10ª Armata (Regio Esercito): differenze tra le versioni

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Annibale Bergonzoni era un ufficiale pluridecorato delle guerre coloniali e della prima guerra mondiale, molto popolare tra le truppe, molto coraggioso, completamente inesperto nei combattimenti meccanizzati. Medesimo problema riguardava anche Carlo Spatocco, molto più schivo e meno attento alla propaganda della sua immagine e allo charme verso i suoi sottoposti, quest'ultimo però era anche mal visto dal regime (sentimento che ricambiava).
 
Infine merita una menzione Pietro Maletti, ufficiale legatissimo a Graziani, capace di trasformare i suoi raggruppamenti libcilibici ed Ascari in reparti scelti, anche se impreparati alla guerra moderna, godeva di enorme ascendente sulle sue truppe ed era, personalmente, estremamente coraggioso e capace di combattere in prima linea, incurante della propria sicurezza; era però anche brutale e responsabile di non poche atrocità durante la campagna d'Etiopia.
 
Gli ufficiali della 10ª Armata, nel complesso (ed escludendo i paracadutisti e alcuni reparti di Ascari) erano scadenti ed impreparati anche per gli standard italiani, scarsi e carenti anche i sottuficialisottufficiali; inoltre gli uni e gli altri spesso non erano in SPE (ovvero di ruolo), ma di complemento (nei reparti nazionali le proprozioniproporzioni, in genere, erano di 8 ufficiali di complemento per ogni ufficiale di ruolo, mentre solo una minoranza di quelli di ruolo era passato dalle accademie), e non avevano ricevuto alcun tipo di addestramento specifico, soprattutto sul piano tecnico (armi, logistica, mine, ecc.) e geografico (molti di loro erano in Africa per la prima volta, senza saper nulla della guerra nel deserto); gli ufficiali che invece avevano conoscenza del teatro africano erano, con poche eccezioni, specialisti delle guerre coloniali, rimasti fermi alla prima guerra mondiale, nel migliore dei casi, per la conoscenza delle guerre moderne. I sottufficiali, come in tutto il Regio Esercito, erano pochissimi e male addestrati, secondo Roatta,(che parla a posteriori), addestrati ad ubbidire più che a pensare ed ad impartire ordini, diversissimi per ruolo e capacità dai flessibili e intraprendenti sottufficiali britannici e tedeschi. Questa armata non era certo la punta di diamante del Regio Esercito (i reparti migliori erano in Italia, o, al massimo, in Albania), ma un esercito coloniale, predisposto per operazioni difensive e di polizia coloniale e potenziato in maniera disorganica (malgrado le rotte tra la Libia e l'Italia fossero, all'epoca, molto sicure). I reparti erano raramente a pieno organico, mancavano i mezzi (in particolare i camion), l'addestramento al fuoco, le direttive (in particolar modo i reparti non eranoaerano ddestratiaddestrati a difendersi assumendo una formazione a riccio, soprattutto qualora aggirati), gli equipaggiamenti individuali, mentre gli ufficiali mangiavano e dormivano molto meglio (coperte di lino, chianti, grana, frutta) di sottufficiali e truppa. Le, numerose, formazioni della milizia fascista presenti nel teatro erano peggio addestrate di quelle del Regio Esercito, e mal considerate da quest'ultimo. L'armamento era scadente e le artiglierie, sia pure discretamente comandate da ufficiali di qualità mediamente superiore a quelli di altre armi, erano vecchie, anche precedenti, in alcuni casi, alla prima guerra mondiale. Anche fucili e mitragliatrici, soprattutto nei reparti di Ascari (che, per addestramento e aggressività, invece, sovente superavano quelli dei contingenti nazionali) erano di qualità inferiore a quelle in dotazioni a molte unità destinate alla madre patria o ad altri fronti, in particolare si incontravano numerose mitragliatrici della prima guerra mondiale, anche preda bellica austriaca, e poche armi veramente moderne, rarissime poi quelle contro aeree. I cannoni 47/32 ed i mortai da 81mm (le armi più moderne in dotazione al Regio Esercito) erano pochi, inferiori al dato teorico reggimentale, visto che contemporanemantecontemporaneamente il Regio Esercito li stava fornendo ai reparti dislocati in atlroaltro loco, un po' più diffusi gli obici da 65/17, anche in versione auto-cannone.
 
Il grosso dei carri era composto da L3, praticamente inutili, con qualche M 11/39 e pochissimi M 13/40 (tutti raccolti nella brigata Babini), furono utilizzati in genere a spizzichi, senza grandi concentramenti di mezzi, mai in cooperazione con l'artiglieria contro-carro, e tenendoli, per giunta, di riserva il più possibile.
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Completamente inadeguato il SIM e i servizi I (informazioni) delle grandi unità, il Regio Esercito era convinto che i britannici disponessero in Egitto di 300.000 uomini, mentre ne avevano solo 50.000, di converso non comprendevano la potenzialità tecnologica differente dei diversi carri, non informando i comandi della presenza dei enormi Matilda (considerati carri armati come tutti gli altri).
 
