Gilgameš: differenze tra le versioni

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Enkidu, servitore fedele di Gilgameš, lo consiglia di conferire con il dio Sole, [[Šamaš|Utu]]. Gilgameš offre quindi un capretto bianco e uno striato a Utu, chiedendo al dio di accompagnarlo nel suo cammino, il dio Sole gli domanda le motivazioni del suo viaggio, allora il re di Uruk significativamente gli risponde:
 
{{q|"O Utu, io ti voglio parlare, presta ascolto alle mie parole;<br />
Io mi voglio rivolgere a te, prestami attenzione.<br />
Nella mia città si muore, il cuore è oppresso;<br />
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Io voglio entrare nella Montagna, voglio porre colà il mio nome;<br />
nel luogo dove ci sono già gli steli, voglio porre il mio nome;<br />
nel luogo dove non ci sono gli steli, voglio porre il nome degli dèi.|Gilgameš e Ḫubaba (versione "lunga" di Nibru/Nippur in sumerico: en-e kur lu<sub>2</sub> til<sub>3</sub>-la-še<sub>3</sub>ĝeštug<sub>2</sub>-ga-ni na-an-gub; ''Il signore decise di muoversi verso la montagna che dà la vita all'uomo'') 21-33. Traduzione di Giovanni Pettinato, in ''La Saga di Gilgameš'', p. 323.|'''<sup>d</sup>'''utu inim ga-ra-ab-dug4 inim-ĝu10-uš ĝeštug2-zu<br />
silim ga-ra-ab-dug4 ĝizzal ḫe2-em-ši-ak<br />
iri<sup>ki</sup>-ĝa2 lu2 ba-uš2 šag4 ba-sag3<br />
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Dopo un avvio poetico sulla figura di Gilgameš, l'epopea introduce la dea [[Inanna]] che dal parapetto del suo tempio, l'E-anna, indirizza queste parole al re di Uruk:
 
{{q|"Mio toro, mio uomo, non ti consentirò di agire a piacimento<br />Gilgameš non ti consentirò di agire a piacimento<br />io non ti permetterò di esercitare giustizia nel mio Eanna|Gilgameš e il Toro celeste (versione di Me-Turan, in sumerico: šul me<sub>3</sub>!-kam šul me<sub>3</sub>!-kam in-du-ni ga-an-dug<sub>4</sub>; ''Dell'eroe in battaglia, dell'eroe in battaglia, io voglio intonare il canto'' 22-24. Traduzione di Giovanni Pettinato, in ''La Saga di Gilgameš'', p. 348.|am-/ĝu10\ [lu]-ĝu10 IM /MA\ [NI TA … šu nu-ri-bar-re]<br />
'''<sup>d</sup>'''gilgameš2 /IM\ [MA NI TA … šu nu-ri-bar-re]<br />
e2-an-na-ĝu10 di [kud-de3 šu nu-ri-bar-re]<br />
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Questa epopea sumerica (segnatamente la versione di Nibru/Nippur, in sumerico: ud re-a ud su<sub>3</sub>-ra<sub>2</sub> re-a; lett. ''In quei giorni, in quei giorni lontani'') è stata ricostruita grazie alla disponibilità di trentasette documenti. Parte di questa è stata tradotta in accadico nella XII Tavola della "versione classica babilonese", opera dello scriba ed esorcista cassita Sîn-lēqi-unninni. L'avvio del poema è di tipo "[[Cosmogonia|cosmogonico]]" quando il Cielo (''an'') si separa dalla terra (''ki''), l'umanità viene creata, An diviene il dio Cielo, Enlil diviene il re degli dèi e governatore della terra, la dea [[Ereshkigal|Ereškigal]] soprintende agli inferi. Enki, il dio dell'abisso delle acque dolci intraprende un viaggio su una nave verso la Montagna che dà la vita, il Kur.
 
