Folclore: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua||Folklore (disambigua)|Folklore}}
{{L|cultura|arg2 =|luglio 2013|voce che si sofferma solo sul folclore italiano}}
[[File:Morris.dancing.at.wells.arp.jpg|thumb|[[Morris dance]] sul prato della cattedrale di [[Wells]], eseguita dagli Exeter Morris Men]]
Il termine '''folclore''' o '''folklore''' (pron. {{IPA|[folˈklore]}}<ref>• {{Dipi|folclore}}<br>• {{Dipi|folklore}}<br>Meno consigliata la pronuncia intenzionale "per fare sfoggio" {{IPA|[folˈklɔre]}}</ref>; dall'[[Lingua inglese|inglese]] ''folk'', "popolo", e ''lore'', "sapere") si riferisce all'insieme della '''cultura popolare''', intesa come le forme di [[tradizione]] [[Tradizione orale|tramandata spesso oralmente]] e riguardante conoscenze, [[usi e costumi]], [[Mito|miti]], [[Fiaba|fiabe]] e [[Leggenda|leggende]], [[Filastrocca|filastrocche]], [[Proverbio|proverbi]] e altre narrazioni, [[Credenza popolare|credenze popolari]], [[musica tradizionale|musica]], [[canto popolare|canto]], [[danza popolare|danza]] eccetera, il tutto riferito a una determinata [[Regione geografica|area geografica]], a una determinata popolazione, ai ceti popolari in quanto subalterni, a più d'una o a tutte queste determinazioni.
 
== La nascita del termine ==
L'origine del termine ''folclore'' è attribuita allo scrittore e antiquario inglese [[William Thoms]] ([[1803]]-[[1900]])<ref name=treccani>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/folclore/|titolo=Folclore}}</ref> che, sotto lo [[pseudonimo]] di Ambrose Merton, pubblicò nel [[1846]] una lettera sulla [[rivista letteraria]] [[Londra|londinese]] ''[[Athenaeum (rivista inglese)|Athenaeum]]'', allo scopo di dimostrare la necessità di un vocabolo che potesse ricomprendere tutti gli studi sulle [[tradizione|tradizioni]] popolari [[Inghilterra|inglesi]].
 
Il termine fu poi accettato dalla [[comunità scientifica]] internazionale dal [[1878]], per indicare quelle forme contemporanee di aggregazione sociale incentrate sulla rievocazione di antiche pratiche popolari, ovvero tutte quelle espressioni culturali comunemente denominate "tradizioni popolari", dai [[canto popolare|canti]] alle sagre alle [[superstizione|superstizioni]] alla [[cucina (attività)|cucina]] (e che già due secoli prima [[Giambattista Vico]] chiamava "rottami di antichità").
 
== Opere sul folclore in Italia ==
{{vedi anche|Folklore italiano}}
=== Le prime inchieste ===
[[File:43. TKB - Antiche Tradizioni Popolari z Agrigento 18.JPG|thumb|Antiche tradizioni popolari ad [[Agrigento]]]]
[[File:Ivrea Carnevale Battaglia Arance 06.JPG|thumb|[[Storico Carnevale di Ivrea]] - Battaglia delle arance]]
La documentazione che più di ogni altra ha dato l'avvio allo studio delle tradizioni popolari e dunque al folclore inteso come [[scienza]] è stata l'inchiesta [[Napoleone Bonaparte|napoleonica]] del [[1809]]-[[1811]], svolta nel [[Regno d'Italia]] sui [[dialetto|dialetti]] e i costumi delle popolazioni locali. L'inchiesta fu posta in essere principalmente per individuare ed estirpare pregiudizi e [[superstizione|superstizioni]] ancora esistenti nelle campagne italiche. Gli atti dell'inchiesta e le relative illustrazioni allegate sono custoditi nel [[castello Sforzesco di Milano]].
 