Le gandigrandi unità presenti nel teatro erano 3 divsionidivisioni del Regio Corpo delle truppe Libichelibiche, addestrate per operazioni di polizia, con ufficiali e sottoufficialisottufficiali prevalentemente italiani, e truppa prevalentemente libica (della [[Tripolitania]]), la 1ª e la 2ª divisione libiche avevano un organico di circa 7500 uomini (erano quindi piuttosto piccole), di cui 700 circa italiane, prive completamente di automezzi (ed erano le uniche nel settore, a dipendere ancora, in parte, da cammelli e salmerie), con artiglieria di preda bellica austriaca della prima guerra mondiale, poche e vecchie mitragliatrici e qualche reparto ancora armato con fucili Vetterli Vitali mod. 1870-1887. Diverso il caso della divisione-raggruppamento Maletti, meglio armata ed equipaggiata, quasi come una divisione meccanizzata imporvvisataimprovvisata, ma molto piccola (un battaglione comando motorizzato, voluto da Balbo), 4 battaglioni di fanteria parzialmente motorizzati, un battaglione (con gli organici di una sola compagnia rinforzata) carri M 11/39, un battaglione sotto organico carri L3, 3 gruppi artiglieria di supporto (con, però, cannoni vecchi e di piccolo caliborocalibro). Si trattava, comunque, di una delle migliori unità coloniali italiane, in parte formata anche da soldati somali ed eritrei.
 
Seguivano tre divisioni della milizia, poco considerate dal Regio Esercito e formate, in prevalenza, da camice nere del sud Italia (Mussolini riteneva che i meridionali fossero più adatti geneticamente a combattere in Africa) e da reclute del regio esercito, queste ultime erano state inviate per rimpolpare i reparti, un po' scarsi, ed erano state scelte dal Regio Esercito (che osteggiava questa quarta forza armata) quasi solo tra soldati analfabeti o fisicamente di seconda e terza scelta. L'armamento era particolarmente leggero, mentre pochi erano gli automezzi, l'addestramento era però stato curato un po' di più rispetto a quello delle altre unità delle C.C. N.N. (utilizzate più nelle parate che nelle manovre), ma era comunque scadente. Erano divisioni binarie, su due legioni/reggimenti di 3 piccole coorti/battaglioni, in cui artiglieria, genio e servizi erano tutti formati da personale del Regio Esercito, in positivo avevano un certo spirito di corpo (anche perché formate su basi territoriali, minate però dall'aggiunta di circa 1/3 di coscritti di cattiva qualità in ogni reparto), in negativo influiva la mancanza di rifornimenti, la dimensione minimale dei reparti (ogni divisione aveva appena 6.000 effettivi, meno di alcune brigate britanniche), la scarsità di artiglierie, armi automatiche e anti carro e la carenza assoluta di automezzi (all'inizio dell'operazione Compass la divisione 23 marzo disponeva di solo 84 camion e automobili, in parte inefficienti). La mancanza di mobilitazione della milizia dell'Italia settentrionale creava malumori, ed abbassava il morale.
 
Vi erano poi quattro divisioni tipo A.S., da 11.000 effettivi circa (quindi le uniche divisioni ad avere un numero di uomini adeguato, anche se in parte immobilizzato in un pletorico sistema logistico, per altro burocratico ed inefficiente), con 46 carri L3 a divisione, vecchie artiglierie (75/27 e 100/17 soprattutto), insufficienti cannoni contro carro rispetto alle tabelle reggimentali (in parte sostituiti con obici 65/17, ma comunque in numero inferiore alle esigenze). Solo la 61ª divisione "Sirte" era un'unità rodata, in Libia dal 1937, mentre la 64° Catanzaro era in parte costituita da uomini della milizia, ed era giunta, incompleta in armi e mezzi, nel teatro solo a fine maggio 1940. I soldati si lamentavano per il vitto pessimo, la scarsità d'acqua potabile, l'immpossibilitàimpossibilità di lavarsi e la mancanza di carta da lettere, e questo ancor prima di raggiungere la linea del fronte.
 
Come unità scelta delle truppe nazionali erano presenti i carri della brigata Valentino Babini, dal nome del suo comandante, già veterano della guerra di Spagna, che però non fu utilizzata come un'unità organica, ma come un deposito da cui prendere i carri armati per rinforzare di volta in volta determinate posizioni. Disponeva di due battaglioni carri M 13/40, uno carri M 11/39, due di carri L3, un singolo battaglione di bersaglieri motociclisti, due gruppi d'artiglieria motorizzati. Era dunque scarsa di fanteria, latitante di cannoni anti carro (la cooperazione tra carri armati ed armi anti carro era la caratteristica, vincente, dell'esercito tedesco), ricca di inutili carri L3 e, soprattutto, mancante o almeno carente di reparti logistici per movimentare i carri e ripararli se rotti in azione o perché, dovendosi spostare prevalentemente sui cingoli, si insabbiavano, rompevano, danneggiavano. I carri medi erano poi privi dei filtri anti sabbia. Infine i carri medi, sia pur formanti tre battaglioni, erano solo 70, di cui una parte si era resa ormai inservibile per colpa dell'ambiente desertico già nella marcia di avvicinamento al confine egiziano.