{{q|In quei giorni, in quei giorni lontani,<br />
in quelle notti, in quelle notti lontane,<br />
in quegli anni, in quegli anni lontani,<br />
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contro Enki le grandi pietre si abbattono,<br />
- le piccole pietre sono le pietre della mano,<br />
le grandi pietre sono le pietre che fanno danzare le canne-|Gilgameš, Enkidu e gli Inferi (versione di Nibru/Nippur in sumerico: ud re-a ud su<sub>3</sub>-ra<sub>2</sub> re-a; lett. ''In quei giorni, in quei giorni lontani'') 1-20. Traduzione di Giovanni Pettinato, in ''La Saga di Gilgameš'', p. 362-363.|ud re-a ud su3-ra2 re-a<br />
ĝi6 re-a ĝi6 ba9-ra2 re-a<br />
mu re-a mu su3-ra2 re-a<br />
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Ma l'albero ''ḫalub'' (''huluppu''), piantato nel giardino dell'E-anna, viene infestato da tre esseri demoniaci: tra le radici un serpente (''muš'', cuneiforme: {{simbolo|Cuneiforme muš.JPG|40}}), che non teme incantesimi (''tu<sub>6</sub>''); tra i rami l'uccello, l'Anzu (sumerico: ''an-zu-ud<sub>2</sub><sup>mušen</sup>''; cuneiforme: [[File:Cuneiforme Anzu.JPG|70px]]), che vi alleva i suoi piccoli; nel tronco si cela la vergine-spettro (sumerico: ''lil<sub>2</sub>-la<sub>2</sub>-ke<sub>4</sub>'', accadico: ''lilitû''; [[Lilith]]; ''lil<sub>2</sub>'': spettro, fantasma, cuneiforme: {{simbolo|Cuneiforme Lil2.JPG}}).
 
{{q|Nelle sue radici un serpente che non teme magia, vi aveva fatto il nido,<br />nei suoi rami l'uccello Anzu vi aveva deposto i suoi piccoli;<br />nel suo tronco la vergine-fantasma vi aveva costruito la sua casa|Gilgameš, Enkidu e gli Inferi (versione di Nibru/Nippur in sumerico: ud re-a ud su<sub>3</sub>-ra<sub>2</sub> re-a; lett. ''In quei giorni, in quei giorni lontani'') 42-44. Traduzione di Giovanni Pettinato, in ''La Saga di Gilgameš'', p. 364.|ur2-bi-a muš tu6 nu-zu-e gud3 im-ma-ni-ib-us2<br />
pa-bi-a mušen anzud<sup>mušen</sup>-de3 amar im-ma-ni-ib-ĝar<br />
šab-bi-a ki-sikil lil2-la2-ke4 e2 im-ma-ni-ib-du3|lingua=SUX}}
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Una particolare condizione riguarda i bambini, morti prima dei loro giorni (sumerico: ''niĝin3-ĝar''; cuneiforme: {{simbolo|Cuneiforme niĝin3-ĝar.JPG|40}}):
{{q|"Hai visto i miei bambini che non hanno visto la luce del sole, li hai visti?." "Sì li ho visti." "Come stanno?"<br />"Essi giocano a una tavola d'oro e d'argento piena di dolci e miele."|Gilgameš, Enkidu e gli Inferi (versione di Nibru/Nippur in sumerico: ud re-a ud su<sub>3</sub>-ra<sub>2</sub> re-a; lett. ''In quei giorni, in quei giorni lontani'') 300-301. Traduzione di Giovanni Pettinato, in ''La Saga di Gilgameš'', p. 380.|niĝin3-ĝar tur-tur-ĝu10 ni2-ba nu-zu igi bi2-du8-am3 igi bi2-du8-am3 a-/na\-gin7 an-ak<br />
ĝišbanšur kug-sig17 kug-babbar lal3 i3-nun-ta e-ne im-di-e-ne
|lingua=SUX}}