Eversione dell'asse ecclesiastico: differenze tra le versioni

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L'espressione '''eversione dell'asse ecclesiastico''' indica gli effetti economici di due [[Legge|leggi]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]]. Il termine "eversione", edalla segnatamenteradice [[lingua latina|latina]] ''evertĕre'', significa abbattere, rovesciare, sopprimere. Il termine "asse", dal latino ''as, assis'' = moneta, significa "patrimonio". In particolare, le norme furono il [[regio decreto-legge|regio decreto]] 3036 del 7 luglio [[1866]], n. 3036 di soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose (in esecuzione della Legge del 28 giugno 1866, n° 2987), e la legge 3848 del 15 agosto [[1867]], n. 3848 che dispose la confisca dei beni degli enti religiosi ("Asse ecclesiastico"). Il termine "eversione", dalla radice [[lingua latina|latina]] ''evertĕre'', significa abbattere, rovesciare, sopprimere. Il termine "asse", dal latino ecclesiastico''as, assis'' = moneta, significa "patrimonio").<ref>Il termine, oggi disusato, sopravvive quasi soltanto nell'espressione "asse ereditario", che indica il patrimonio lasciato a disposizione degli eredi.</ref>
 
L'espressione, quindi, qualifica la confisca dei beni degli enti religiosi come un abbattimento del potere economico della chiesa cattolica. Essa venne utilizzata sia nei disegni preparatori che nella legge stessa del 1866, ma in leggi successive il concetto fu edulcorato con l'espressione "liquidazione dell'asse ecclesiastico", terminologia che sottace la natura confiscatoria, ma che trova una corrispondenza in una maggiore moderazione delle leggi stesse. La nuova terminologia intese indicare come obiettivo della legislazione quello di imporre alla Chiesa la vendita dei propri beni immobili, attraverso, ad esempio, la conversione in titoli di stato. Obiettivo di fondo dell'azione del legislatore fu, quindi, l'estensione del controllo dello Stato sulla Chiesa.
 
Ispirate a un'ideologia [[giurisdizionalismo|giurisdizionalista]] (la teoria giurisdizionalistica considerava il sovrano quale proprietario sostanziale anche di tutti i beni ecclesiastici), le leggi di eversione dell'asse ecclesiastico rimasero in vigore fino al [[1929]], anno dei [[Patti lateranensi]]<ref>Danilo Breschi, ''Le leggi di liquidazione dell’asse ecclesiastico nel biennio 1866-1867: un iter complesso e una soluzione traumatica'', pag. 29 ([https://www.academia.edu/10308673/Le_leggi_di_liquidazione_dell_asse_ecclesiastico_nel_biennio_1866-1867_un_iter_complesso_e_una_soluzione_traumatica versione digitalizzata]).</ref>.
 
==Il contesto storico==
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L'incameramento dei beni operato nel 1866/1867 non era isolato: lo Stato aveva cominciato ad incidere sull'assetto della [[proprietà (diritto)|proprietà]] nel [[1861]] con la cosiddetta ''quotizzazione'' dei demani comunali, e nel 1862 con una legge di alienazione del [[demanio]] dello Stato.
 
== Analisi ==
==Le leggi d'incameramento dei beni ecclesiastici==
Ispirate a un'ideologia [[giurisdizionalismo|giurisdizionalista]] (la teoria giurisdizionalistica considerava il sovrano quale proprietario sostanziale anche di tutti i beni ecclesiastici), le leggi di eversione dell'asse ecclesiastico rimasero in vigore fino al [[1929]], anno di stupula dei [[Patti lateranensi]].<ref>Danilo Breschi, ''Le leggi di liquidazione dell’asse ecclesiastico nel biennio 1866-1867: un iter complesso e una soluzione traumatica'', pag. 29 ([https://www.academia.edu/10308673/Le_leggi_di_liquidazione_dell_asse_ecclesiastico_nel_biennio_1866-1867_un_iter_complesso_e_una_soluzione_traumatica versione digitalizzata]).</ref>.
 
L'espressione, quindi, qualificaqualificava la confisca dei beni degli enti religiosi come un abbattimento del potere economico della chiesa cattolica. Essa venne utilizzata sia nei disegni preparatori che nella legge stessa del 1866, ma in leggi successive il concetto fu edulcorato con l'espressione "liquidazione dell'asse ecclesiastico", terminologia che sottace la natura confiscatoria, ma che trova una corrispondenza in una maggiore moderazione delle leggi stesse. La nuova terminologia intese indicare come obiettivo della legislazione quello di imporre alla Chiesa la vendita dei propri beni immobili, attraverso, ad esempio, la conversione in titoli di stato. Obiettivo di fondo dell'azione del legislatore fu, quindi, l'estensione del controllo dello Stato sulla Chiesa.
 
== Il contenuto delle norme ==
Le due leggi di liquidazione dell'asse ecclesiastico furono approvate nel 1866 e nel 1867:
 
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I fabbricati [[Convento|conventuali]] incamerati dallo Stato furono alienati oppure concessi ai [[Comune|Comuni]] e alle [[Provincia|Province]] (con la legge del [[1866]], art. 20), previa richiesta di utilizzo per pubblica utilità entro il termine di un anno dalla presa di possesso. Complessivamente, furono immessi sul [[mercato]] e ceduti alla grande borghesia terriera a prezzi stracciati oltre 3 milioni di [[ettaro|ettari]] (2,5 soltanto nel Sud) con modalità che sono state criticate sia dagli storici che dai giuristi.
 
==Le conseguenze finanziarie==
{| class="wikitable sortable" style="text-align:center"
! colspan="4" |Proprietà confiscate alla Chiesa cattolica in data 31/12/1877
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|}
 
==Le conseguenze finanziarie==
===Nell'Italia settentrionale===
Nel complesso il risultato dell'incameramento fu poco soddisfacente per lo Stato. L'ingente quantità dei beni immessi massicciamente sul mercato con vendite all'[[Asta (compravendita)|asta]] provocò un ribasso generalizzato dei prezzi del mercato immobiliare. I beni rimasti nella disponibilità del demanio e destinati a caserme, scuole e uffici pubblici furono di utilità limitata: si trattava di edifici nati con altro scopo, spesso di grandi dimensioni e in luoghi isolati.<ref>{{Cita|Scaraffia|pp. 223-224}}.</ref>