Grosseto: differenze tra le versioni

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Dopo alcuni decenni di stallo, si giunse al riconoscimento formale del comune proprio agli inizi del XIII secolo e, nel [[1204]], venne approvato il primo statuto, la cosiddetta ''Carta delle Libertà'', dove erano stabilite le relazioni di tipo socio-economico e giurisdizionale tra i conti e i cittadini di Grosseto e in particolare la facoltà, per questi ultimi, di eleggere dei consoli ''sicuti antiquitus consuevit'', istituzionalizzando, quindi, quello che era da tempo uno stato di fatto esistente fin dagli ultimi decenni del 1100<ref name=":0" />. Nel 1222 venne confermata la possibilità ai cittadini di nominare i consoli, un podestà e i consiglieri; tale provvedimento portò i Grossetani a ripudiare l'atto di giuramento fatto a Siena il secolo precedente. Dopo un tentativo dei Senesi di ristabilire l'ordine, con l'assedio del 1224 (con il concorso degli [[Aldobrandeschi]] che si obbligarono a rimanere nel loro palazzo munito di torre e a combattere contro i cittadini grossetani <ref name=":0" />), il libero comune di Grosseto assumeva nel corso del tempo sempre più autonomia, grazie anche alla progressiva diminuzione delle prerogative degli [[Aldobrandeschi]] a cui faceva da contraltare l'ingombrante presenza di Siena, in un sistema di allenza senese-grossetana (1251, 1262, 1277) con quest'ultima in posizione predominante<ref name=":0" />. Fu in questi anni, tra il [[1243]] e il [[1246]], che l'imperatore [[Federico II di Svevia]] raggiungeva Grosseto per trascorrervi l'intera stagione invernale, grazie al clima mite e ad estese aree umide attorno alla città, dove poteva praticare la caccia e la [[falconeria]]: nel marzo del 1246 Federico II abbandonò precipitosamente la città dopo essere stato informato della [[congiura di Capaccio]], evento ricordato anche da un'iscrizione sulla facciata di [[Palazzo Aldobrandeschi]].
 
Gli Aldobrandeschi cercarono di riconquistare i domini perduti provocando come reazione, nel febbraio del 1260, l'assedio della città da parte delle truppe di Re Manfredi (guidate da Giordano D'Agliano) e di Siena, al fine di pacificare l'area. Ottenuto il controllo del centro urbano, Re Manfredi gli concesse un ampio privilegio e prese sotto la sua protezione la città e i suoi abitanti, confermando loro anche la possibilità di eleggere un podestà come da consuetudine e mettendola al riparo dalle mire senesi di acquisirne il controllo <ref name=":0" />. Grosseto si schierò a fianco di Siena nella [[battaglia di Montaperti]] <ref>{{Cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/montaperti_(Enciclopedia-Dantesca)/|titolo=}}</ref> e due suoi ambasciatori presenziarono alle trattative di pace tra Senesi e Fiorentini, a Castelfiorentino nel novembre 1260 <ref name=":0" />. Nel 1266 gli Aldobrandeschi si impadronirono della città grazie all'aiuto dell'esercito di Orvieto, di alcuni fuoriusciti senesi, dei conti Pannocchieschi e con il probabile contributo di molti cittadini grossetani nel tentativo di sottrarla all'orbita politica senese ma i Senesi sei giorni dopo presero il controllo della città scacciando gli Orvietani<ref name=":0" />. L'anno successivo il papa [[Papa Clemente IV|Clemente IV]] scomunicò la città, insieme a Siena, Pisa e San Miniato.
 
[[Bino degli Abati del Malia]], visconte di [[Batignano]], feudatario degli Aldobrandeschi, approfittò di una crisi interna che Siena stava vivendo nel 1310 per guidare una rivolta e cacciare i Senesi da Grosseto.<ref name=storiasanti/> Nel 1312, iniziò il lungo dominio degli Abati del Malia sulla città maremmana, che fu riconosciuto pure da Siena con una trattativa di pace tra la [[Repubblica di Siena|Repubblica]] e i [[Contea di Santa Fiora|conti di Santa Fiora]] il 17 aprile 1317.