Socializzazione dell'economia: differenze tra le versioni

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La legge quadro sulla socializzazione, entrata in vigore nel 1944 (D.Lgs. 12 febbraio 1944, n. 375) ebbe tuttavia scarsa applicazione sperimentale e non poté incidere nel creare consenso attorno a esso e rilanciare decisamente la produzione bellica, per altro rigidamente controllata dai tedeschi occupanti e da essi in larga misura assorbita.
 
La socializzazione delle imprese, vista con sospetto e boicottata dalla [[NazionalsocialismoGermania nazista|Germania nazionalsocialista]], venne disposta inizialmente con il D.Lgs. 12 febbraio 1944, n. 375 alla firma di Mussolini unita a quelle di [[Domenico Pellegrini Giampietro]] e [[Piero Pisenti]]. Per diretta conseguenza il compito venne assegnato al ministro dell'Economia corporativa l'ingegner Angelo Tarchi, che si insediò nella sede del ministero a Bergamo.
 
Il 20 giugno 1944, ossia appena quattro mesi dopo il decreto legislativo, il dirigente della federazione fascista degli impiegati del commercio [[Anselmo Vaccari]] in un rapporto diretto a Mussolini riportò quanto segue: «I lavoratori considerano la socializzazione come uno specchio per le allodole, e si tengono lontano da noi e dallo specchio. Le masse ripudiano di ricevere alcunché da noi».<ref>''Rapporto Vaccari'' al Duce, in: Santo Peli, ''Storia della Resistenza in Italia'', Einaudi, Torino, 2006, ISBN 88-06-18092-4, p. 69; Edoardo e Duilio Susmel ''Opera Omnia di Benito Mussolini'', La Fenice, Firenze; F. Deakin, ''Storia della Repubblica di Salò'', Einaudi, Torino, 1963; Gianni Oliva, ''La Repubblica di Salò'', Giunti, 1997.</ref> L'attuazione integrale della socializzazione era prevista per il [[Anniversario della liberazione d'Italia|25 aprile 1945]].<ref>Antonio Fede, ''Appunti critici di storia recente'', Ed. Coop. Quilt, Messina 1988, p. 41.</ref>