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Lewis, considerando come già storicamente sia ricorsa, in filosofia (vedi [[Leibniz]]), l'idea dei [[pluralità dei mondi|mondi possibili]], avanzata solo quale modello puramente esemplare per meglio affrontare razionalmente i più controversi problemi epistemologici, arriva alla conclusione che invece può con legittimità ritenersi indispensabile: proprio valutarla come descrivente la realtà esistente. La sua pubblicazione più famosa è appunto il libro ''On the plurality of Worlds'' (del [[1986]]) che nelle pagine iniziali, relativamente a una pluralità materialmente concreta di mondi (in vari gradi) simili e/o uguali, dove si svolgerebbero eventi da poter porre in reciproca comparazione, asserisce "...l'ipotesi è utile e questa è una ragione per pensare che sia vera..." E continua l'esposizione spiegando come quest'ipotesi riesca a chiarire molte questioni logico/filosofiche, nonché gli interrogativi emergenti nello studio della [[semantica]], del funzionamento mentale e (naturalmente) della scienza fisica.<ref>Vedi per l'articolo sul "The Guardian" del 23 ottobre 2001, anche postato in rete con riferimento al nome: David Lewis. Il suo pensiero è documentato sul web, soprattutto in lingua inglese. Si trova indicazione del testo qui citato anche in D. Deutsch, al cap.13°, di Op.cit. Pur se Lewis al contrario di Deutsch ha una posizione critica verso l'[[epistemologia]] [[Karl Popper|popper]]iana.</ref>
 
Riassumendola, in linea di massima: esiste un mondo per ogni modo possibile in cui esso può esistere. In genere, per l'analisi d'ogni elemento osservato ci si basa proprio sui confronti fra la sua determinazione empirica e le modalità alternative e logicamente coerenti e autoconsistenti che l'elemento potrebbe manifestare, e ciò implica che tali possibilità sia corretto giudicarle vere in tutti i sensi<ref>Riferimento alla "Stanford Encyclopedia of Philosophy", nelle pagine dedicate a David Lewis.</ref>.== Teoria di Everett: l'interpretazione dei "molti mondi" ==
{{Vedi anche|Interpretazione a molti mondi}}
Una fra le teorie, quotata ora da una buona porzione di stimati [[fisico|fisici]] contemporanei, che dà plausibilità all'esistenza d'una [[pluralità dei mondi|pluralità d'universi]] contigui: è l'interpretazione a realtà parallele, appartenente alla disciplina della [[meccanica quantistica]]/[[meccanica ondulatoria]]; denominata successivamente (da [[Bryce DeWitt]]) "a molti mondi" (a volte riportata, in acronimo anglosassone, come MWI: ''Many Worlds Interpretation''). Essa fu elaborata e proposta da [[Hugh Everett III]] a partire dagli ultimi [[anni 1950|anni cinquanta]]. Uno dei maggiori sostenitori della teoria è il fisico [[David Deutsch]], dell'[[Università di Oxford]], il quale nel suo noto saggio ''[[La trama della realtà]]'' definisce genericamente la fisica quantistica (con evidente riferimento a Everett) "la fisica del multiverso".
 
Va specificato che la teoria originaria non par contemplare una distinzione fisica netta fra universi differenziati, come sembra nella elaborazione che ne propose, forse il suo principale primo seguace, B. DeWitt. Al proposito esponiamo qui qualche stralcio della tesi originaria everettiana: "...D'altra parte si ha a che fare con lo stesso sistema fisico, e da questo punto di vista è lo stesso osservatore, che è in stati diversi...In questa situazione useremo il singolare quando vorremo sottolineare che si ha a che fare con un unico sistema fisico e il plurale quando vorremo sottolineare le diverse esperienze degli elementi separati della sovrapposizione..."<ref> Brano di Everett riportato e commentato in "L'io della mente" da [[Douglas Hofstadter]] e [[Daniel Dennett]], capitolo 3 pag. 56, Adelphi Edizioni -2010.</ref> (quindi qui è più la molteplice visione d'uno stesso ambiente esperibile che di veri e propri universi con reciproci confini perimetralmente delineati).
 
In linea di massima tale interpretazione nega che vi sia disuguaglianza tra le leggi dei processi basilari che regolano i fenomeni microscopici o elementari (come l'indeterminazione dei risultati sperimentali), indagati dalla quantomeccanica, e quelli macroscopici (o macro-cosmici) sistematizzati dalla scienza classico-relativistica. Ciò, in ultima analisi, comporterebbe anche che non avvenga mai il cosiddetto [[collasso della funzione d'onda]], evento implicito nella teoria "ortodossa" (della "Scuola di Copenaghen", ma non unicamente in essa): il quale riduce l'''osservabile'' a un solo rilevabile stato conclusivo fra quelli teoricamente previsti (e sommabili col principio della ''sovrapposizione quantistica''); ciò riguarda sia l'evoluzione dei sistemi sperimentali sia quelli producentesi spontaneamente in natura (come il decadimento/trasformazione degli elementi atomici).
 
