Principato di Monaco: differenze tra le versioni

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Dopo la presenza dei [[Fenici]], il territorio monegasco subì la conquista dei [[Grecia antica|Greci]], che lo chiamarono ''Monoïkos'' (Μόνοικος), dando origine al toponimo "Monaco".<ref>L. H. Labonde, Histoire de la Principauté de Monaco, Parigi, 1934</ref> In seguito tale nome fu latinizzato in ''Portus Herculis Monœci'' dai [[Civiltà romana|Romani]], che si insediarono stabilmente in tutta l'[[Alpi Marittime (provincia romana)|area circostante]] nel [[122 a.C.]], come testimonia anche il ''[[Trofeo delle Alpi|Thropheum Alpium]]'', fatto erigere dall'imperatore [[Augusto]] nel vicino comune francese di [[La Turbie]].
 
Il territorio ha fatto da sempre parte della [[Liguria]] sotto l'[[Impero Romano]], nel [[Regno longobardo]] e nel [[Regno d'Italia (781-1014)]] formatosi con [[Carlo Magno]].
 
Fin dall'epoca [[longobardi|longobarda]] vi operavano i monaci [[Ordine di San Colombano|colombaniani]] della potente [[Abbazia di San Colombano|abbazia di San Colombano di Bobbio]], attivissimo centro di evangelizzazione e di rinascita agricola sotto la protezione del Papa. Essi a partire dal vasto [[Feudo monastico di Bobbio|feudo reale ed imperiale monastico]]<ref>Valeria Polonio Felloni ''Il monastero di San Colombano di Bobbio dalla fondazione all'epoca carolingia''</ref><ref>Eleonora Destefanis ''Il Monastero Di Bobbio in Eta Altomedievale''</ref><ref>C. Cipolla - G. Buzzi ''Codice Diplomatico del Monastero di S. Colombano di Bobbio fino all'anno MCCVIII'' - Volumi I-II-III, in Fonti per la Storia d'Italia, Tipografia del Senato, Roma 1918</ref>, di cui facevano parte l'[[Borgo San Dalmazzo|abbazia di San Dalmazzo di Pedona]] presente nell'opera di evangelizzazione fra il territorio piemontese e la marittima ligure di ponente, specie con i possedimenti di [[Tenda (Francia)|Tenda]] e nelle valli del [[Val Roia|Roja]], [[Lantosque|Lantosca]], della [[Vesubia]], della [[Tinea]] e del [[Varo (fiume)|Varo]], anche in raccordo e collaborazione con l'[[Abbazia di Lerino]], che accogliendo la regola benedettina di San Colombano, aveva avuto la possibilità di diffondersi in tutta la [[Costa Azzurra]], a [[Hyères]] e le [[Isole di Hyères|sue isole]] vicino a [[Tolone]], [[Saint-Tropez]], [[Cannes]] e le [[Isole di Lerino|sue isole]], [[Nizza]], Monaco, [[Mentone]], e in seguito anche a [[Ventimiglia]] e nel [[Ponente ligure]]. Diedero impulso all'agricoltura con il recupero di aree incolte o abbandonate, le bonifiche e le migliorie agronomiche, con il recupero e la diffusione di oliveti (fra cui la cultivar di [[oliva taggiasca]]), vigneti, castagneti, mulini, frantoi, ecc. I monaci diedero, inoltre, un notevole apporto alimentare grazie agli allevamenti e alla [[conservazione degli alimenti]], proteine e grassi, come [[Olio alimentare|olio]], [[burro]], [[formaggi]], [[salumi]], grazie a [[sale]] e [[spezie]]; inoltre si adoperarono per la riapertura delle vie commerciali e delle [[vie del sale]] e il commercio dalla marittima ligure lungo le valli alpine ed appenniniche verso il piemonte e con gli altri monasteri fondati nei territori liguri con scambi di merci varie come olio, sale, legname, carne, ecc.
 
Fra il VII e VIII secolo vi furono numerose fondazioni, l'abbazia di San Martino dell'[[Isola Gallinara]] di [[Albenga]], che ebbe possedimenti in Italia, in [[Catalogna]] e [[Barcellona]], in [[Provenza]] specie nella zona di [[Fréjus (comune francese)|Fréjus]] (fra cui la [[Cattedrale di Fréjus|chiesa di San Leonzio]])<ref>L.T. Belgrano e A. Neri, [https://books.google.it/books?id=OPwno5DoVbAC&pg=PA236&lpg=PA236&dq=monastero+san+martino+isola+gallinaria+provenza+frejus&source=bl&ots=VMs5rCYSAU&sig=ACfU3U3NXkxTEKLXNtj0a0hODxj5xxWEwg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjF6ZW56KHpAhXySRUIHQEhCXYQ6AEwAXoECAoQAQ#v=onepage&q=monastero%20san%20martino%20isola%20gallinaria%20provenza%20frejus&f=false ''Giornale ligustico di archeologia, storia e letteratura''], Anno X - Fascicolo I, Genova, gennaio 1883, p. 236</ref> e in [[Corsica]]<ref>Luciano L. Calzamiglia, ''L'isola Gallinaria e il suo monastero'', Dominici Editore, Imperia 1992, p. 50-51</ref>, il [[Santo Stefano al Mare|monastero di Villaregia di Santo Stefano al Mare]], l'[[Chiesa di Nostra Signora del Canneto|abbazia di Nostra Signora del Canneto di Taggia]], e a [[Nizza]] fra il VII e VIII secolo il [[monastero di Cimiez]] cui dipendeva la giurisdizione del territorio monegasco, che dopo il danneggiamento da parte dei saraceni venne ricostruito dai monaci dell'abbazia di Saint-Pons di Nizza fondata dai monaci di Lerino verso la fine del VIII secolo ed a cui passera nel [[1075]] la giurisdizione territoriale, assieme all'antica chiesa di [[Santa Devota]] di [[Les Gaumates]] (oggi [[La Condamine (Monaco)|La Condamine]]).
 
