Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?: differenze tra le versioni

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== Descrizione ==
È lo stesso Gauguin a guidare l'osservatore nell'interpretazione dell'opera con un testo di suo pugno, che riportiamo di seguito:
{{citazione|Ai due angoli in alto, dipinti in giallo cromo, reca il titolo a sinistra e la mia firma a destra, come un affresco guasto agli angoli applicato su di un fondo oro. A destra, in basso, un bambino addormentato e tre donne sedute. Due figure vestite di porpora si confidano i propri pensieri. Una grande figura accovacciata, che elude volutamente le leggi della prospettiva, leva il braccio e guarda attonita le due donne che osano pensare al loro destino. Al centro una figura coglie frutti. Due gatti accanto a un fanciullo. Una capra bianca. Un idolo, con le braccia alzate misteriosamente e ritmicamente, sembra additare l’aldilà. Una fanciulla seduta pare ascoltare l'idolo. Infine una vecchia, prossima alla morte, placata e presa dai suoi pensieri, completa la storia, mentre unauno colombastrano biancauccello bianco, che tiene una lucertola con gli artigli, rappresenta la vanità delle parole. Tutto ciò accade lungo un ruscello, sotto gli alberi. In fondo è il mare e le cime dell’isola vicina. Malgrado i diversi motivi di colore, il tono del paesaggio è tutto blu e verde veronese. Su questo fondo tutti i nudi staccano in vivo arancione|Paul Gauguin<ref name=loescher/><ref name=cdt>{{cita libro|titolo=Il Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte, Dal Barocco al Postimpressionismo, Versione gialla|autore=Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro|anno=2012|editore=Zanichelli|città=Bologna|pp=1652-1653}}</ref>}}
La domanda estetica fondamentale di questo dipinto trova la sua ragione nel potere di enigmaticità racchiuso nelle varie figure che, succedendosi come in un fregio antico, si configurano come un'indagine figurativa e razionale intorno agli interrogativi di fondo che l'uomo si è da sempre posto su sé stesso: «Da dove veniamo?», «Chi siamo?» e «Dove andiamo?», per l'appunto. Sono diversi i modelli ai quali Gauguin si è rifatto per l'esecuzione di questo dipinto: la raggiera di riferimenti figurativi, anzi, è incredibilmente vasta, e trapassa i fregi del Partenone, le mummie peruviane precolombiane, i dipinti di Manet e di [[Puvis de Chavannes]] e i bassorilievi di Borobudur, giusto per citare le fonti più note.
[[File:Gauguin - Tahitianer.jpg|thumb|''Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?'', dettaglio della porzione destra del quadro]]
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[[File:Where are we going.jpg|thumb|''Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?'', dettaglio della porzione sinistra del quadro]]
Sembrerebbe quasi che Gauguin volesse suggerire che le peripezie umane, nonostante la loro tumultuosità, sono prive di sofferenze in quanto possono godere della benefica tutela delle divinità. In realtà non è così: le figure di ''Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?'', proprio in virtù del loro essere uomini, sono soggette alla ferrea legge che regola gli accadimenti umani e la loro ineluttabile e perenne dinamica. In questo quadro, insomma, le stagioni della vita si succedono incessantemente, tra angosce e speranze, sino a degenerare nella vecchiaia. «Dove andiamo?»: a questo ultimo, fondamentale interrogativo è dedicata la porzione sinistra della tela, dove troviamo rannicchiata una vecchia in posizione quasi fetale, con le braccia svigorite oppresse sul volto. Quest'anziana signora è investita dallo straziante assalto dei ricordi insorgenti, dei rimpianti e dei rimorsi: la sua giornata terrena sta per concludersi, ed è tremendamente spaventata dal destino ignoto che la attende, ovvero la [[morte]].<ref>{{cita web|url=http://www.francescomorante.it/pag_3/305bf.htm|autore=Francesco Morante|titolo=Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?}}</ref> La fanciulla distesa al suo fianco prova compassione per il torpido e soffocante cumulo di ricordi che angoscia la vecchia, tanto che la guarda intensamente, impensierita, nonostante presenti il corpo rivolto verso la giovinezza gioiosa e effimera che si dipana alla sua sinistra. L'opera, malgrado i suoi pregnanti contenuti filosofici, è particolarmente interessante anche per la sua tecnica pittorica. Le varie figure si susseguono infatti secondo un andamento orizzontale, che ricorda i fregi greci, e sembrano quasi ritagliate e incollate sul secondo, prive come sono di profondità prospettica. L'esigenza di rappresentare la natura in modo realistico - si guardi il bambino a sinistra, accompagnato da due splendidi gattini - si dissolve in una tavolozza clamorosamente antinaturalistica, che vuole evocare più che descrivere: i blu, verdi, marroni scelti da Gauguin, infatti, sono altamente espressivi e si risolvono in eleganti arabeschi (ben visibili nello sfondo) non immuni da suggestioni musicali.<ref name=loescher/>
 
== Note ==
<references/>