Caduta del fascismo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
PGS 1984 (discussione | contributi)
PGS 1984 (discussione | contributi)
Riga 52:
 
=== L'incontro di Feltre tra Hitler e Mussolini ===
[[File:Ss rapporto himmler pre odg grandi.jpg|thumb|Una settimana prima della riunione del Gran Consiglio, e due giorni prima dell'incontro detto di [[Feltre]] (ma tenutosi in realtà a San Fermo, frazione di Belluno) fra Mussolini e [[Hitler]], [[Heinrich Himmler]] riceveva un'informativa che anticipava le manovre in corso per deporre il Duce e sostituirlo con [[Pietro Badoglio]]<ref>[[Mimmo Franzinelli]], ''Guerra di spie'', Mondadori, 2004 - ed. collana "Oscar", ISBN 88-04-55973-X, pag. 293</ref>. Il documento fa ripetuto riferimento al re [[Vittorio Emanuele III]] e alla [[massoneria]].|sinistra]]
Il crollo dell'esercito in Sicilia in pochi giorni e l'incapacità di resistere resero chiaro che l'invasione del territorio italiano sarebbe stata inevitabile senza un massiccio aiuto tedesco. Mussolini scrisse a Hitler per chiedergli un incontro dove poter discutere dell'allarmante situazione bellica italiana, ma la lettera non fu mai recapitata; il [[Führer]], che riceveva quotidianamente dettagliate informazioni e dossier dal suo ambasciatore in Vaticano e agente di [[Heinrich Himmler|Himmler]], [[Eugen Dollmann]], ed era preoccupato sia dell'apatia del Duce sia della cogente catastrofe militare in Italia, chiese egli stesso di incontrarlo il prima possibile.
Riga 62:
 
=== Il piano di Grandi e quello di Vittorio Emanuele III ===
Lo stesso giorno, Grandi decise di passare all'azione. Con le strade e le ferrovie danneggiate dai bombardamenti, lasciò Bologna portando con sé la prima bozza del suo Ordine del Giorno, da presentare al Gran Consiglio. Raggiunse Roma solo il giorno dopo, e il mattino del 21 incontrò Scorza, che gli disse che Mussolini aveva deciso di convocare la seduta. Iniziava quel «gioco grosso» che Grandi vanamente andava cercando di realizzare fino ad allora.
 
Dopo il fallimento dell'incontro di Feltre e il primo bombardamento di Roma, la crisi ebbe un'accelerazione. Il giorno dopo, 20 luglio, Mussolini incontrò Ambrosio due volte: durante la seconda visita, di sera, il Duce gli disse che aveva deciso di scrivere a Hitler confessando la necessità dell'Italia di abbandonare l'alleanza con la Germania. Ancora furente per l'opportunità persa di fare ciò a Feltre, Ambrosio, indignato, gli offrì le proprie dimissioni, cosa che Mussolini rigettò. Per Ambrosio, Mussolini era diventato inutile dopo Feltre: decise di attuare il piano per rovesciare il governo e il comando delle forze armate.
 
Al contempo, Grandi e [[Luigi Federzoni]], leader nazionalista e suo stretto alleato, fecero dei sondaggi per scoprire quanti tra i 27 membri del Gran Consiglio avrebbero votato il suo documento. Stimarono che quattro erano a favore, sette contrari e sedici indecisi. Il problema di Grandi era che non poteva rivelare agli altri le concrete conseguenze dell'approvazione del suo OdG: la rimozione di Mussolini, la fine del Partito Fascista, e la guerra alla Germania. Solo un paio di gerarchi possedevano l'intelligenza politica per comprenderne la portata: gli altri ancora speravano che il loro Duce, che aveva deciso per loro negli ultimi ventun anni, avrebbe prodotto un miracolo.
 
Di conseguenza, Grandi scrisse il proprio OdG in termini vaghi, lasciando a ognuno la sua libera interpretazione.
{{Approfondimento
|allineamento = destra
Line 77 ⟶ 70:
La parte originaria dell'ordine del giorno sui poteri del Gran Consiglio, poi rimossa, dimostrava che il massimo collegio del fascismo aveva il potere legale di deporre Mussolini. Secondo i costituzionalisti, le ''leggi fascistissime'' del 1925 avevano torto la Costituzione, ma non l'avevano obliata.
 
