Umberto II di Savoia: differenze tra le versioni

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=== Da Roma a Brindisi ===
[[File:Umberto II ItaliaUmbertoIIsavoia1946.jpg|thumb|Umberto II d'Italia comecon [[luogotenenteMaria generaleJosé del Belgio|Maria José]] e i figli.]]
{{vedi anche|Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|fuga del re Vittorio Emanuele III|mancata difesa di Roma}}
Nei giorni immediatamente precedenti alla resa italiana, Umberto ebbe un'intensa attività: il 6 settembre ispezionò la V armata a [[Orte]], la mattina del 7 incontrò il maresciallo von Richtofen e, nel tardo pomeriggio, ad [[Anagni]], il maresciallo Graziani, che lì viveva ritirato dal [[1941]]. A una precisa domanda del militare sulla possibilità d'un armistizio il principe rispose "solo voci!", come gli era stato detto dal [[ministro della Real Casa]], duca [[Pietro d'Acquarone|d'Aquarone]] il 3 settembre, a [[Roma]] (sebbene questi fosse al corrente che nel frattempo l'[[armistizio di Cassibile|armistizio]] veniva firmato a [[Cassibile]]), e il 6, ad [[Anagni]]<ref>Luciano Regolo, ''Il re Signore'', Simonelli Editore, p. 427.</ref>. Partì per [[Roma]] alle 17:55 dell'8 settembre, giungendo al [[Quirinale]] dopo quasi un'ora ove, all'oscuro di tutto, venne finalmente informato circa l'armistizio da Acquarone. Il colloquio risulta essere avvenuto dopo le 19:10, come registrato dal primo aiutante di campo del principe nel proprio diario<ref>Il dattiloscritto si trova tra le pagine del diario della casa del [[principe di Piemonte]], [[Archivio di Stato di Torino]].</ref>.
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Badoglio gli disse "Le devo ricordare che lei è un soldato, e poiché porta le stellette deve obbedire": egli, il re e Acquarone addussero motivi di sicurezza personale e politici: il suo gesto avrebbe screditato il governo e il sovrano<ref name=autogenerato4>Oliva, ''Umberto II'', p. 176.</ref>. La stessa duchessa di Bovino [[Antonia de Riseis]] cercò di convincerlo a tornare a [[Roma]] per organizzare una resistenza armata e galvanizzare il morale delle truppe, ma il principe le rispose che in quel momento un tale atto sarebbe parso una ribellione, mentre tutti dovevano collaborare per non indebolire l'autorità sovrana, stringendolesi attorno<ref>Luigi Cafieri, ''Da Crecchio a San Samuele in otto tappe'', Laterza, p. 26.</ref>. Ulteriore tentativo di Umberto di opporsi alle decisioni regie e governative avvenne all[['aeroporto di Pescara]], nel pomeriggio del 9 settembre, alla presenza di una nutrita parte della comitiva, quando egli espresse il desiderio di voler tornare a [[Roma]] per difendere l'onore di [[casa Savoia]]: fu la regina, questa volta, a dirgli "''Beppo, tu n'iras pas on va te tuer''" cioè "Non andrai Beppo, ti uccideranno"<ref name=autogenerato6 />.
 
[[File:Vittorio Emanuele III inaugura la Camera dei Fasci e delle Corporazioni.jpg|thumb|[[Vittorio Emanuele III]] inaugura la [[Camera dei fasci e delle corporazioni]] in presenza di Umberto, [[principe di Piemonte]], [[Amedeo di Savoia-Aosta]], [[duca d'Aosta]], [[Vittorio Emanuele di Savoia-Aosta]] [[marca di Torino#Conte di Torino|conte di Torino]]]]
Nell'intervista del [[1979]], invece, Umberto II smentì questi fatti:
{{Citazione| Si è detto che durante il viaggio io dissentivo, è vero, ma non dalla decisione di mio padre, che mi è sempre parsa meditata, ma da come i fatti andavano evolvendo. […] Ci fu una riunione e io dissi, se avete bisogno che qualcuno torni a Roma, ovviamente io sono disponibile. Non andai oltre, assolutamente.<ref>Gigi Speroni, ''Umberto II''. p. 295.</ref>.}}
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=== Luogotenenza ===
[[File:UmbertoIIsavoia1946Umberto II Italia.jpg|thumb|Umberto II cond'Italia come [[Marialuogotenente José dle Belgio|Maria Joségenerale]] e i figli.]]
Il 5 giugno del [[1944]], dopo la [[liberazione di Roma]], Vittorio Emanuele III nominò il figlio [[Luogotenenza del regno|luogotenente generale del Regno]], in base agli accordi tra le varie forze politiche che formavano il [[Comitato di Liberazione Nazionale]], e che prevedevano di «congelare» la questione istituzionale fino al termine del conflitto. Umberto, dunque, esercitò di fatto le prerogative del sovrano senza tuttavia possedere la dignità di re, che rimase a [[Vittorio Emanuele III di Savoia|Vittorio Emanuele III]], rimasto a [[Salerno]]. Si trattava di un compromesso suggerito dall'ex presidente della Camera [[Enrico De Nicola]], poiché i capi dei partiti antifascisti avrebbero preferito l'abdicazione di Vittorio Emanuele III, la rinuncia al trono da parte di Umberto e la nomina immediata di un reggente civile. Il luogotenente si guadagnò ben presto la fiducia degli Alleati grazie alla scelta di mantenere la monarchia italiana su posizioni filoccidentali.