Immigrazione in Italia: differenze tra le versioni

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L'Italia, per gran parte della sua storia dall'unità in poi, è stata un paese di [[emigrazione]] e si stima che tra il [[1876]] e il [[1976]] partirono oltre 24 milioni di persone<ref>[http://www.emigrati.it/Emigrazione/Esodo.asp Fonte: Rielaborazione dati Istat in Gianfausto Rosoli, Un secolo di emigrazione italiana 1876-1976, Roma, Cser, 1978]</ref> (con una punta massima nel [[1913]] di oltre 870.000 partenze), al punto che oggi si parla di ''grande emigrazione'' o ''[[emigrazione italiana|diaspora italiana]]''<ref>{{cita web |url=http://www.migranti.torino.it/Documenti%20%20PDF/italianial%20ster05.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=19 maggio 2010 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120210203244/http://www.migranti.torino.it/Documenti%20%20PDF/italianial%20ster05.pdf |dataarchivio=10 febbraio 2012 }}</ref>.
 
Per tutto questo periodo, il fenomeno dell'[[immigrazione]] era stato invece pressoché inesistente, ovedove si eccettuino le migrazioni dovute alle conseguenze della seconda guerra mondiale, come l'[[esodo istriano]] o il rientro degli italiani dalle ex-colonie d'Africa. Tali fenomeni tuttavia avevano un carattere episodico e non presentavano sostanziali problemi d'integrazione dal punto di vista sociale o culturale. L'Italia rimase tendenzialmente un paese dal [[saldo migratorio]] negativo; il fenomeno dell'emigrazione cominciò ad affievolirsi decisamente solo a partire dagli [[Anni 1960|anni sessanta]], dopo gli anni del [[miracolo economico]]<ref name = Baldi >Stefano Baldi, op cit.</ref>
 
In particolare, nel [[1973]], l'Italia ebbe per la prima volta un leggerissimo saldo migratorio positivo (101 ingressi ogni 100 espatri), caratteristica che sarebbe diventata costante, amplificandosi negli anni a venire. È da notare tuttavia che in tale periodo gli ingressi erano ancora in gran parte costituiti da emigranti italiani che rientravano nel Paese, piuttosto che da stranieri<ref name = Baldi />. Il flusso di stranieri cominciò a prendere consistenza solo verso la fine degli [[Anni 1970|anni settanta]], sia per la "''politica delle porte aperte''" praticata dall'Italia, sia per politiche più restrittive adottate da altri paesi<ref name = Baldi />. Nel [[1981]], il primo censimento Istat degli stranieri in Italia calcolava la presenza di 321.000 stranieri, di cui circa un terzo "stabili" e il rimanente "temporanei". Un anno dopo, nel [[1982]] veniva proposto un primo programma di regolarizzazione degli immigrati privi di documenti, mentre nel [[1986]] fu varata la prima legge in materia (L 943 del 30.12.1986) con cui ci si poneva l'obiettivo di garantire ai lavoratori [[extracomunitario|extracomunitari]] gli stessi diritti dei lavoratori italiani<ref name = Baldi />. Nel [[1991]] il numero di stranieri residenti era di fatto raddoppiato, passando a 625.000 unità.