Papa Leone III: differenze tra le versioni

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Non esistono testimonianze dei colloqui di Paderborn tra il papa e Carlo Magno, ma gli avvenimenti successivi ne fanno intuire i risultati<ref>C. Rendina, ''op. cit.'', p. 248</ref><ref>D. Hägermann, ''op.cit.'', pp. 295 e segg.</ref>.
 
Scortato da vescovi e nobili franchi Leone rientrò a Roma il 29 novembre 799, accolto trionfalmente (la diplomazia franca si era infatti mossa a Roma in modo da mettere in minoranza l'opposizione, e la mancata collaborazione di Carlo Magno fu, in parte, una sorpresa per gli attentatori). Il papa riprese il suo posto mentre i vescovi della scorta che lo aveva accompagnato raccoglievano documenti e testimonianze sulle accuse, che inviarono a Carlo Magno insieme ai responsabili dell'aggressione al pontefice<ref>C. Rendina, ''op. cit.'', pp. 248 e segg.</ref><ref name = brezzi199/>
 
==== La visita di Carlo Magno a Roma e l'incoronazione imperiale ====
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Con l'occasione della visita a Roma il figlio di [[Carlo Magno|Carlo]], [[Pipino d'Italia|Pipino]], fu incoronato re d'Italia, e in tal modo la vecchia questione dei territori che avrebbero dovuto essere restituiti alla Chiesa, secondo l'impegno solennemente sottoscritto tra lo stesso Carlo Magno e da [[papa Adriano I]], e mai rispettato, continuò a rimanere in sospeso.
 
Nessun documento riferisce sulle motivazioni e le decisioni assunte in una successiva visita di papa Leone all'[[Carlo Magno|imperatore]] nell'[[804]]<ref name="ref_A">C. Rendina, ''op. cit.'', p. 252.</ref>.
 
Alla morte di Carlo Magno, nell'[[814]], la fazione antipapale degli esiliati Pascale e Campolo si rifece viva, progettando un nuovo attentato contro la vita del papa, ma questa volta i responsabili furono scoperti ed immediatamente processati e giustiziati. Il nuovo imperatore [[Ludovico il Pio|Ludovico]] mandò a Roma il re d'Italia [[Bernardo d'Italia|Bernardo]], figlio del defunto re [[Pipino d'Italia|Pipino]] per svolgere indagini e risolvere il problema, che costui chiuse definitivamente sedando ulteriori disordini. La situazione venne affidata al duca [[Guinigisio I]] di [[Spoleto]], che s'insediò in città con le sue truppe ed eseguì nuove condanne capitali<ref>C. Rendina, ''op. cit.'', pp. 252 e segg.</ref>.
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Già nel [[798]] Carlo Magno aveva fatto una mossa che aveva accentuato il suo ruolo di guida anche nella Chiesa e la debolezza del pontefice, inviando a Roma un'ambasceria incaricata di presentare al papa il piano di riorganizzazione ecclesiastica della [[Baviera]], con innalzamento della diocesi di [[Salisburgo]] a sede [[Arcivescovo|arcivescovile]] e nomina del fidato vescovo [[Arno di Salisburgo|Arno]] a titolare di quella sede. Il papa prese atto, non tentò neanche di riappropriarsi di quella che doveva essere una sua prerogativa e accondiscese al piano di Carlo, semplicemente attuandolo. Nel [[799]] il re franco vinse un'altra battaglia di fede, convocando e presiedendo ad [[Aquisgrana]] un [[concilio]] (una sorta di duplicato di quello di [[Francoforte]] del [[794]]) in cui il dotto teologo Alcuino di York confutò, con la tecnica della disputa, le tesi del vescovo [[Felice di Urgell]], il promotore dell'[[Adozionismo|eresia adozionista]] che si stava di nuovo diffondendo; Alcuino ne uscì vincitore, Felice di Urgell ammise la sconfitta, abiurò le sue tesi e fece atto di fede, con una lettera che indirizzò anche ai suoi fedeli. Immediatamente fu inviata una commissione nella Francia meridionale, terra di diffusione dell'adozionismo, con il compito di ristabilire l'obbedienza alla Chiesa di Roma. In tutto ciò il papa, a cui sarebbe spettata in prima persona la convocazione del concilio e la predisposizione dell'ordine del giorno, fu poco più che spettatore<ref>D. Hägermann, ''op. cit.'', pp. 284 e segg.</ref><ref>A. Barbero, ''op. cit.'', pp. 255 e segg.</ref>.
 
Altra questione teologica che vide prevalere Carlo Magno a scapito del pontefice (alcuni anni più tardi, quando era già stato incoronato imperatore) fu quella cosiddetta del ''[[filioque]]''. Nella formulazione del testo tradizionale del "[[Simbolo niceno-costantinopolitano|Credo]]", era usata la formula in base alla quale lo [[Spirito Santo]] discende dal Padre attraverso il Figlio e non, paritariamente, dal Padre e dal Figlio (in latino, appunto, ''filioque'') come veniva usata in Occidente. Il papa stesso, in ossequio alle deliberazioni dei concili che così avevano stabilito, riteneva valida la versione dell'"ortodossia" greca (che, tra l'altro, non prevedeva la recita del [[Simbolo niceno-costantinopolitano|Credo]] durante la [[Celebrazione eucaristica|Messa]]), ma volle ugualmente sottoporre la questione<ref>Il problema era stato sollevato nell'[[808]] da monaci franchi di un [[monastero]] di [[Gerusalemme]], e aveva provocato disordini tra le locali comunità franche e bizantine.</ref> al parere di [[Carlo Magno]]<ref>Non può sfuggire, in questa sorprendente e significativa richiesta del papa, la considerazione che lo stesso aveva di Carlo come vero e unico difensore della Fede e referente per i problemi teologici.</ref>, il quale, nel novembre dell'[[809]], convocò ad [[Aquisgrana]] un concilio della Chiesa franca che ribadì la correttezza della formula contenente il ''filioque'', recitata anche durante la celebrazione della [[Celebrazione eucaristica|Messa]]. Leone, convocata a sua volta l'anno dopo un'assemblea di vescovi, rifiutò di prenderne atto (forse anche per evitare contrasti con la Chiesa d'Oriente), e per circa due secoli la Chiesa romana utilizzò una formulazione diversa da quella delle altre Chiese latine occidentali, finché, verso l'anno 1000, non venne finalmente ritenuta corretta e accettata la versione stabilita dall'imperatore franco, giunta fino ad oggi<ref>A. Barbero, ''op.cit.'', pp. 266 e segg.</ref><ref>C. Rendina,name="ref_A" ''op. cit.'', p. 252.</ref>.
 
=== Relazioni con altri regni cristiani ===