Nel [[IX secolo]] si fecero pressanti e distruttive le incursioni, le razzie e distruzioni da parte dei [[Saraceni]] che verso il [[X secolo]] occuparono launa parte della Provenza stabilendo una base operativa fortificata a [[Frassineto]] (oggi [[la Garde-Freinet]], presso [[Saint-Tropez]]) da cui muovere incursioni in un'ampia area marittima da Marsiglia a Genova e nell'entroterra provenzale, nizzardo, ligure e piemontese, con ampie distruzioni di intere città, abitazioni, chiese e monasteri. A causa delle incursioni saracene, i resti di Santa Devota furono messi in salvo nel monastero di [[Cimiez]] a(oggi nel comune di [[Nizza,]]); scampato il pericolo di profanazione, ritornarono nuovamente nella sua chiesa. Nel [[941]] la flotta [[bizantina]] distrusse quella frassinetana, e; nel [[973]] si ebbe la [[battaglia di Tourtour]] con la successiva distruzzionedistruzione di Frassineto, combattuta dalle forze congiunte di liguri e provenzali organizzate dal conte [[Guglielmo I di Provenza]] con l'aiuto del marchese di Torino [[Arduino il Glabro]], e col sostegno didel [[Papa Giovanni XIII]] e dell'imperatore [[Ottone I di Sassonia]], che pose fine definitivamente alle razzie e all'occupazione saracena in Provenza.
 
Frammentarie sono le notizie nell'[[Alto Medioevo]]; se ne ha cenno in un diploma imperiale di [[Federico I Barbarossa]], che nel [[1162]] concesse ai mercanti genovesi di servirsi del territorio monegasco per incrementare i loro traffici commerciali. Nel 1215, a guardia dello [[Porto|scalo portuale]], i mercanti di fazione [[Ghibellini|ghibellina]] edificarono il primo nucleo della fortezza sulla rocca, sede dell'attuale [[Palazzo dei Principi di Monaco|Palazzo dei Principi]]. Presto i contrasti fra le fazioni dei [[guelfi e ghibellini]] della vicina [[Repubblica di Genova]] aumentarono; pertanto l'indipendenza del territorio si fa risalire alla data convenzionale dell'8 gennaio [[1297]], quando, il [[guelfi|guelfo]] [[Francesco Grimaldi di Monaco|Francesco Grimaldi]], detto ''Malizia'', s'impadronì del castello con uno stratagemma: egli si introdusse nella fortezza travestito da [[monachesimo|monaco]] e, al momento opportuno, con l'ausilio del cugino [[Ranieri I di Monaco|Ranieri I]], [[signore]] di [[Cagnes]], ne assunse il controllo con il titolo di ''[[Signoria feudale|Signore]]''.
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[[File:Italia 1796-es.svg|thumb|left|Monaco circondato dai territori della [[Repubblica di Genova]], [[1796]]]]
Circondato per decenni dalle dispute territoriali tra [[Regno di Francia]], [[Regno di Spagna]] e [[Ducato di Savoia]], il territorio monegasco era più esteso di quello attuale. e, nelNel [[1794]], sull'onda dei moti [[Rivoluzione francese|rivoluzionari]], il Principato di Monaco venne annesso alla [[Repubblica francese|Francia repubblicana]]. Fu soltanto nel periodo della [[Restaurazione]] che il Principato ottenne nuovamente la propria indipendenza con il sostegno dei [[Casa Savoia|Savoia]]. Fino alla metà dell'[[Ottocento]], il Principato di Monaco comprese anche i vicini comuni di [[Mentone]] e [[Roquebrune-Cap-Martin|Roccabruna]], confinando su tre lati con la [[Provincia di Nizza (1859)|provincia di Nizza]] del [[Regno di Sardegna (1720-1861)|Regno di Sardegna]].
 
[[File:Mentan Ròcabruna e Mónegue.png|thumb|Mappa del Principato di Monaco fino al [[1848]]]]