Ma per l'interpretazione everettiana, che predilige l'impianto deterministico della meccanica ondulatoria elaborata da [[Erwin Schrödinger]], ognuno degli stati finali possibili (dei processi empirici considerati) si concretizza materialmente: tramite la continua diramazione dell'intera realtà/universo che li contiene, coerentemente con gli stati risultanti e secondo le probabilità con cui essi possono manifestarsi.<ref>Vedi l'intera tematica trattata in [[David Deutsch]] op.cit. e in Colin Bruce, ''I conigli di Schrödinger'', Raffaele Cortina Editore, 2006.</ref>
 
Anche l'osservatore, necessario per la rilevazione dello stadio conclusivo del sistema<ref>Ad esempio sperimentalmente, su uno schermo fotosensibile, due stati conclusivi e visibili alternativi sono: o una figura d'interferenza (composta da bande continue chiare e scure) o una configurazione di punti discreti, effetti dissimili ma prodotti entrambi da emissione di singoli fotoni.</ref>, si ritrova suddiviso in più repliche di sé: una per ogni misurazione alternativa che l'evolversi quantistico consente. Però in tal contesto, prescindendo dall'opera di preparazione degli eventuali esperimenti, egli resta spettatore dell'effetto rilevato, essendo gli sviluppi teoricamente considerati del tutto oggettivi e determinati dalle leggi della Natura e non dall'atto osservativo; come invece le concezioni vicine a quella "ortodossa" in varia modalità suppongono: associando l'atto osservativo/misurativo all'immediato prodursi d'una riduzione (parziale cancellazione) dei risultati della dinamica empirica che guida la materia sotto esame. Dinamica descrivibile e prevedibile dalla ''funzione d'onda quantistica''(Ψ): l'elaborazione matematica delle sue fasi.
 
Nella formulazione di Everett, all'interno dell'universo, per ogni evoluzione quantistica, emerge un ''sistema complessivo isolato'': composto da un ''sottosistema'' (oggetto e processo quantistico osservato) e dal ''sistema restante'' (l'osservatore di suddetto processo) che evolvono insieme e quindi determinano ulteriori possibili stati della realtà, parallelamente alla realtà iniziale.<ref>Vedi sintesi della tesi di Everett in: S.A.Camejo, ''Il bizzarro mondo dei quanti'', cap. 13, iblu-pagine di scienza, Ed.Springer-Verlag, 2008.</ref>
 
In sunto: secondo il criterio everettiano lo sviluppo [[empirismo|empirico]] dei sistemi quantici e l'osservatore che li indaga sperimentalmente, o che semplicemente risente delle loro proprietà infine rilevabili, non vanno ritenuti separabili ma vincolati in ogni fase determinante dell'evoluzione quantica, diretti dal complessivo meccanismo universale che regola tutti i processi naturali; che, in modo impercettibile, tende a un'illimitata suddivisione/replicazione dell'intera realtà (in relative varianti), fin dal principio del tempo.
 
Attualmente l'impostazione su cui si basa la teoria a molti mondi (o delle realtà parallele) è, in buona parte, apprezzata da autorevoli cosmologi, che v'intravedono una peculiare capacità esplicativa riguardo agli istanti precedenti l'inizio del nostro universo e la sua causa, come ad esempio le affini elaborazioni quantistiche di [[Stephen Hawking]] sulla "funzione d'onda d'universo"<ref>Riportato da Michio Kaku in ''Iperspazio'', cap. 12.4. Macro Edizioni, ristampa del 2006. In questo, forse il saggio di maggior successo (presente nei consigli bibliografici sul sito web di [[Kary Mullis]]) scritto dal professore di Fisica Teorica M. Kaku (fra i più accreditati scienziati statunitensi dedicatisi alla [[teoria delle stringhe]] e sua estensione multidimensionale [[teoria delle superstringhe]]), è anche puntualizzato l'aspetto saliente dell'idea qui illustrata.</ref>.
 
Complessivamente la concezione di Everett, in un'ottica strettamente fisico-sperimentale, contempla un parametro innovativo e logicamente autoconsistente ma empiricamente controverso, e non usufruendo finora (inizio 2013) di prove o osservazioni specifiche a suo netto vantaggio, da una parte autorevole della [[comunità scientifica|comunità scientifico-accademica]] non è accettata. Quindi resta nel novero dell'interpretazioni non più che ipotetiche, avanzate per comprendere quegli aspetti oscuri, e quelli per cui anche la sua esplicazione matematica è giudicata incompleta, ricorrenti nei fenomeni quantistici. Comunque tutti gli esperimenti finora compiuti non l'hanno ancora confutata, perciò continua a rappresentare almeno una potenziale alternativa alla visione originaria impostata da [[Niels Bohr]] e seguita dalla ''Scuola di Copenaghen''.<ref>Per consultazioni più esaurienti sui temi qui accennati si vedano Bibliografia e Note della voce (suindicata) di approfondimento, correlata a questa che ne è uno scorcio riepilogativo.</ref>
 
Per l'ampio intreccio d'accadimenti e storie, che le sue conseguenze implicano, questo tema ha offerto fertile campo per le elaborazioni narrative su pagine e film improntati da scenari [[fantastico|fantastici]] e fantascientifici; perciò la sua prospettiva fu a volte anticipata dalla letteratura. Nell'opera scritta incominciata nei primi [[anni 1950|anni cinquanta]] da [[Clive Staples Lewis]], il ciclo delle ''[[Cronache di Narnia]]'', e terminata di pubblicare poco prima della tesi proposta da Everett, l'autore (all'incirca nel [[1950]]) nel romanzo ''[[Il leone, la strega e l'armadio]]'' pone queste battute in bocca a due suoi protagonisti: ...chiese Peter «Ci sarebbero davvero altri mondi accanto al nostro?» «Niente di più probabile» rispose il Professore...e borbottando «Ma cosa diavolo insegnano, dico io, nelle scuole?».<ref>Estrapolazione riportata da John D.Barrow in op.cit., inizio cap. IX.</ref>
 
== Rappresentazioni delle dimensioni parallele nella fantascienza ==