Friedrich Schelling: differenze tra le versioni

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Schelling muove quindi alla ricerca della struttura [[ontologia|ontologica]] dell'Assoluto, che in [[Fichte]] restava invece irraggiungibile. L'attenzione viene rivolta allo spirito oggettivato, che è «lo specchio finito dell'infinito»: la natura. Tale oggettivazione è pur sempre spirito, e quindi un assoluto che ha le stesse qualità dell'[[io (filosofia)|Io]], però è [[inconscio]] e in quanto oggettivato si rende indipendente. La scienza della natura deve dunque possedere in sé il suo proprio principio (da osservare con le sue discipline quali [[chimica]] e [[fisica]]), si costituisce cioè in scienza ''autonoma'' rescindendo la dipendenza dall'Io fichtiano. Ciò comporta che la natura non può essere un semplice meccanismo ''eterònomo'' (soggetto a leggi esterne), ma va concepita come una [[vita (biologia)|vita]] retta interiormente da una profonda unità: come un [[organismo vivente]]. Riprendendo un'antica immagine [[Plotino|plotiniana]], Schelling chiama ''[[anima del mondo]]'' (''Weltseele'') la forza [[Uno (filosofia)|unitaria]] che muove la natura.
 
Poiché l'unità è tale sempre solo in rapporto a un'opposizione, in quanto cioè unifica un [[dualismo]] (quale era la dinamica io/non-io), ciò deve valere anche per lo ''spirito inconscio'' o natura, nel quale è presente così una [[polarità (filosofia)|polarità]], principio attestato anzitutto dal [[magnetismo]].<ref>F. Moiso, ''Magnetismus, Elektrizität, Galvanismus'', in F.W.J. Schelling, ''Historisch-kritische Ausgabe. Ergänzungsband zu Werke Band 5. bis 9. Wissenschaftshistorischer Bericht zu Schellings naturphilosophischen Schriften 1797-1800'', Stuttgart, Frommann-Holzboog, 1994, pp. 165-375.</ref> Nella sua visione di totalità della natura, che era propria della [[filosofia rinascimentale]] e Schelling recupera in particolare da [[Giordano Bruno]] (al quale dedicherà uno scritto, ''Bruno'' del [[1802]]), vi è compreso anche l'[[uomo]], che rappresenta il vertice, il punto di passaggio in cui lo spirito [[inconscio]] oggettivato prende [[coscienza (psicologia)|coscienza]] di sé.<ref>Per la posizione «''ex-centrica''», cioè aperta, rivolta alla trascendenza, attribuita all'uomo nel processo di auto-organizzazione della natura, la ''Naturphilosophie'' di Schelling è stata vista anche come una forma di [[antropologia]], precorritrice di quella del Novecento (cfr. Guido Cusinato, ''La Totalità incompiuta. Antropologia filosofica e ontologia della persona'', FrancoAngeli, Milano 2008, pp. 68-79).</ref> Si tratta di una concezione della natura antitetica al [[meccanicismo]] [[determinismo|determinista]], perché in essa non sono le singole parti a formare e spiegare il tutto, ma, al contrario, è a partire dall'[[autocoscienza]] [[intelligenza|intelligente]] che è possibile comprendere i gradi inferiori, i quali sono solo aspetti o limitazioni dell'unico organismo universale: nella natura vi è un'intenzionalità, un evoluzionismo [[finalismo|finalistico]] che la fa passare dagli organismi più semplici a quelli più complessi. La natura, dice Schelling, è un'«intelligenza sopita», uno «spirito in potenza». Scrive ad esempio: {{citazione|La tendenza necessaria di tutte le scienze naturali è di andare dalla natura al principio intelligente. Questo e non altro vi è in fondo ad ogni tentativo diretto ad introdurre una teoria nei fenomeni naturali. La scienza della natura toccherebbe il massimo della perfezione se giungesse a spiritualizzare perfettamente tutte le leggi naturali in leggi dell’intuizione e del pensiero. I [[fenomeno|fenomeni]] (il materiale) debbono scomparire interamente, e rimanere soltanto le leggi (il formale). Accade perciò che quanto più nel campo della natura stessa balza fuori la legge, tanto più si dissipa il velo che l'avvolge, gli stessi fenomeni si rendono più spirituali ed infine spariscono del tutto. I fenomeni ottici non sono altro che una geometria, le cui linee sono tracciate per mezzo della luce, e questa luce stessa è già di dubbia materialità. Nei fenomeni del magnetismo scompare ogni traccia materiale, e dei fenomeni di gravitazione non rimane altro che la loro legge, la cui estrinsecazione in grande è il meccanismo dei movimenti celesti. Una teoria perfetta della natura sarebbe quella per cui la natura tutta si risolvesse in un'[[intelligenza]].|Friedrich Schelling, ''Sistema dell'Idealismo trascendentale'', introduzioneIntroduzione, 1800 <ref>Trad. it. in Giuseppe Rensi, ''La trascendenza: studio sul problema morale'', Fratelli Bocca, 1914, pag. 17.</ref>}}
<nowiki> </nowiki>Questa finalità della natura è risaltata dall'introduzione del concetto di potenza, col quale Schelling designa i tre diversi momenti del rapporto di identità tra [[realtà]] e [[idea]]: dal regno dell'inorganico, stadio della realtà, al quale appartengono le tre forze del [[magnetismo]], dell'[[elettricità]] e del [[chimica|chimismo]] (che è l'insieme dei legami e dei rapporti derivanti dalla chimica), la natura passa al secondo livello, quello della [[luce]], considerato il momento dell'idealità, in quanto nella luce essa in un certo senso prende coscienza di sé; la terza potenza, unificatrice delle prime due, è il mondo [[organismo|organico]], retto dalle tre forze della sensibilità, eccitabilità e riproduzione, al vertice del quale, come si è detto, c'è l'[[uomo]].