Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori: differenze tra le versioni

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Nonostante nei mesi successivi il DAP continuasse ad attrarre nuovi membri, rimase però troppo piccolo per esercitare ogni reale influenza sulla politica tedesca. Il 24 febbraio [[1920]] il partito aggiunse "Nazionalsocialista" al proprio nome ufficiale diventando così Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, abbreviato in NSDAP. Il termine «nazionalsocialista» era già correntemente utilizzato in Germania e [[Austria]] a partire dal [[1890]], tanto che esisteva in Austria un partito omonimo (DNSAP) - Hitler riconobbe in seguito che il nome di questo partito gli diede l'ispirazione per il nuovo nome del DAP. Uno dei vantaggi del nuovo nome fu la capacità di suscitare nei potenziali elettori un senso di patriottismo esercitando nel contempo un'attrattiva sulle classi operaie senza però obbligare il partito stesso a nessuna precisa politica (il concetto di nazionalsocialismo rimase, ed è tutt'oggi, un concetto piuttosto vago). A differenza di quanto si è sinora ritenuto, una matrice di stampo socialista fu, comunque, sempre presente nelle idee guida di Hitler<ref>Va notato come questa componente del suo pensiero fosse ancora presente in lui negli anni della guerra, quando abbozzò le riforme sociali da attuarsi nella Germania del dopoguerra (cfr. Zitelmann, Hitler, pp. 170-171 [le pagine indicate in questa e nelle seguenti note fanno riferimento all'edizione del 1998 nella collana "Economica Laterza"])</ref>, unito anche a un certo interesse per la classe operaia e al desiderio di annullare le differenze di classe presenti tra i lavoratori che svolgevano lavori di fatica e la restante parte del mondo del lavoro.
 
A detta di Hitler stesso, la sua coscienza per la questione sociale maturò nel cosiddetto periodo viennese, durante il quale per un certo periodo alloggiò presso un dormitorio pubblico<ref>Da un discorso del 13 agosto 1920: “noi sappiamo quanto siano imponenti le riforme sociali che si devono attuare per risanare la Germania[…]. Non si può continuare a ignorare la questione nazionale, né tantomeno quella di una riforma agraria e del sostentamento nell'età della vecchiaia[…], ma in modo tale che questo sostentamento non sia un'elemosina, e derivi invece dal diritto che essi hanno di trascorrere degnamente i loro ultimi anni”</ref>. Misure di notevole interesse da ricondursi al "socialismo" di Hitler, anche negli anni successivi, furono la fornitura al DAF ([[Fronte tedesco del lavoro]]) nel 1934 della autorità legale di cui necessitava per mettere in atto le sue richieste<ref>Hitler, Zitelmann, pag. 137</ref>, l'istituzione di un premio da destinarsi alla migliore azienda nazionalsocialista (proposto dal DAF e reso possibile dall'interesse di Hitler, decisione che non riscosse il consenso del ministro dell'economia Schacht) che portò a un aumento delle spese in favore del miglioramento delle condizioni operaie in azienda dagli 80 milioni di Reichsmark del 1936 ai 200 milioni di Reichsmark del 1938<ref>Hitler, Zitelmann, pp. 137-138</ref> e infine la direttiva del 15 febbraio 1940 che poneva all'ordine del giorno l'esame della proposta di riforma previdenziale presentata dall'AWI, l'Istituto di scienza del lavoro della DAF<ref>Zitelmann, Hitler, pag. 172</ref>. Altri punti economico-sociali del programma, che, in un periodo di accesa radicalizzazione politica, miravano a competere soprattutto coicon i socialisti, presso gli operai e i ceti popolari, sarebbero stati, invece, abbandonati dopo l'ascesa al potere<ref name= Shirer>[[William L. Shirer]], ''[[Storia del Terzo Reich]]'', Giulio Einaudi editore, Torino, 1990</ref>. È il caso del punto 11 (eliminazione dei redditi non provenienti da lavoro), del punto 12 (nazionalizzazione dei monopoli), del punto 13 (partecipazione dello stato ai profitti dei grossi trust), del punto 14 (soppressione dei fitti fondiari e della speculazione terriera), del punto 16 (pubblicizzazione dei grandi magazzini e affidamento della loro gestione ai piccoli commercianti)<ref name=Shirer />.
 
Hitler scoprì e affinò presto il proprio talento oratorio; la sua capacità di attrarre nuovi membri unita alla sua caratteristica crudeltà lo resero presto la figura dominante del piccolo partito. Questa capacità venne riconosciuta da Drexler e Hitler divenne presidente dello NSDAP il 28 luglio [[1921]]. All'atto della fondazione del DAP era stato istituito un comitato direttivo centrale eletto dai membri che provvedeva a sua volta a eleggere il presidente del partito. Hitler rapidamente accantonò questa forma di controllo che la "base" avrebbe potuto avere su di lui. Egli pretese e ottenne il titolo di ''führer'' e, dopo una serie di conflitti interni al partito, riuscì a far accettare che lo NSDAP fosse retto sul ''[[führerprinzip]]'' («principio di supremazia del capo»): Hitler sarebbe stato il solo leader del partito e l'unico a poterne decidere le politiche e la strategia.