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[[Villimpenta|Arellaia]]
 
L'arellaia era la lavoratrice che si occupava della produzione manuale di arelle.
 
Fino agli anni '60 del '900 e in certe zone anche fino agli anni '70, era diffusa in alcune regioni [[Rivalta sul Mincio|italiane]] la figura dell'arellaia, una professionalità tipicamente femminile strettamente legata al territorio.
In zone molto paludose, come ad esempio tra il Veneto e Mantova, in paesi come [[Villimpenta]] (MN) e sulle rive del Mincio in paesi come [[Rivalta sul Mincio]] (MN) e [[Rodigo]] (MN) poiché cresceva una vegetazione specifica, in particolar modo il [[Cyperus papyrus|papiro]], la [[Carex|carice palustre]] e la [[Arundo donax|canna palustre]], se ne diffuse anche la lavorazione.
il materiale, papiro, canna o carice, veniva tagliato quando le canne erano mature, ossia in autunno. Erano prevalentemente gli uomini a tagliarlo e ad ammassarlo sulle barche, da cui poi veniva portato a terra per essere lavorato, una volta asciutto. Le canne e la carice venivano legate in mazzi a seconda della loro lunghezza, e successivamente i mazzi erano trasportati nei magazzini, e da lì nei laboratori, detti generalmente "cameroni" dove le arellaie procedevano a lavorarli.
Con il papiro e la canna si confezionavano arelle più grandi, che si utilizzavano in particolare nell'edilizia, come isolante tra il tetto e il soffitto delle abitazioni; arelle un po' più piccole si utilizzavano come base per appoggiarvi i bachi da seta, che a Villimpenta erano allevati nella prima metà del '900; con la carice invece si confezionava un cordoncino che in seguito era utilizzato per impagliare le sedie o i fiaschi.
Nel papiro e nella canna le canne venivano legate a mano fra loro a due a due con una corda incatramata o con un filo di zinco, mentreinvece per quanto riguarda la carice si arrotolavano fra loro le foglie fino a formare il cordoncino.
Il lavoro delle arellaie durava dall'autunno all'estate successiva e prevedeva oltre a una grande fatica fisica, anche l'esposizione costante al freddo in inverno e al calore in estate, perché aveva luogo nei capannoni costruiti in muratura e assi di legno e privi di riscaldamento o di riparo, inoltre l'esposizione costante alle polveri provenienti in particolare dai piumini della canna palustre.
Nel rivaltese, le donne lavoravano in piedi, appoggiando le arelle a cavalletti di legno; a Villimpenta invece le donne lavoravano a terra, inginocchiate sulle arelle stesse, procedendo in avanti in ginocchio a mano a mano che si costruiva l'arella.