Una successiva inchiesta post-napoleonica, curata da don [[Francesco Lunelli]] ([[1835]]-[[1856]]), riguardò il territorio del [[Trentino]] e il Dipartimento dell'Alto [[Adige]] (con particolare attenzione ai [[proverbio|proverbi]] riguardanti le donne del Trentino), rimasti esclusi dall'indagine napoleonica perché erano territori all'epoca non ancora aggregati al [[Regno d'Italia]].
 
=== Michele Placucci ===
La prima opera di rilievo, che anticipa di quasi cinquant'anni il metodo della demologia scientifica italiana con una precisa classificazione del materiale, è il [[trattato (opera)|trattato]] sulla regione [[Romagna]] del [[Forlì|forlivese]] [[Michele Placucci]]. Egli, avvalendosi di diversi documenti, soprattutto di quelli raccolti all'epoca dell'inchiesta napoleonica (come quanto redatto da Basilio Amati, cancelliere del censo a [[Mercato Saraceno]]), a cui aggiunge anche altro materiale (ad esempio, dalla ''Pratica agraria'' dell'abate Battarra), pubblica, a [[Forlì]] nel [[1818]] (Tipografia Barbiani), l'opera intitolata ''Usi e pregiudizj de' contadini della [[Romagna]]''<ref>[[Roberto Leydi]], [[Tullia Magrini]], ''Guida allo studio della cultura del mondo popolare in Emilia e in Romagna (I)'', Edizioni ALFA, Bologna 1982, pag. 189.</ref>. In Placucci ad esempio, si racconta che i contadini romagnoli usavano mangiare [[Vicia faba|fave]] ''nell'anniversario dei morti'' (cioè il 2 novembre), perché comunemente si riteneva che questa [[piante|pianta]] avesse il potere di rafforzare la memoria, così che nessuno dimenticasse i propri defunti. Altra tradizione arcaica riportata dal Placucci è quella di confezionare il ripieno dei [[cappelletti]] privo di [[carne]]. A quel lavoro, altri faranno seguire numerose pubblicazioni dedicate ad altre regioni italiane.
 
=== Giuseppe Pitrè ===
L'intellettuale che ha dato poi origine allo studio sistematico, su base scientifica, del folclore italiano, è il [[medico]] [[Palermo|palermitano]] [[Giuseppe Pitrè]] ([[1841]]-[[1916]]) che, dopo aver dato alle stampe la «[[Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane]]», ha realizzato un'opera editoriale insuperabile (per ricchezza di [[informazione|informazioni]]), la «Bibliografia delle tradizioni popolari italiane» nel [[1894]] e la «Rivista Archivio per lo studio delle tradizioni popolari» pubblicata ininterrottamente dal [[1880]] al [[1906]]. Per primo Pitrè ottenne nel 1911 a Palermo una cattedra universitaria per lo studio delle tradizioni popolari, sotto il nome di ''demopsicologia'', poi riattivata da [[Giuseppe Cocchiara]] solo negli anni '30 col nome di [[storia delle tradizioni popolari]].
 
=== L'era fascista ===
Durante il [[fascismo]] questo tipo di studi fu utilizzato dalla [[propaganda]] di regime inizialmente per rafforzare il [[nazionalismo romantico|mito romantico]] e medioevaleggiante del [[Spirito del popolo|Popolo legato alla propria terra e alla tradizione]], poi per creare «il popolo» a livello [[nazionalismo italiano|nazionale]], cercando di unificare con l'azione dell'istituto del [[dopolavoro]] le [[tradizioni]] locali.
 
=== L'epoca repubblicana ===
Dopo la [[seconda guerra mondiale]], grande impatto ebbe la pubblicazione delle ''Note sul folclore'', contenute nei ''[[Quaderni del carcere]]'' di [[Antonio Gramsci]]. In particolare, [[Ernesto de Martino]] condurrà le più celebri ricerche folcloriche italiane, ''Morte e pianto rituale'', ''Sud e magia'', ''La terra del rimorso'', scegliendo come oggetto classi sociali considerate ''fuori dalla storia'', i contadini del sud Italia, con il dichiarato obiettivo di utilizzare le tradizioni popolari, definite come ''folclore progressivo'', come elemento fondante di una futura [[coscienza di classe]].
 