A causa di queste leggi, il Duce comandava sul Paese per conto del Re, che rimaneva sempre la fonte del potere esecutivo. Tenuto conto di ciò, se il Gran Consiglio, trait d'union tra il Fascismo e lo Stato, passava una mozione di sfiducia al dittatore, il Re era legittimamente titolato a rimuoverlo e a nominare un successore per un nuovo Governo.
}}
Lo stesso giorno, Grandi decise di passare all'azione. Con le strade e le ferrovie danneggiate dai bombardamenti, lasciò Bologna portando con sé la prima bozza del suo Ordine del Giorno, da presentare al Gran Consiglio. Raggiunse Roma solo il giorno dopo, e il mattino del 21 incontrò Scorza, che gli disse che Mussolini aveva deciso di convocare la seduta. Iniziava quel «gioco grosso» che Grandi vanamente andava cercando di realizzare fino ad allora.
 
Dopo il fallimento dell'incontro di Feltre e il primo bombardamento di Roma, la crisi ebbe un'accelerazione. Il giorno dopo, 20 luglio, Mussolini incontrò Ambrosio due volte: durante la seconda visita, di sera, il Duce gli disse che aveva deciso di scrivere a Hitler confessando la necessità dell'Italia di abbandonare l'alleanza con la Germania. Ancora furente per l'opportunità persa di fare ciò a Feltre, Ambrosio, indignato, gli offrì le proprie dimissioni, cosa che Mussolini rigettò. Per Ambrosio, Mussolini era diventato inutile dopo Feltre: decise di attuare il piano per rovesciare il governo e il comando delle forze armate.
 
Al contempo, Grandi e [[Luigi Federzoni]], leader nazionalista e suo stretto alleato, fecero dei sondaggi per scoprire quanti tra i 27 membri del Gran Consiglio avrebbero votato il suo documento. Stimarono che quattro erano a favore, sette contrari e sedici indecisi. Il problema di Grandi era che non poteva rivelare agli altri le concrete conseguenze dell'approvazione del suo OdG: la rimozione di Mussolini, la fine del Partito Fascista, e la guerra alla Germania. Solo un paio di gerarchi possedevano l'intelligenza politica per comprenderne la portata: gli altri ancora speravano che il loro Duce, che aveva deciso per loro negli ultimi ventun anni, avrebbe prodotto un miracolo.
 
Di conseguenza, Grandi scrisse il proprio OdG in termini vaghi, lasciando a ognuno la sua libera interpretazione.
 
Per Grandi l'approvazione del suo OdG era il grimaldello che il Re attendeva per agire. Il 21 luglio Mussolini ordinò a Scorza di convocare la seduta del Gran Consiglio per la sera di sabato 24<ref>Mussolini disse: «Ebbene, convocherò il Gran Consiglio. Si dirà in campo nemico che si è radunato per discutere la capitolazione. Ma l'adunerò»</ref>: Scorza mandò gli inviti il giorno dopo. Una postilla prescriveva l'abbigliamento richiesto: «Divisa fascista, sahariana nera, pantaloni corti grigioverdi: VINCERE». Nel tardo pomeriggio di quel giorno Grandi andò da Scorza e gli spiegò il suo OdG: sorprendentemente, il segretario di Partito disse che l'avrebbe sostenuto. Scorza chiese a Grandi una copia del documento, ma il mattino successivo il presidente della Camera dei Fasci incontrò Mussolini e glielo mostrò di propria iniziativa. Il Duce disse che il suo OdG era inammissibile e codardo. Successivamente, Scorza preparò un suo OdG, che sembrava simile a quello di Grandi, nel quale chiedeva la concentrazione del potere al Partito Fascista.
 
