Salvatore Pes, marchese di Villamarina: differenze tra le versioni

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Il [[Camillo Benso, conte di Cavour|Conte]] comunicò allora a Villamarina un piano di rivolta popolare che avrebbe dovuto consegnare la capitale del Regno delle due Sicilie a Vittorio Emanuele e non a Garibaldi, di cui temeva derive [[Giuseppe Mazzini|mazziniane]]. Al riguardo invece Villamarina, il 23 luglio, gli aveva scritto una lettera che avrebbe dovuto rassicurarlo<ref>Tra l'altro Villamarina scriveva: «Garibaldi rappresenta nello spirito di questa popolazione il delegato di Vittorio Emanuele: è in questa predisposizione che il popolo lo attende con impazienza. […] il nostro Re non può mettere in discussione la devozione illimitata di Garibaldi alla sua augusta persona, e a Napoli, credete caro Conte, il mazzinismo, la rivoluzione come la intende o meglio come ha l'aria di intenderla [il ministro degli Esteri napoletano] De Martino (che vuole avere successo) è impossibile. […] Garibaldi arriverà come una valanga […]. La sua luogotenenza non durerà che pochi giorni, 15 giorni forse, il tempo necessario per votare con la più grande libertà e la legalità più scrupolosa, da parte di un plebiscito, più che da un'assemblea. Il voto sarà eclatante, vi prometto, e capace di imporsi all'Europa intera, e di facilitarci l'immediata accettazione [dell'annessione]. […] Non esito a dichiarare che mettendo da parte Garibaldi si rischia di far nascere un movimento anarchico che fornirà alla Francia l'occasione di sbarcare le sue truppe […] Questa è la fase più delicata che abbia mai attraversato la questione italiana.» Vedi: Cavour, ''Epistolario'', Vol. XVII (1860), 3º tomo (21 giugno-12 agosto), pp. 1406-1409. Olschki, Firenze, 2005.</ref>.
 
Nonostante le idee di Villamarina, il piano del Conte andò avanti: gli uomini designati alla sua realizzazione furono l'ammiraglio [[Carlo Pellion di Persano]], il patriota beneventano [[Nicola Nisco (1820-1902patriota)|Nicola Nisco]] , il generale Nunziante e il ministro liberale napoletano [[Liborio Romano]].
 
Villamarina, che aveva costruito una rete di agenti di cui era il riferimento<ref>Tra gli altri vi comparivano [[Luigi Mezzacapo]], [[Ignazio Ribotti]], [[Emilio Visconti Venosta]], [[Giuseppe Finzi]] e successivamente [[Giuseppe Devincenzi]].</ref>, dopo l'arrivo di Persano a Napoli, avvenuto il 3 agosto 1860, si affrettò ad avvisare Cavour che Nisco aveva una cattiva reputazione, che Nunziante non aveva alcun ascendente sulle truppe e che Liborio Romano era ancora indeciso se prendere o meno la strada dei [[Casa Savoia|Savoia]]. «A rigore», concludeva Villamarina sul moto di ribellione, «si potrebbe anche sollevarlo a Napoli, ma bisognerebbe tenere conto del fatto che, entro sei ore, avremmo addosso 40.000 uomini e verrebbe sparso un fiume di sangue, senza certezza di successo».<ref>Jaeger, ''Francesco II di Borbone'', Milano, 1982, pp. 40-41.</ref>.