Teutoburgo (romanzo): differenze tra le versioni

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[[3 a.C.]] Durante una loro scampagnata, Armin e Wulf, figli del re cherusco Sigmer, vengono catturati da una pattuglia romana, e su pressione del padre, sono obbligati ad accettare la loro condizione di ostaggi e la sovranità e il servizio di Roma. Assegnati alla guida di Marco Celio Tauro, un centurione della XVIII Legione Augusta, i due impareranno presto anche la politica romana in tutto il mondo, adottandone la lingua, le abitudini e i costumi, e cambieranno in Arminius e Flavus. Facendosi strada nelle file militari, i due diventeranno persino cittadini romani e notevoli guerrieri, stimati persino dal ''princeps'' [[Augusto]]. Un giorno, Arminio, usando le sue conoscenze della nave a cui è assegnato durante i preparativi della rievocazione della [[battaglia di Azio]], salva il ''princeps'' da una assassinio che si rivela essere parte di una congiura ai suoi danni. Augusto lo premia nominandolo comandante di tutto il corpo degli ausiliari germanici e prefetto della cavalleria, e condanna la figlia Giulia, anche se non per la congiura ma per i malcostumi sessuali, all'esilio nell'isola di [[Pandataria]], dove la madre [[Scribonia]] la seguirà volentieri.
 
Con questa nuova carica, Arminio viene assegnato al comando di [[Tiberio]], figlio adottivo di Augusto, sotto il quale egli combatterà una campagna in Germania, contro altri popoli germanici. Il suo però è un obbligo verso Roma, non una sua completa volontà, e una volta ricongiuntosi col padre, con la madre e con lo zio, riesce a riaccendere in pieno la sua natura da guerriero germanico, e dopo la morte del padre, a cui egli subentra come capo dei Cherusci, il giovane, nel mentre chelavora egliper federaunire le tribù germaniche, ''in primis'' quelle sotto l'occupazione romana, si mantiene apparentemente fedele allea legioniRoma, tanto che [[Publio Quintilio Varo]], che sostituisce Tiberio impegnato nella Pannonia, lo promuoverà a suo consigliere militare, e intanto riesce anche a sposare [[Thusnelda]], la sua promessa sposa. Infine, a venticinque anni, Arminio attira i Romani di Varo in un'imboscata a [[Teutoburgo]], a capo di una coalizione formata da Cherusci, [[Marsi (Germani)|Marsi]], [[Catti]] e [[Bructeri]], e grazie alle tattiche militari imparate al servizio di Roma, compresa anche quelle della [[battaglia di Carre]], le legioni XVII, XVIII e XIX vengono completamente distrutte; nel fragore del terzo e ultimo giorno, Varo si suicida, mentre Tauro muore in duello contro lo stesso Armin.
 
Dopo questa battaglia, però, inizia la caduta di Armin, che sperava in una Germania libera: [[Germanico Giulio Cesare|Germanico]] sostituisce Varo come comandante della Germania, infligge ad Arminio ben due gravi sconfitte e recupera le insegne militari di due delle tre legioni distrutte. Come se non bastasse, Thusnelda e il figlio [[Tumelico|Thumlich]], il figlio di Armin avuto da quest'ultima, cadono in mano ai romani con la complicità di [[Segeste|Seghest]], il padre della donna, che ha creduto che Armin gli avesse preso la figlia con la forza. La campagna di Germanico dura due anni, dal [[14]] al [[16]], e termina quando [[Tiberio]], imperatore succeduto ad Augusto, lo manda in Oriente. Arminio sconfigge allora [[Maroboduo]], re dei [[Marcomanni]] federati di Roma e stanziatisi nell'odierna [[Boemia]], costringendolo a rifugiarsi a Ravenna e a chiedere asilo all'imperatore. Questa sarà la sua ultima vittoria: il [[19]], a trentasette anni, Arminio viene assalito e ferito a morte dalle sue guardie, comandate da Herwist, vendutesi a Roma perché temevano il suo crescente potere, e nonostante intervenga il fratello Wulf (il quale al contrario del fratello si era invece sempre mostrato fedele a Roma), muore comunque tra le sue braccia al ritorno a casa, e viene così cremato. Anni dopo, durante i quali anche Thusnelda muore, Flavus, divenuto ormai cittadino romano a tutti gli effetti e passati i più alti gradi dell'esercito, raggiunge infine il nipote Tumlich e gli porge le ceneri del di lui padre, per poi sparire per sempre a cavallo di Borr, il fido destriero di Arminio.