Questa corrente di studi rimarrà dominante in Italia fino agli anni ottanta del Novecento (con [[Alberto Mario Cirese]], che dagli anni sessanta impose come nome per gli studi di folclore all'italiana il termine ''demologia''), mettendo in discussione l'oggetto di studio, criticando la reificazione delle tradizioni e ponendo l'accento sui processi di costruzione sociale e sull'uso che i soggetti fanno di esse.
 
Notevoli furono pure gli studi e le ricerche di storia del folklore e delle [[Storia delle tradizioni popolari|tradizioni popolari]] svolti sia da [[Giuseppe Cocchiara]], dagli anni '30 agli anni '60, che da [[Carmelina Naselli]].
 
Ogni anno in Europa si svolge l'''Europeade del Folclore''. Le ultime città italiane che hanno ospitato questa manifestazione sono nel 2003 [[Nuoro]] in Sardegna, città ben nota in tutta Italia per l'attaccamento alle tradizioni e il mantenimento di queste ultime ([[canto a tenore]], balli tradizionali, [[launeddas]], organetto, canti a chitarra) e nel 2010 [[Bolzano]] che comprende gruppi di diversa lingua e cultura.
Ininterrottamente dal 1970, nel periodo che precede il ferragosto, ad [[Alatri]] si svolge il ''[https://web.archive.org/web/20091003131742/http://www.orbisterrarum.folkalatri.com/it/component/mad4joomla/?jid=2 Festival Internazionale del Folclore]'', mentre per il periodo di fine estate è stata successivamente istituita una manifestazione internazionale folcloristica anche per i bambini.
 
== Antropologia culturale ==
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Il filosofo [[Paolo Rossi Monti|Paolo Rossi]] fa inoltre notare, sostenendo il pensiero di Segre, che mentre «la scienza tende a spiegazioni sempre “parziali”, i sistemi mitici tendono a raggiungere, con i mezzi i più scarsi possibile, una comprensione “totale” dell'universo. [...] Il mito non riesce a dare all'uomo, un maggior potere materiale sull'ambiente, gli dà invece l'illusione di comprendere l'universo. Ma si tratta di un'illusione oltremodo “importante”»<ref name="Panorama' 1980"/>.
 
== Studi di circolazione culturale, folclore e cultura dominante in epoca preindustriale ==
 
==Storia degli studi sul folclore==
Gli studi sul folclore presero avvio sulla scia dell'impulso romantico del XIX secolo, rivolto a indagare le radici popolari della cultura europea, concentrandosi inizialmente sulla [[tradizione orale]] costituita da storie, canzoni, proverbi ed espressioni nazionali, a cominciare da quel tesoro di fiabe e racconti inteso dai [[fratelli Grimm]] come ''[[Volksgeist]]'', cioè «anima del popolo», la quale si riverbera nei canti del volgo come già sostenuto da [[Herder]].<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/folklore_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/|titolo=Folklore|autore=Alan Dundes|editore=Enciclopedia delle scienze sociali|anno=1994}}</ref>
 
===Approccio antropologico===
Tale disciplina assunse un piglio «scientifico» allorché si connettè con l'[[etnologia]], contestualizzando l'oralità folcloristica entro un insieme di elementi antropologici come usanze, arti e costumi del popolo ritenuti «oggettivi». La caratteristica del foclore così inteso rimarrà costantemente concepita come appannaggio delle classi inferiori, e perciò tipicamente contrapposta alla cultura delle élite.<ref name=treccani/> Questo aspetto indusse a ritenere il folclore un fenomeno appartenente esclusivamente alle società stratificate in classi, poco indagato pertanto in quelle forme di civiltà meno complesse, come le africane, che presenano un livello di sviluppo elementare ed omogeneo.<ref name=treccani/>
 
