Raimondo Franchetti: differenze tra le versioni

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Durante la [[grandeGrande guerra]] Raimondo, seppur istruito in vista di una sua partecipazione al reparto della cavalleria, al fronte si arruolò nel corpo delle automitragliatrici blindate dove la sua esperienza come automobilista lo rese un elemento raro e prezioso e dove compì numerosi gesti eroici, per i quali fu proposto per una medaglia d'argento che egli scansò, pregando il proponente di ritirare la proposta (probabilmente per evitare che i suoi compagni d'armi venissero a conoscenza delle sue origini benestanti e potessero pensare che ci fossero delle forme di riguardo e favoritismi nei suoi confronti). Restò al fronte dal [[1915]] al [[1919]], anche dopo i trattati si trattenne ad [[Innsbruck]] per tenere sotto controllo il territorio. A conclusione del servizio militare tornatornò a casa, a Venezia, dove prendeprese la residenza nel [[Palazzo Cavalli-Franchetti]].
 
Nel [[1920]] sposò a [[Venezia]] la contessina Bianca Moceniga Rocca, discendente per parte di madre dalla famiglia dei dogi Mocenigo, da cui ebbe quattro figli: Lauretana (detta familiarmente Simba che significa "leone" in [[swahili]]), Lorian, Afdera (dal nome di un vulcano della [[Dancalia]]) e Raimondo Nanuk (il nome dell'orso bianco).
 
Dal [[1921]] i suoi viaggi si indirizzanoindirizzarono soprattutto in [[Africa]] da cui portò numerosi reperti di interesse naturalistico ed etnografico.
 
L'affermarsi del governo fascista di [[Mussolini]] venne probabilmente accoltoaccolta con approvazione da Raimondo, ma senza particolare entusiasmo, almeno fino a quando il fascismo non si occupò di un argomento a che a lui stava particolarmente a cuore: l'espansione italiana in [[Africa Orientale Italiana|espansione italiana in Africa]].
 
Ebbe inizio una "seconda fase" della vita di Raimondo come esploratore; non più soddisfatto dal percorrere strade già note, tra il [[1928]] e il [[1929]] compì la sua impresa più grandiosa: esplorò la quasi del tutto sconosciuta [[Dancalia]] da Est a Ovest, dalle coste dell'[[Eritrea]] fino all'[[Acrocoro etiopico]], da [[Assab]] a [[Mai Ceu]], per poi ridiscendere nel deserto dancalo e ripercorrerlo, più a Sud dell'itinerario precedente, tornando poi alla costa. Mentre la maggior parte dei compagni, stremati dalle fatiche e dalle malattie, fu costretta ad interrompere la spedizione al momento della risalita sull'Acrocoro, Raimondo, il mineralologomineralogo Maglione e l'operatore Craveri, ripresero all'inverso il percorso del bassopiano<ref>Un resoconto della spedizione è presente nel libro "''Nella Dancalia etiopica''" di R. Franchetti, Milano, 1930.</ref>, riuscendo a raggiungere uno degli obiettivi dichiarati del Franchetti: ritrovare i resti degli esploratori [[Giuseppe Maria Giulietti]] e Biglieri, addentratisi in quelle zone mezzo secolo prima di loro (nel [[1881]]) e mai più rivisti (furono attaccati e sterminati dai predoni). Raimondo strinse amicizie e prese contatto con le popolazioni e i capi locali,; ciò gli tornerà utile quando, in preparazione alla [[Guerra d'Etiopia|Guerra d'Africa]], si dedicherà ad un'attività di Intelligence tra i popoli abissini in favore del governo italiano.
 
