Vespri nizzardi: differenze tra le versioni

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In risposta, il Governo repubblicano francese inviò nel nizzardo 10.000 soldati. Essi chiusero il giornale pro-italiano ''Il Diritto'' ed incarcerarono molti irredentisti italiani di Nizza.
 
Subito la popolazione del nizzardo reagì e dall'8 al 10 febbraio si sollevò, ma ebbe la peggio nei confronti delle truppe francesi. Si ebbero molti imprigionati e feriti, secondo lo storico Giulio Vignoli. Il 13 febbraio 1871, al deputato Garibaldi fu impedito di parlare davanti all'Assemblea Nazionale e presentò le dimissioni.<ref>[http://cdlm.revues.org/index2693.html ''Les troubles de fevrier 1871 à Nice'' (in [[lingua francese|francese]])]</ref>
 
{{Citazione|Sappia ricorderà che tra l'immensa folla che cantava e inneggiava all’Italia, c'era chi portava una bandiera con la scritta INRI che voleva dire "I Nizzardi Ritorneranno Italiani". Mentre la folla continuava a gridare: "Abbasso la Francia! Viva l'Italia!", arrivarono i gendarmi che non riuscirono a disperderla. La folla al grido di "Viva l'Italia" e "Viva Garibaldi" cercò anche di assaltare la prefettura i cui vetri furono rotti con lanci di pietre. Quella sera stessa e il mattino dopo furono effettuati molti arresti. Fu proibita la pubblicazione del giornale ''La Voce di Nizza'' che aveva preso il posto de ''Il Diritto di Nizza'', soppresso dalle autorità francesi. Il 19 febbraio uscì un nuovo giornale ''Il Pensiero di Nizza'' che raccolse l'eredità politica dei primi due. I tumulti dell'8, 9 e 10 febbraio, ''Le tre giornate bellicose'', fornirono validi argomenti e solide ragioni a quanti si ponevano come fautori di un ritorno di Nizza all'Italia, perché essi ebbero buon gioco a sostenere l’arbitrarietà del potere francese. I separatisti italiani rischiavano sulle piazze e sulle strade di Nizza per affermare le loro idee, assumendosi molti rischi nei tumulti e sfidando le autorità.<ref name=vignoli/>}}