Eversione dell'asse ecclesiastico: differenze tra le versioni
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Un primo provvedimento restrittivo si ebbe con la legge 21 agosto 1862, n. 794, che tolse alla [[Cassa ecclesiastica]] il possesso materiale dei beni incamerati, passandolo al Demanio dello Stato. Gran parte del denaro ricavato da questa confisca venne utilizzata dal governo del nuovo stato per le spese connesse con la pubblica educazione, come votato dal parlamento.<ref>{{cita libro|autore=Frederick Martin |titolo=The Statesman's Yeak-Book|url=|data= 1866|editore= Macmillan And Co.|isbn= |pagina= 316 }}</ref> Nel [[1866]] con lo scoppio della [[terza guerra di indipendenza italiana]] e la guerra con l'[[Impero austriaco]], a causa delle spese ingenti dovute al conflitto, il disavanzo pubblico salì a 721 milioni, cifra mai toccata prima. La risposta dello Stato alla grave crisi finanziaria e alla necessità di ulteriori prestiti dai banchieri inglesi fu l'incameramento dei beni ecclesiastici.<ref>La legge 2087 fu approvata quattro giorni dopo la sconfitta nella [[Battaglia di Custoza (1866)|battaglia di Custoza]] e il Regio Decreto attuativo fu promulgato dopo appena altri dieci giorni.</ref>
L'incameramento dei beni operato nel 1866/1867 non era isolato: lo Stato aveva cominciato ad incidere sull'assetto della [[proprietà (diritto)|proprietà]] nel [[1861]] con la ''quotizzazione'' dei demani comunali, e nel 1862 con una legge di alienazione del [[demanio]] dello Stato. Dopo la [[Presa di Roma]] (20 settembre 1870), il primo ministro [[Giovanni Lanza]] estese l'esproprio dei beni ecclesiastici anche ai territori appartenenti all'ex [[Stato Pontificio]] e, quindi, anche a [[Roma]], scelta quale nuova capitale dello Stato unitario ai sensi della 19 giugno 1873, n. 1402
== Analisi ==
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