Giuseppe Pitrè: differenze tra le versioni

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Giuseppe Pitrè nacque a [[Palermo]] in via Collegio di Maria al borgo (dove al numero civico 83 una lapide lo ricorda) il 22 dicembre [[1841]], da famiglia umile (il padre, marinaio, era morto di febbre gialla a [[New Orleans]]). Giovanissimo prese parte nel [[1860]] all'[[spedizione dei Mille|impresa di Garibaldi in Sicilia]] nelle file della [[Esercito meridionale|Marina garibaldina]].<ref>Seguiamo soprattutto: Fabio Dei, "Pitrè, Giuseppe", ''Dizionario Biografico degli Italiani'', Volume 84, Anno 2015.</ref> Nonostante le ristrettezze economiche, la madre riuscì dapprima a fargli conseguire il diploma liceale in studi classici presso un istituto dei [[Compagnia di Gesù|gesuiti]] di Palermo, quindi la laurea in [[medicina]] e [[chirurgia]] all'[[Università di Palermo]] nel 1865.
 
Dopo un breve periodo di insegnamento nei licei, esercitò come medico per l'intera vita, venendo così a contatto con i ceti popolari più umili, col mondo dei marinai e dei contadini. Tra di essi, spinto dalla passione per gli studi storici e filologici (che iniziò già quand'era studente, con la pubblicazione della sua prima opera compiuta ''Profili biografici di contemporanei italiani'' del 1864), raccolse i ''Canti popolari siciliani'' attinti anche dalla voce della madre che egli dice “''era la mia biblioteca delle tradizioni popolari siciliane''”, dedicandole appunto questa sua prima opera. Il suddetto lavoro confluì poi, tra il [[1870|'70]] e il [[1871|'71]], nei due volumi di quella monumentale ''[[Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane]]'' pubblicata in venticinque volumi fra il 1871 e il [[1913]]. Tale opera, la più importante della sua produzione e su cui lavorò per quasi quarant'anni, comprendente tra l'altro canti d'amore, di protesta (legati alle stagioni e alle varie culture), giochi, proverbi, motti e scongiuri, indovinelli, fiabe, spettacoli, feste, ricette di medicina popolare, leggende, cartelli, pasquinate, usi nuziali, nonché costumi, usanze, consuetudini e tradizioni della famiglia, della casa e della vita del popolo siciliano, costituì il primo trattato completo – dal punto di vista sia etnografico che etnologico – su tutte le manifestazioni del folclore siciliano.<ref>{{Cita libro |autore= [[Angelo De Gubernatis]] |titolo= Dizionario biografico degli scrittori contemporanei |città= Firenze |editore= Felice Le Monnier |anno= 1879 |pagina= 823 |sbn= IT\ICCU\NAP\0040396}}</ref>
 
Nel 1877, si sposò con Francesca Vitrano, che gli diede tre figli: Maria (nata nel 1878), Rosina (nata nel 1885) e Salvatore (nato nel 1887). Ma la morte prematura degli ultimi due (Rosina deceduta nel [[terremoto di Messina del 1908]], e Salvatore morto per un avvelenamento da cibo), procurarono al Pitrè grande dolore e sofferenza negli ultimi anni della sua vita.
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Come sostenne [[Giuseppe Cocchiara|Cocchiara]], la vasta opera del Pitrè, che diede il via alla [[museografia|museografia scientifica]] ed agli studi di [[cultura materiale]], oltre a rimanere un esempio impareggiabile di raccolta e sistemazione, nonché una base precipua per i successivi studi folclorici, presenta due aspetti principali, uno storico e l'altro "poetico", rivelando tra l'altro «un'umanità viva e vibrante» ragion per la quale egli era convinto fosse giunto il momento di studiare con rigore, amore e pazienza le memorie e le tradizioni popolari, per custodirle e tramandarle. Da tutto ciò, nel 1910 venne aperto il primo [[Museo etnografico siciliano Giuseppe Pitrè|museo etnografico]] siciliano (ed uno dei primi del territorio nazionale), dove raccogliere, catalogare e sistemare tutti i materiali e gli oggetti frutto delle sue pazienti ricerche in Sicilia, in una sede dapprima non molto ampia, ma poi allargata e ristrutturata nel 1935 per volere di Cocchiara, museo che oggi porta il suo nome ed è ospitato nelle ex-stalle della [[Palazzina Cinese]], all'interno del [[Parco della Favorita]] di Palermo.
 
Sempre nel 1910, il Pitrè fu chiamato ad insegnare ''demopsicologia'' (come lui era solito chiamare il [[folclore]]<ref>L'ostinazione del Pitrè nell'uso di tale neologismo, ispirato dai nuovi indirizzi di antropologia sociale ed evolutivaevoluzionistica del nord-europa, ma mai accettato dal Ministero dell'Istruzione italiano, gli precluse l'avanzamento nella carriera accademica, in particolare il conseguimento dell'ordinariato; cfr. Fabio Dei, ''cit.''</ref>) all'[[Università degli Studi di Palermo|Università di Palermo]], quando già aveva acquisito solida notorietà e numerosi apprezzamenti in Italia e all'estero, prima cattedra italiana del genere il cui insegnamento era sempre più orientato verso l'indirizzo [[Evoluzionismo (scienze etno-antropologiche)|evoluzionistico]]. Innamorato della sua terra e della sua città natale, scrisse anche ''Palermo cento e più anni fa'', prezioso e introvabile volume, nonché dei saggi su [[Giovanni Meli|Meli]], su [[Johann Wolfgang von Goethe|Goethe]] a Palermo, e sulla ''[[Divina Commedia]]'', raccogliendo a tal proposito novelle popolari toscane.
 
Per i suoi meriti e la sua fama, fu nominato Senatore del Regno d'Italia il 30 dicembre del 1914, quando anche in [[Stati Uniti d'America|America]] venivano tradotte e pubblicate le sue opere per le Edizioni Crane, soprattutto proverbi e fiabe, le cui radici comuni a tanti popoli egli aveva individuato ed esaltato, rimarcando, in una lettera a [[Ernesto Monaci]], la loro ricchezza linguistica con queste parole: «Che bellezza, amico mio! Bisogna capire e sentire il dialetto siciliano per capire e sentire la squisitezza delle fiabe che sono riuscito a cogliere di bocca ad una tra le mie varie narratrici». Altrettanto belle le pagine dedicate alle storie dì [[Giufà]], personaggio della tradizione popolare siciliana.