Agostino d'Ippona: differenze tra le versioni

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All'inizio della crisi pregava, ma senza il sincero desiderio di essere ascoltato<ref>Confessioni...??</ref>, e quando all'età di diciassette anni giunse a Cartagine, verso la fine del [[370]], ogni situazione che gli capitava lo portava a deviare sempre di più dall'antico corso della sua vita: le molte seduzioni della grande città che era ancora per metà pagana, la licenziosità degli altri studenti, i teatri, l'ebbrezza del suo successo letterario e uno smisurato desiderio di essere sempre il primo, anche nel peccato.<ref>«Venni a Cartagine, dove da ogni parte mi strepitava intorno una ridda di turpi amori. [...] Cercavo un oggetto da amare, amando di amare, e detestavo la tranquillità e la via senza trappole, perché avevo un vuoto, dentro di me, di cibo interiore. [...] Perciò l'anima mia era malata e, piena d'ulceri, si gettava al di fuori, sulle creature, miserabilmente avida di essere sfregata dal contatto con le realtà sensibili» (''Confessioni'', III, 1, 1).</ref> In questa città, appassionandosi di filosofia, iniziò a studiare la maggior parte dei testi principali della cultura ellenistico-latina. Dotato di un forte senso critico e animato da un desiderio bramoso di verità, passò gli anni della sua gioventù nella ricerca insaziabile del senso della vita. Non molto tempo dopo essere giunto a Cartagine, però, Agostino fu costretto a confessare a sua madre Monica di avere una relazione con una donna, che gli aveva dato un figlio, [[Adeodato (figlio di Agostino)|Adeodato]] ([[372]]), e con la quale visse in [[concubinato]] per quindici anni. Si separarono nel [[386]], quando ella lo lasciò a [[Milano]] per recarsi in Numidia con la promessa che sarebbe tornata. Agostino non ne riporta il nome in alcun testo.
 
Esistono pareri contrastanti nella valutazione di questa crisi. Alcuni, come [[Theodor Mommsen]], la evidenziano, altri come [[Friedrich Loofs]] rimproverano a Mommsen questa conclusione o si dimostrano clementi verso Agostino,<ref>F. Loofs, ''Realencyklopädie'', 3<sup>a</sup> edizione, II, 268.</ref> quando affermano che, a quei tempi, la Chiesa permetteva il concubinato.<ref>Erwin Roderich, Hermann von Kienitz, Abendland-Verlag, 1947, ''Augustinus: Genius des Abendlandes'', 114</ref> Agostino mantenne comunque una certa dignità e, fin dall'età di diciannove anni, mostrò un genuino desiderio di uscire da quella condotta dissoluta: nel [[373]], la lettura dell'''[[Ortensio (Cicerone)|Hortensius]]'' di [[Marco Tullio Cicerone]], testo protrettico oggi andato perduto, provocò un cambiamento di direzione nella sua vita. Si imbevve dell'amore per la saggezza che Cicerone così eloquentemente encomiava e, da quel momento, Agostino considerò la [[retorica]] soltanto una professione, da esercitare in qualità di insegnante. Il suo cuore si era completamente volto alla filosofia.<ref>«L<nowiki>'</nowiki>''Ortensio'' mi piaceva perché non m'incitava a seguire questa o quella setta, ma ad amare, cercare, conseguire, possedere e abbracciare con forza la sapienza stessa, quale essa fosse; e mi accendeva e m'infiammava» (''Confessioni'', III, 4).</ref>
 
==== Approdo al [[Manicheismo]] ====