Tra i primi esponenti della scuola antropologica inglese, [[Edward Burnett Tylor]], che insieme ad [[Andrew Lang (scrittore)|Andrew Lang]] e [[James Frazer]] intendeva orientare la sua disciplina in senso scientifico, teorizzò che il folclore fosse un grado inferiore dell'evoluzione cuturale di una società, rimasto fermo ad una concezione superstiziosa ed arcaica della [[natura]], alla quale le comunità contadine attriuivano ancora una valenza magico-religiosa propria dell'[[animismo]].<ref name=treccani/>
 
===Approccio storico-culturale===
All'approccio antropologico si vennero sostituendo in seguito diverse altre modalità di studio dei fenomeni folcloristici. Presso [[Fritz Graebner]], [[Bernhard Ankermann]], [[Wilhelm Schmidt]], ed altri esponenti della [[scuola di Vienna]] prevalse un indirizzo storico-culturale basato su indizi morfologici e i diversi cicli di civiltà. Il metodo ''finnico'' di G. Krohn si basa invece sulle affinità geografiche, e quello cartografico di [[Arnold van Gennep]] sulla definizione di luoghi e ambienti.<ref name=corso>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/folklore_%28Enciclopedia-Italiana%29/|titolo=Folklore|autore=Raffaele Corso|anno=1932|editore=Eniclopedia Italiana}}</ref>
 
== Studi di circolazione culturale, folclore e cultura dominante in epoca preindustriale ==
Il lavoro dell'autore russo [[Michail Michajlovič Bachtin]] intitolato [[L'opera di Rabelais e la cultura popolare]], getta le basi per la ridefinizione del significato di cultura popolare. Attraverso l'opera dello scrittore francese [[François Rabelais]], intitolata [[Gargantua e Pantagruel]], Bachtin analizza la centralità della cultura popolare in [[medioevo|epoca medievale]] e [[storia moderna|moderna]]. Egli contribuisce con il suo lavoro a dare una visione più ampia del [[carnevale]] e del suo significato. Bachtin individua due elementi fondamentali per comprendere le manifestazioni popolari: il ''riso'' e il ''realismo grottesco''.
 
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[[Jacques Le Goff]] analizza, a partire dalla seconda metà degli anni sessanta, l'atteggiamento che la cultura clericale ha nei confronti del [[folklore]] in [[merovingi|età merovingia]]<ref>J. Le Goff,''Cultura clericale e tradizioni folkloriche in età merovingia'' in ''Tempo della chiesa e tempo del mercante'', Torino, 1977, pp. 199-202</ref>. Benché ci siano degli elementi di incontro, egli ritiene che nel complesso vi sia un blocco della cultura superiore nei confronti di quella inferiore.
 
Le Goff torna a trattare questa tematica ne ''L'immaginario medievale'' pubblicato nel [[1988]]<ref>Le Goff, ''L'immaginario medievale'', Bari, 1988, pp. 75-90</ref>. Egli si sofferma sull'analisi di testi che descrivono viaggi nell'aldilà. L'autore ipotizza che tali testi testimonino lo stretto contatto e gli scambi tra cultura [[Clero|clericale]] e quella popolare. Le Goff nota per esempio come queste opere abbiano una [[struttura narrativa]] condivisa: i protagonisti sono soprattutto [[monachesimo|monaci]]. Inoltre i luoghi e i personaggi descritti derivano dalla tradizione folclorica.
L'autore sottolinea come nel processo di trasmissione di questi racconti le due componenti della cultura (clericale e folclorica) non si trovino l'una subordinata all'altra, ma come ci sia un equilibrio tra i due attori, che comunicano tra di loro.
 
