Sandro Pertini: differenze tra le versioni

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Pertini riacquistò la libertà il 13 agosto [[1943]], pochi giorni dopo la [[caduta del fascismo]]. Inizialmente il provvedimento di scarcerazione del [[Governo Badoglio I|governo Badoglio]] aveva escluso i confinati [[Partito Comunista d'Italia|comunisti]] e [[Anarchismo|anarchici]]<ref>Cfr. [https://web.archive.org/web/20070930103728/http://www.centropertini.org/biografia.htm Mario Oppedisano, ''La vita di Sandro Pertini''] nel sito web del "Centro Culturale Sandro Pertini" di [[Genova]]. Dopo un primo contingente di confinati non appartenenti ai partiti della sinistra, l'unico liberato da [[Ventotene]] fu proprio Pertini, in quanto, al momento, era l'unico [[Partito Socialista Italiano|socialista]] ivi ristretto (ad esempio, [[Pietro Nenni]] si trovava al confino nella vicina [[isola di Ponza]]) e il provvedimento di scarcerazione del [[Governo Badoglio I|governo Badoglio]] non comprendeva comunisti e anarchici. Dapprima Pertini rifiutò di lasciare l'isola finché non fossero stati liberati tutti, poi su insistenza di molti compagni del comitato dei confinati che lo invitarono a recarsi a [[Roma]] per sollecitare [[Pietro Badoglio|Badoglio]] per far liberare anche gli altri, si decise a partire.</ref>.<br />
Pertini si adoperò quindi per ottenere in breve tempo anche la loro liberazione, prima inviando dall'isola, assieme agli altri membri del Comitato dei confinati (tra i quali [[Altiero Spinelli]], [[Pietro Secchia]], [[Mauro Scoccimarro]]) un telegramma a [[Governo Badoglio I|Badoglio]]<ref>Cfr. Telegramma dei confinati di Ventotene del 7 agosto 1943, in Sandro Pertini, ''Sei condanne, due evasioni'', a cura di V. Faggi, Milano, Mondadori 1970, p. 211-212, riportato nel sito web del [http://www.pertini.it/cesp/doc_54.htm CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini]</ref>, poi, una volta a Roma, assieme a [[Bruno Buozzi]], assillando le autorità governative:
{{Citazione|Un giorno il direttore [del confino di Ventotene, il commissario Marcello Guida, che diventò poi Questore di Milano e che Pertini, divenuto presidente della Camera, nel 1970 si rifiuterà di incontrare per il comportamento tenuto nei confronti di [[Luigi Calabresi]] - ''N.d.E.''] mi mandò a chiamare: «Ho una bella notizia per voi. È arrivato un telegramma che dispone per la vostra liberazione». «Grazie», dissi, «però non me ne vado finché qui resta uno solo di noi». Ma [[Camilla Ravera]], che diede sempre prova di una straordinaria forza morale, [[Umberto Terracini|Terracini]] e altri mi convinsero che dovevo partire, per andare a perorare la causa dei detenuti, e così non diedi pace a [[Carmine Senise|Senise]], [[Capo della polizia - direttore generale della pubblica sicurezza|Capo della Polizia]], e a [[Umberto Ricci|Ricci]], che era agli [[Ministri dell'Interno del Regno d'Italia|Interni]].<br />
Li andavo a trovare ogni giorno con Bruno Buozzi. Erano restii, avevano nei confronti dei comunisti paura e odio.<br />
Minacciammo uno sciopero generale, e l'argomento li convinse.|Sandro Pertini<ref name= IntervistaBiagi >Intervista di [[Enzo Biagi]] a Pertini, ''Quel 25 luglio 1943. Pertini'', [[La Stampa]], 7 agosto 1973, riportato nel sito web del [http://www.pertini.it/cesp/doc_55.htm CESP - Centro Espositivo Sandro Pertini]</ref>}}