Guerra civile romana (44-31 a.C.): differenze tra le versioni

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Il 15 marzo del [[44 a.C.]] un gruppo di [[Senato romano|senatori]], che si consideravano custodi e difensori della [[tradizione]] e dell'ordinamento [[Repubblica romana|repubblicani]], assassinò il [[dittatore]] [[Gaio Giulio Cesare]], convinti che il loro gesto avrebbe avuto il sostegno del [[popolo]].<ref>{{Cita|Antonelli|p. 15}}</ref> Le loro previsioni si rivelarono però sbagliate e allora, rifugiatisi in [[Campidoglio]], i [[cesaricidio|cesaricidi]] decisero di attendere là l'evolversi degli eventi, lasciando in questo modo l'iniziativa agli stretti collaboratori del defunto dittatore: [[Marco Antonio]] e [[Marco Emilio Lepido (triumviro)|Marco Emilio Lepido]].<ref>{{Cita|Antonelli|pp. 26, 32}}</ref>
 
Dopo lo sgomento iniziale seguito all'uccisione di Cesare, Antonio prese in mano la situazione e si fece consegnare da Calpurnia, vedova del dittatore, le carte [[politica|politiche]] e il [[denaro]] liquido di quest'ultimo.<ref name=Trium>{{Cita|Antonelli|p. 35}}</ref> Intanto Lepido, nuovo [[proconsole]] della [[Gallia Narbonense]] e della [[Spagna Citeriore]], lasciava ad Antonio il potere di occuparsi da solo della situazione:<ref name=Trium/> in un primo momento aveva fatto entrare a [[Roma (città antica)|Roma]] alcuni soldati della [[legione romana|legione]] accampata alle porte della [[città]] con l'intento di attaccare il Campidoglio, Lepido decise alla fine di partire per le sue [[provincia romana|province]].<ref>{{Cita|Antonelli|p. 34}}</ref> Antonio trovò anche un'intesa con il suo vecchio nemico, [[Publio Cornelio Dolabella]], che insieme a lui era stato designato [[console (storia romana)|console]] da Cesare.<ref>{{Cita|Antonelli|p. 39}}</ref>
 
A questo punto, per guadagnare tempo, con un abile mossa Antonio permise che il [[senato]] concedesse l'[[amnistia]] ai congiurati e cercò il dialogo proprio con la massima assemblea romana. In cambio, il Senato votò la concessione dei funerali di [[stato]] per Cesare. Durante le celebrazioni accadde però che la vista del corpo del dittatore e del [[sangue]] sulla sua [[toga]], la lettura del suo testamento generoso verso i romani e il discorso ad effetto di Antonio, accendessero d'ira l'animo del popolo contro gli assassini.
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Con la ''lex Titia'' del 27 novembre del [[43 a.C.]] nasceva il [[secondo triumvirato]].<ref name="SvetonioAugusto13">{{cita|Svetonio|''Augustus'', 13}}</ref> Secondo l'opinione di alcuni storici, questa data segna la fine della [[Repubblica romana]]. I nuovi padroni di Roma scatenarono il terrore con le [[lista di proscrizione|liste di proscrizione]]: a centinaia furono uccisi (e i loro beni confiscati), in un'opera di epurazione che, oltre ad eliminare nemici e oppositori, aveva forse come scopo principale quello di procurarsi i fondi con cui pagare i soldati dei triumviri (che avevano al loro comando 43 legioni). Tra le vittime illustri delle proscrizioni ci fu [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], la cui morte fu chiesta da Antonio ad Ottaviano, che non esitò ad abbandonare colui che sin dall'inizio l'aveva appoggiato.
[[File:Roman-Empire-43BC.png|thumb|upright=3.6|center|La [[Repubblica romana]] nel [[43 a.C.]] dopo gli accordi del [[secondo triumvirato]]: {{col-beginColonne}}
{{legend|#81EE5B|Marco Antonio}}{{legend|#C19666|Lepido}}{{legend|#DE8DE0|Ottaviano}}{{legend|#FF925E|i triumviri insieme}}{{Colonne spezza}}
{{legend|#7D87FF|Sesto Pompeo}}{{legend|#ED1C24|I cesaricidi}}{{legend|#FED250|Clienti di Roma}}{{legend|#FF8C8C|Egitto tolemaico}}{{col-endColonne fine}}]]
 
== Battaglia di Filippi (42 a.C.) ==
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Giunto in Italia nel 40, Marco Antonio alla fine accettò le giustificazioni addotte da Ottaviano per motivare le proprie azioni, e così i triumviri giunsero a un nuovo accordo e a una nuova spartizione dei domini, i cosiddetti "accordi di [[Brindisi]]": a Ottaviano l'Occidente e ad Antonio l'Oriente, mentre a Lepido andò l'[[Africa (provincia romana)|Africa]]. Ottaviano e Antonio rafforzarono la propria alleanza anche attraverso un matrimonio che legava le loro famiglie: Antonio, che era rimasto vedovo di Fulvia, sposò Ottavia, sorella del figlio adottivo di Cesare.
 