La spedizione del Franchetti ebbe risultati politici rilevanti, sebbene coperti da silenzio; era un momento in cui l'[[Italia]] intratteneva con l'[[Etiopia]] del giovane imperatore [[HailèHailé SelassièSelassié]] rapporti amichevoli, sperando di ottenerne l'appoggio per rafforzare la stentata economia della colonia Eritrea attraverso i commerci con l'altipiano. D'altra parte, però, si stabilivano, più o meno nascostamente, rapporti anche con alcuni dei litigiosi feudatari etipicietiopi, da sempre avversi al potere centrale. Uno dei più potenti di tali feudatari era Ras Hailù, signore del ricco territorio del Goggiam, nel quale si trovava anche buona parte del [[lago Tana]], una delle principali riserve di alimentazione del [[Nilo]]. Già da diversi anni, sia [[Inghilterra]] che [[Italia]], cercavano di ingraziarsi Hailù per ottenere l'autorizzazione alla costruzione di una diga sul [[Lago Tana|Tana]], che avrebbe garantito il controllo sul [[Nilo]], quindi della colonia inglese del [[Sudan]], fino all'[[Egitto]]. Con Hailù, Franchetti aveva avuto un incontro già qualche mese prima della sua partenza per la [[Dancalia]],. Ci sono buone ragioni per ritenere che uno dei principali obiettivi della spedizione fosse proprio un'attività di "promozione" in Etiopia della capacità e della potenza italiana, nonché l'invio ad Hailù di una certa quantità di armi e munizioni. Se la partenza della spedizione italiana non fosse stata (con grande scontento dell'impetuoso barone FarnchettiFranchetti) rimandata più volte per motivi diplomatici e burocratici, gli "aiuti materiali" (armi e munizioni) si sarebbero avuti non nella primavera del '29, ma nell'inverno del '28, cioè mentre il governo di [[HailèHailé Selassiè]]Selassié non riusciva ancora a domare le rivolte interne di Uoggerat, Azebò Galla e Raia Galla dimostrando così una certa debolezza nei confronti dei feudatari.
 
La spedizione fu accolta trionfalmente dal regime fascista e poi esaltata come rientrante nelle molteplici attività di politica internazionale relative al [[Corno d'Africa]], tra quelle in concorrenza con le potenze coloniali ed i finanzieri americani ed europei (che operavano in Africa già dal [[XIX secolo]]).
 
Da allora Franchetti, animato da altissimo senso di italianità, offrì senza contropartita le sue attività allo stato italiano, pur non essendosi mai tesserato per il [[Partito Nazionale Fascista|partito fascista]]. Nel [[1932]] tentò di ricollocare sul trono d'[[Etiopia]] il legittimo imperatore [[Iyasu V]], al posto dell'usurpatore [[Hailé Selassié]], fallendo nell'intento. Nel [[1935]], in vista dell'ormai imminente guerra contro l'[[Etiopia]], si stabilì a [[Beilul]], presso [[Assabinidica|Assab]], per partecipare, grazie ai suoi numerosi contatti con i ras ed i notabili locali, all'organizzazione dell'intelligence italiana sui luoghi, invitandoli a schierarsi, al momento opportuno, a favore dell'Italia.
 
Dopo un breve rientro in Italia, tornò in Etiopia per accompagnare [[Luigi Razza]], Ministro dei Lavori Pubblici del [[Regno d'Italia]]. L'aereo, decollato da [[Guidonia]] e destinato ad [[Asmara]] in [[Eritrea]]), fece tappa aal [[Il Cairo|Cairo]] per la notte. La mattina del 7 agosto [[1935]], dieci minuti dopo il decollo, una un'esplosione "misteriosa" fece precipitare l'aereo provocando la morte dei 7 occupanti (3 passeggeri e 4 d'equipaggio).
 
L'incidente suscitò immediatamente vasta eco, anche sulla stampa estera, e subito, più volte, si parlò di attentato, forse ad opera di agenti segreti britannici, ma le vere cause non furono mai chiarite. Anzi, la commissione di inchiesta inviata dal governo italiano, per probabili ragioni di opportunità politica (era un momento di agitazione per le attività diplomatiche inglesi e italiane, a causa dell'imminente inizio della Guerra d'Africa) dichiarò rapidamente l'impossibilità di appurare le ragioni dell'incidente, aumentando i sospetti di un incidenteevento non proprio accidentale<ref>L'operazione, ampiamente divulgata anche in un famoso documentario per la RAI di Ettore Della Giovanna nel 1963, periodicamente riproposto, è stata richiamata da Antonio Pantano, che la pubblicò negli anni [senza fonte], e la diffuse anche in una trasmissione su F.T.Marinetti, posta in onda da RAI-Radio 2 nel 2004.</ref>.
 
L'amore del barone per il [[Corno d'Africa]] permase fino all'ultimo ed è visibile nelle sue volontà di sepoltura: aveva richiesto di essere sepolto in [[Africa]], ad [[Assab]], e lì è rimasto, fino a quando l'eliminazione del cimitero italiano di [[Assab]] fece sì che le sue spoglie fossero trasferite a [[Massaua]], dove si trovano ancora oggi.
 
== Documentari ==