Battaglia di Milazzo (260 a.C.): differenze tra le versioni

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La sconfitta di Roma in questa prima battaglia fu dettata dalla sua inesperienza nel settore navale, dove Cartagine era cosciente della propria superiorità.
 
== L'arma segreta ==
Ciao
Rimasti senza un console, i Romani inviarono messaggi all'altro, [[Gaio Duilio]], che comandava le forze terrestri. Nel frattempo cominciò la preparazione della flotta per sostenere l'attacco di quella cartaginese che si sapeva essere in movimento; i Romani, resisi rapidamente conto dell'inferiorità operativa nelle manovre navali e nella guerra per mare in genere, elaborarono quella che oggi sarebbe definita un'[[arma segreta]]: il [[corvo (arma)|corvo]].
 
La vera natura di tale strumento è in discussione fra gli storici. Secondo lo storico greco [[Polibio]], che scriveva circa un secolo più tardi, il corvo era costituito da: un palo cilindrico posto a prua della nave, avente una lunghezza di quattro [[orgyia|orgyie]] e un diametro di tre [[palmo (unità di misura)|palmi]]. Qui veniva inchiodata una scala a tavole trasversali larga quattro [[piede romano|piedi]] e lunga sei orgyie. La scala aveva ai lati un parapetto alto fino al ginocchio. Sulla punta era installato una sorta di pestello di ferro appuntito con un anello in cima, sicché l'insieme sembrava del tutto simile ai macchinari per la preparazione del pane. Una corda attaccata all'anello permetteva di sollevare il corvo che, se lasciato cadere, si piantava sul tavolato della nave avversaria rendendo impossibile la separazione delle navi.
 
In pratica il corvo era una passerella che fissata alla nave avversaria, permetteva a soldati abituati a combattere sulla terraferma di passare da una nave all'altra senza evoluzioni sulle funi e quindi di combattere come erano addestrati a fare. Se le navi restavano accostate ai fianchi l'abbordaggio era generale, se invece si attaccava la prua, il corvo permetteva l'attacco dei fanti su due file. I primi assaltatori riparavano loro stessi e i compagni tenendo gli scudi davanti a loro, quelli che seguivano, sempre con gli scudi, proteggevano i fianchi.
Si deve citare, a margine, il fatto che qualcuno (Sordi) mette in dubbio l'esistenza dei corvi attribuendone l'invenzione al comandante cartaginese Annibale Giscone quale giustificazione della sconfitta. Vista l'abitudine cartaginese di crocifiggere i generali sconfitti (fine che toccherà anche a lui dopo la sconfitta alla [[battaglia di Sulci]]) si può credere che il pericolo avrebbe "aguzzato l'ingegno" di Annibale. Per contro almeno un tremendo naufragio di una flotta romana è stato attribuito proprio alle difficoltà di manovra delle navi appesantite dai corvi il cui uso è stato in breve abbandonato.
 
== La battaglia ==