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=== Peter Burke, ''Cultura popolare nell'Europa moderna'' ===
Lo storico inglese [[Peter Burke (storico)|Peter Burke]] analizza lo scambio culturale tra classi sociali in età preindustriale. Burke crede che coesistano due tipologie di [[cultura]] (alta e bassa), non caratteristiche in senso stretto a una classe sociale: mentre l'élite partecipa attivamente alle manifestazioni popolari, il popolo è protagonista solo della propria tradizione<ref>P. Burke, ''Cultura popolare nell'Europa moderna'', Milano, 1980, pp. 31-32</ref>.
Inoltre egli ritiene che in base alle variazioni ambientali e geografiche vi siano differenti espressioni culturali popolari. Le interazioni tra le due culture non sono da sottovalutare. Burke afferma che la cultura popolare sia da indagare oltre che con metodi diretti d'analisi delle [[fonte (storiografia)|fonti]], anche con approcci indiretti: quali l'[[iconologia]], esami comparati e analisi regressive<ref>Burke, ''Cultura popolare nell'Europa moderna'', cit., pp. 79-86</ref>.
 
=== Carlo Ginzburg, ''Il formaggio e i vermi'' ===
[[Carlo Ginzburg]], nel saggio [[Il formaggio e i vermi]], si chiede se sia possibile indagare come fosse la cultura popolare autentica, senza ritrattazione nella trasmissione delle fonti da parte della cultura d'élite.
Egli introduce una distinzione tra il concetto di ''cultura popolare'' e ''cultura imposta alle classi popolari''. I prodotti di quest'ultima categoria non possono essere considerati d'originale derivazione popolare, dal momento che subiscono una manipolazione da parte della cultura dotta.<ref>C. Ginzburg, ''Il formaggio e i vermi'', Torino, 1976, p. XIII</ref>.
Ginzburg ritiene, in riferimento agli atti del processo contro Menocchio, che la deposizione dell'imputato attesti una forte influenza della tradizioni antiche e orali, caratteristiche di uno "strato profondo della cultura popolare"<ref>Ginzburg, ''Il formaggio e i vermi'', cit., p. 135</ref>.
 
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* [[Ernesto De Martino]], ''Morte e Pianto rituale, dal lamento funebre antico al pianto di Maria'', Editore Boringhieri, Torino 1958 (altra ediz. con titolo cambiato 1975).
* [[Ernesto De Martino]], ''Sud e Magia'', Feltrinelli, Milano 1959.
* [[Giuseppe Cocchiara]], ''Storia del folklore in Europa'', I edizione, Giulio Einaudi editore, Torino, 1952 (ultima ristampa, Bollati Boringhieri, Torino, 2016).
* Giuseppe Cocchiara, ''Il paese di Cuccagna e altri studi di folklore'', Einaudi, Torino, 1956 (ristampa, Bollati Boringhieri, Torino, 1980).
* [[Paolo Toschi (folklorista)|Paolo Toschi]], ''Guida allo studio delle tradizioni popolari'', Boringhieri, Torino 1962.
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* [[Claude Lévi-Strauss]] ''Mito e Significato'', introduzione di Cesare Segre, Il Saggiatore, Milano 1980.
* {{Cita libro | [[Michail Michajlovič Bachtin]] | titolo=[[L'opera di Rabelais e la cultura popolare]] | anno=1979 | editore=Einaudi | città=Torino}}
* {{Cita libro| [[Jacques Le Goff]] | capitolo=Cultura clericale e tradizioni folkloriche nella civiltà merovingia | titolo=Tempo della chiesa e tempo del mercante | anno=1977 | editore=Einaudi | città=Torino}}
* {{Cita libro| [[Jean-Claude Schmitt]] | capitolo=Le tradizioni folkloriche nella cultura medievale | titolo=Religione folklore e società nell'occidente medievale | anno=1988 | editore=Laterza | città=Bari}}
* {{Cita news| autore=[[Georges Duby]] | titolo= The diffusion of cultural patterns in feudal society | pubblicazione=Past and present 39 | data=1968}}
* {{Cita libro| [[Jacques Le Goff]] | titolo=L'immaginario medievale | anno=1998 | editore=Laterza | città=Bari}}
* {{Cita libro|[[Peter Burke (storico)|Burke Peter]] | titolo=''Cultura popolare nell'Europa moderna'' | editore=Mondadori | città=Milano | anno=1980}}