[[File:Impero Romano.png|thumb|center|upright=3.6|La [[Repubblica romana]] dopo la [[pace di Brindisi]] ([[40 a.C.]]) e il [[trattato di Miseno]] ([[39 a.C.]]): {{col-beginColonne}}
{{legend|#DE8DE0|[[Augusto|Ottaviano]]}}{{legend|#FF925E|I triumviri insieme}}{{legend|#C19666|[[Marco Emilio Lepido]]}}{{legend|#7D87FF|[[Sesto Pompeo]]}}{{Colonne spezza}}
{{legend|#81EE5B|[[Marco Antonio]]}}{{legend|#ED1C24|[[Parti|Impero partico]]}}{{legend|#FED250|[[Regno cliente (storia romana)|Regni clienti di Roma]]}}{{legend|#FF8C8C|[[Egitto tolemaico]]}}{{col-endColonne fine}}]]
 
== Dalla guerra contro Sesto Pompeo alla fine politica di Lepido (39-36 a.C.) ==
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{{Vedi anche|Battaglia di Naulochus}}
 
Una spina nel fianco dei triumviri era [[Sesto Pompeo]]: il figlio del defunto [[Pompeo Magno]], rifugiatosi in Spagna con quanto restava delle armate del partito pompeiano, dopo il cesaricidio era stato perdonato dal Senato, che anzi gli aveva affidato il comando della flotta nel periodo della [[guerra di Modena]]. Con questa forza navale, Sesto aveva però occupato la [[Sicilia (provincia romana)|Sicilia]] ([[42 a.C.]]), raccogliendo intorno a sé tutti i nemici dei triumviri. Sesto aveva quindi dato vita a un vero e proprio blocco navale contro [[Roma (città antica)|Roma]], che si era dunque trovata senza adeguati rifornimenti granari ([[39 a.C.]]). Dopo un momentaneo compromesso (che però nessuno rispettò fino in fondo), tra le due parti si riaccesero le ostilità.
{{Citazione|La guerra di Sicilia fu tra le prime che intraprese, ma la trascinò a lungo, interrompendola ripetutamente, ora per ricostituire la flotta, che aveva perduto in due naufragi, per di più d'estate, ora concludendo una pace, richiesta con insistenza dal popolo per l'interruzione dei [[Fornitura di grano per la città di Roma|rifornimenti di viveri]] e per la conseguente fame che si aggravava.|{{cita|Svetonio|''Augustus'', 16}}.}}
 
[[File:Plan offensive Sicile -36.png|upright=1.4|left|thumb|La campagna militare in Sicilia contro le forze di [[Sesto Pompeo]]]]
 
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La scelta per Antonio si rivelò esiziale: nel [[34 a.C.]], ad [[Alessandria d'Egitto]], Antonio proclamò pubblicamente che Cesarione (il figlio che Cleopatra aveva avuto da Cesare) era il legittimo erede di Cesare e gli diede il titolo di ''re dei re'' (Cleopatra ''regina dei re''). Madre e figlio poterono esercitare il potere su Egitto e [[Cipro]], mentre i tre figli che Antonio aveva avuto da Cleopatra avrebbero regnato su diverse zone dell'Oriente. Tutto ciò scatenò l'indignazione generale dei romani. Cavalcando questa situazione, Ottaviano riuscì a screditare definitivamente Antonio, dopo che nel [[33 a.C.]], il [[secondo triumvirato|triumvirato]] non venne rinnovato e, cosa ben più grave, Antonio ripudiò la sorella di Ottaviano con un affronto per quest'ultimo intollerabile. Svetonio aggiunge infatti che nel [[32 a.C.]]:
{{Citazione|L'alleanza con Marco Antonio era sempre stata dubbia ed incerta, mal rabberciata da varie riconciliazioni: alla fine egli la ruppe definitivamente, e, per meglio dimostrare che si trattava di un [[cittadinanza romana|cittadino]] degenere, fece aprire e leggere pubblicamente il testamento che quello aveva lasciato a [[Roma (città antica)|Roma]] designando tra gli eredi anche i figli avuti da [[Cleopatra VII|Cleopatra]].|{{cita|Svetonio|''Augustus'', 17}}.}}
In seguito quando fece dichiarare nemico pubblico Antonio, gli rimandò i suoi parenti e i suoi amici, tra cui i consoli [[Gaio Sosio]] e [[Gneo Domizio Enobarbo (console 32 a.C.)|Domizio Enobarbo]].<ref name="SvetonioAugusto17">{{cita|Svetonio|''Augustus'', 17}}</ref>