Palazzo della Penna: differenze tra le versioni

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Nei primi anni dell’Ottocento fu  ristrutturato e internamente affrescato. Al primo piano sono alcuni dipinti del XIX secolo ispirati al Mito di Paride, di Antonio Castelletti , artista umbro di Paciano, rappresentante del neoclassicismo; allievo di Francesco Appiani di Ancona e del perugino Cristoforo Gasperi . Nel soffitto della prima sala del primo piano, è “il giudizio di Paride”, nei riquadri alle pareti si distinguono le nove muse accompagnate da  Giove e da [[Mnemosine]]. Nella seconda sala “Paride principe di Troia” armato a Cavallo; nella terza  “il ratto di Elena” ,   alle pareti figure danzanti e bracieri ardenti. Nella quarta (Sala di Apollo) è l’ ”Apoteosi di Paride” il principe mortale è accolto nell’olimpo da Apollo, circondato dalle quattro stagioni . Sullo sfondo Saturno con il suo attributo: il serpente che si morde la coda,  simbolo del tempo inteso in senso circolare dell’eterno ritorno. A rappresentare il Karma sono anche le tre [[Parche]] che filano, tessono e tagliano il filo di ogni essere vivente. Alle pareti scene di combattimenti, corse di bighe, e  riti sacrificali  come la [[:en:Suovetaurilia|Suovetaurilia]]”,  il triplice sacrificio romano di suino, ovino e toro.  Dello stesso periodo sono le vedute ideali, all’interno della stanza dei Paesaggi (secondo piano), opera del decoratore e scenografo Pasquale Angelini, padre del  noto eclettico Annibale Angelini, scenografo decoratore restauratore. Nella torretta circolare  del secondo piano è un fregio a monocromo, probabile opera di Giuseppe Carattoli  (1835) .<ref> ''Alessandra Migliorati, Itinerari d'arte dell'Ottocento in Umbria-2006''</ref>
 
Il palazzo fu definito nel 1822 da Serafino Siepi "assai vasto e magnifico palazzo"<ref name="Siepi 1822, II, p. 475">Siepi 1822, II, p. 475.</ref> e veniva segnalato agli occhi dei contemporanei per ospitare al suo interno una ricca biblioteca e una prestigiosa quadreria. Dall'''Inventario dei beni appartenuti al Barone Fabrizio della Penna'', stilato nel 1838 dal notaio Giacomo Antonini sulla base di accurate perizie, risulta che la biblioteca constava di 1994 opere, di cui si offriva una dettagliata descrizione bibliografica comprensiva del valore complessivo della collezione<ref>Belloni 1999, p. 69, nota 19.</ref>. Massimo fu l'apprezzamento mostrato da Siepi anche in merito alla quadreria, definita "preziosa collezione di pitture pregevolissime e la più copiosa di quante altre ne esistono in Perugia". Il nucleo iniziale della raccolta prese avvio alla metà del Seicento per iniziativa di Ascanio della Penna (1607-1664), il cui raffinato gusto collezionistico fu favorito dallo studio delle belle arti, coltivate una volta entrato al servizio dei [[Granduchi di Toscana]] in qualità di paggio, e dalla frequentazione con il pittore napoletano [[Salvatore Rosa]], del quale possedeva diversi dipinti.
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In continuità con la sua storia, oggi il palazzo è sede del [[Museo di Palazzo Della Penna|Museo civico di Palazzo Della Penna]], che ospita al suo interno due importanti collezioni permanenti legate alla storia della città. Passando tra i resti dell'anfiteatro romano si incontra la prima collezione: ''Dottori e i Futuristi Umbri'' dove è possibile ammirare una vasta raccolta delle opere del pittore  [[Futurismo|futurista]] [[Gerardo Dottori]] (Perugia, 11 novembre 1884 - 13 giugno 1977) dagli esordi accademici, attraverso le sperimentazioni [[Divisionismo|divisioniste]], fino alle più note opere [[Aeropittura|aereo-pittoriche]] e di [[Arte Sacra Futurista]].
 
Dalla scala elicoidale di Franco Minissi si scende a piano terra alla sezione "Beuys a Perugia", la grande sala voltata  ospita “Opera Unica”: sei lavagne eseguite dall’artista tedesco  [[Joseph Beuys]] , già negli anni ‘70 ispiratore del movimento de Idei Verdi in Germania. Le lavagne sono corredate dalla mostra documentaria del  suo passaggio a Perugia  nel 1980. Le opere sono una sintesi delle sue  teorie sull'arte  in rapporto alla  natura e alla società; furono  realizzate e poi illustrate durante la [[Performance art|performance]] promossa dal critico d'arte Italo Tomassoni, nella Sala Cannoniera della [[Rocca Paolina]] il 3 aprile 1980 , che vide l'incontro tra l'artista tedesco e l'italiano [[Alberto Burri]], di cui in città è un'altra importante opera  contemporanea: il ''[[Grande Nero]]'' , donata al Comune di Perugia  nel 1984, per essere  esposta in permanenza  alla Rocca Paolina.
 
All'interno del museo sono ospitate mostre temporanee, prevalentemente dedicate all'arte contemporanea, alla fotografia e alla recente storia artistica e culturale della città.  Il complesso ospita altre opere di artisti contemporanei, tra cui tre sculture polimateriche di [[Brajo Fuso]]  (Perugia, 21 febbraio 1899 – Perugia, 30 dicembre 1980) appartenenti alla serie degli ''Elleni'' (1965) collocate  nel cortile interno.  B. Fuso fu  l’ artista perugino anticipatore dell'[[Arte povera]], definita dal suo amico francese  [[André Verdet.|André Verdet.,]] Débrisart o Arte del Rottamerottame.
 
Il cortile del palazzo è caratterizzato da una monumentale scala elicoidale che unisce tre livelli dell'edificio, progettata dall'architetto Franco Minissi (Viterbo, 12 marzo 1919 – Bracciano, 25 agosto 1996) negli anni Ottanta del novecento.
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In omaggio al poeta perugino Paolo Vinti , nell’atrio è l’installazione: “Io sono  Paolo Vinti” (2011),  di Daniele Pampanelli, due cravatte su specchio a significare che ognuno specchiandosi per un attimo può identificarsi in Paolo Vinti.
 
L’8 marzo 2019 è stata collocata un’altra opera  contemporanea bronzea dal titolo “senza catene”, eseguita  dagli studenti del liceo Artistico perugino Bernardino Di Betto. Una donna dai morbidi lineamenti, è seduta su una panchina rossa, cinta soltanto da una fascia dorata sui seni.    Come  molte installazioni di panchine rosse, idealmente occupate da presenze invisibili,  è posta per  non dimenticare le tante donne che hanno perso la vita , vittime di violenza . I suoi colori sono il rosso e l' oroioro, Il rosso come sempre richiama alla violenza, ema allo stesso tempo alla lotta per ilun ritorno all'età dell'oro, dove trionfitrionferà finalmente l'armonia.
 
Come in tutti i musei moderni, concepiti come luoghi conviviali, è presente un punto ristoro .