Piramidi egizie: differenze tra le versioni

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È bene tuttavia tener presente che presso gli egizi anche gli edifici erano indicati con un nome proprio e, perciò, il termine per indicare genericamente l'edificio piramide era scarsamente utilizzato. La piramide di Pepi, ad esempio, era denominata ''Merenra-Khanefer'', o ''Mennefermare''. I greci, per assonanza, ricavarono Mennefer che grecizzarono con la più familiare "Memphys". Le piramidi erano infatti divinizzate e possedevano [[personalità giuridica]] e religiosa. Ciascuna di esse aveva un nome proprio e, dalla IV alla XII dinastia i nomi seguirono sempre (salvo sporadici casi) la stessa struttura grammaticale: ''nome del re - verbo - aggettivo come attributo di una qualità o di un comportamento''. Si ebbero perciò, ad esempio: ''Cheope appartiene all'orizzonte''; ''Chefren è grande''; ''Pepi è stabile nella perfezione''; ''Snefru è splendente''; ''Unas è bello di recinto''.
 
==Origini==
Le piramidi sono state coatruite dagli ebrei.Per giungere all'elemento fisico-architettonico della piramide egizia, non si può prescindere dall'elemento immateriale che ne è, molto verosimilmente, alla base: una vera contesa, forse non solo dottrinale, di ordine teologico-religioso facilmente giustificabile là dove si consideri che l'unificazione dell'Alto e Basso Egitto sotto la I e II dinastia comportava, necessariamente, la creazione di un sistema amministrativo centralizzato, con un apparato burocratico gerarchizzato e distribuito capillarmente sul territorio. Ad una tale opera di amalgama non poté sottrarsi l'ambito religioso in cui si cercò di contemperare le esigenze di unificazione con quelle teologiche proprie dei due regni e delle molteplici divinità esistenti per addivenire, peraltro, ad un pantheon riconosciuto e accettato<ref name="cita|Cimmino 1998|p. 79">{{cita|Cimmino 1998|p. 79.}}</ref>.
 
Le origini dell'opera architettonica vanno perciò ricercate anche in ambito religioso e nell'operazione dottrinaria che, nella fase unificatoria del Paese, tese ad inglobare miti arcaici e leggende, senza tuttavia far venir meno le relative indipendenze religiose dei regni coinvolti, concentrando l'attenzione su pochi centri di culto sotto l'egida di grandi divinità che già potevano contare su un clero preparato e su scuole teologiche consolidate<ref>{{cita|Cimmino 1998|Cap. V, pp. 78-98.}}</ref><ref>R. Anthes (1959), ''Egyptian Theology in the Third Millunnium B.C.'', in Journal of Near Eastern Studies (JNES), XVIII, pp. 169-212.</ref>.