Fallacia naturalistica: differenze tra le versioni

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Con '''fallacia naturalistica''', in [[filosofia del diritto]] e nell'[[etica]], si indica il vizio di ragionamento, commesso dai teorici [[giusnaturalismo|naturalisti]] e biasimato dai [[Divisionismo (diritto)|divisionisti]], di derivare prescrizioni da descrizioni.
 
L'espressione si trova per la prima volta nei ''[[Principia Ethica]]'', opera pubblicata nel [[1903]] dal filosofo inglese [[George Edward Moore]].<ref>Capitolo I, § 10. I primi quattro capitoli sono dedicati ad una discussione della fallacia.</ref>

== Descrizione ==
Secondo questiMoore, il concetto di ''buono'' che sta alla base del discorso morale è una nozione semplice e non può essere ulteriormente definita. Quando si ha la pretesa di identificarlo con una qualche proprietà naturale, come ad esempio l'utile o il piacevole, si cade nella fallacia naturalistica, che comprende sia le teorie etiche naturalistiche che le teorie etiche metafisiche. La confutazione della teoria naturalista poggia su due presupposti:
 
* [[semiotica|Semiotico]]; la distinzione tra i discorsi [[descrizione|descrittivi]] (indicativi) e quelli [[prescrizione|prescrittivi]] (direttivi). Tale tesi è detta anche ''Grande Divisione''.
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== Voci correlate ==
*[[Divisionismo (diritto)]]
*[[Giusnaturalismo]]
*[[Legge di Hume]]