante le difficoltà incontrate con
Quando ormai, dopo Lipsia, la fortuna di Napoleone volgeva al tramonto, il Canova, che fu sempre critico verso le spoliazioni artistiche perpetrate da quest'ultimo, venne incaricato di recarsi a Parigi per recuperare tutte le opere d'arte rubate in forza del trattato di Tolentino ed oggetto delle [[Furti napoleonici|spoliazioni napoleoniche]]. Non senza difficoltà (la situazione a Parigi era, a dire dello scultore, «disperata» e Francesi e Russi si opponevano categoricamente a un'eventuale riconsegna), grazie all'intervento di [[Klemens von Metternich]] Canova riuscì a ottenere la restituzione delle opere d'arte. Terminato questo sgradito compito, il 1º novembre si recò a Londra, dove lord Elgin stava esibendo i marmi del [[Partenone]]: gli procurarono un'intensa ammirazione, come attestato da uno degli ospiti del ricevimento di lady Holland («Canova è quanto mai entusiasta degli Elgin Marbles che afferma meritare da soli un viaggio in Inghilterra») e dal Canova stesso, il quale comunicò a lord Elgin l'entusiasmo che provò guardando quei «preziosi marmi... recati qui dalla Grecia... onde grand'obbligo e riconoscenza dovranno a voi, o Milord, gli amatori e gli artisti per aver trasportato vicino a noi queste memorabili e stupende sculture».<ref name=MDM/>
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