Età comunale: differenze tra le versioni

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Con il passare degli anni, la carica di podestà divenne un vero e proprio mestiere esercitato da professionisti, che cambiavano spesso sede di lavoro e ricevevano un regolare stipendio. Questo continuo scambio di persone e di esperienze contribuì a fare in modo che le leggi e la loro applicazione tendessero a diventare omogenee in città anche distanti tra loro, ma nelle quali avevano governato gli stessi podestà.
 
Nonostante lo sforzo compiuto per sanare i contrasti, la fase podestarile del Comune fu contraddistinta da dure lotte sociali. Nel corso del secolo XII, in alcuni Comuni prese il sopravvento la fazione popolare, controllata dai ceti mercantili e artigiani. La ricerca di maggiore stabilità aveva infatti portato la borghesia cittadina ad affiancare al podestà, sostenuto dal ceto più abbiente, una nuova figura, quella del Capitano del Popolo, un magistrato, spesso forestiero, che restava in carica per sei mesi o un anno, ma che finì comunque per rappresentare gli interessi delle [[Arti di Firenze|arti maggiori]].<ref>Lo storico Enrico Artifoni sintetizza il modo in cui i Comuni italiani, diversamente da quelli di altre regioni europee, nascono dall'apporto congiunto di tre diversi ceti: uomini di guerra (l'aristocrazia delle armi di origine feudale spesso legata da un rapporto vassallatico al vescovo e detentrice nel contado di diritti signorili e di beni fondiari); uomini del denaro (i ceti borghesi-mercantili); uomini di cultura, cioè giuristi (giudici, notai) ed esperti di diritto. (Enrico Artifoni, ''Città e comuni'', in ''Storia medievale'', Donzelli, Roma, 1988).</ref>
 
=== L'affermazione del ceto mercantile nel Comune medievale ===