Line 90 ⟶ 91:
 
== Eventi del 24-25 luglio 1943 ==
=== La notte del Gran Consiglio ===
Alle 17:00 del 24 luglio 1943 i 28 membri del Gran Consiglio del Fascismo si incontrarono attorno a un massiccio tavolo a forma di U nella "Stanza del pappagallo" di Palazzo Venezia. I consiglieri erano tutti in uniforme fascista con sahariana nera. Il posto di Mussolini era un'alta sedia, e il suo tavolo era decorato con un drappo rosso coi fasci. Per la prima volta nella storia del Gran Consiglio, né le guardie del corpo di Mussolini - i [[Moschettieri del Duce]] - né un distaccamento dei battaglioni "M" erano presenti nel massiccio palazzo rinascimentale. Il segretario del [[Partito Nazionale Fascista]] [[Carlo Scorza]] effettuò l'appello. Grandi richiese a Scorza la presenza di uno stenografo, ma Mussolini si oppose; ufficialmente<ref>Le citazioni che seguono provengono da un resoconto che venne scritto il mattino seguente a casa di Federzoni dallo stesso Federzoni insieme a Bottai, Bastianini e Bignardi, i quali si basarono sulle note prese durante la seduta. Cfr. Dino Grandi, ''Il 25 Luglio 40 anni dopo'', Il Mulino, Bologna, 1983, p. 249.</ref> nessun verbale fu redatto<ref>Così sostiene Dino Grandi, ''Il 25 Luglio 40 anni dopo'', Il Mulino, Bologna, 1983, p. 249.</ref>.
 
Di sicuro, Mussolini iniziò a parlare per primo, riassunse la situazione bellica e poi trasse le sue conclusioni:
{{citazione|Ora il problema si pone. Guerra o pace? Resa a discrezione o resistenza a oltranza?... Dichiaro nettamente che l'Inghilterra non fa la guerra al fascismo, ma all'Italia. L'Inghilterra vuole un secolo innanzi a sé, per assicurarsi i suoi cinque pasti. Vuole occupare l'Italia, tenerla occupata. E poi noi siamo legati ai patti. [[Pacta sunt servanda]].|Mussolini al termine del discorso introduttivo nella seduta del Gran Consiglio}}
 
Poi Grandi illustrò il suo ordine del giorno con il quale chiedeva in sostanza il ripristino "di tutte le funzioni statali" e invitava il Duce a restituire il comando delle forze armate al re. Presero la parola alcuni gerarchi, ma non per affrontare gli argomenti degli O.d.G., bensì per fare chiarimenti o precisazioni. Si attendeva un intervento incisivo del capo del governo. Mussolini, invece, affermò impassibile di non avere nessuna intenzione di rinunciare al comando militare. Si avviò il dibattito che si protrasse fino alle undici di sera. Grandi diede un saggio delle sue grandi capacità oratorie: dissimulando abilmente lo scopo reale del suo O.d.G., si produsse in un elogio sia di Mussolini sia del re.
 
Anche lo stesso Ciano prese parola per difendere l'O.d.G. contestando le parole di Mussolini:
{{citazione|Pacta sunt servanda? Si, certamente: però, quando vi sia un minimo di lealtà anche dall'altra parte. E invece, noi italiani abbiam sempre osservato i patti, i tedeschi mai. Insomma, la nostra lealtà non fu mai contraccambiata. Noi non saremmo, in ogni caso, dei traditori ma dei traditi.|[[Galeazzo Ciano]] in difesa dell'O.d.G.}}
 
A questo punto anche [[Roberto Farinacci]] presentò un analogo Ordine del giorno. Successivamente Carlo Scorza diede lettura di due missive indirizzate a Mussolini in cui il segretario del partito chiedeva al Duce di lasciare la direzione dei ministeri militari. I presenti rimasero molto colpiti, sia dal contenuto, sia dal fatto stesso che Mussolini avesse autorizzato Scorza a leggerle in quella sede. Quando si era arrivati ben oltre le undici di sera, la seduta venne sospesa momentaneamente e Grandi ne approfittò per raccogliere firme a favore dell'O.d.G.. Alla ripresa anche Bottai si espresse a favore dell'O.d.G. Grandi. Poi prese la parola Carlo Scorza, che invece invitò i consiglieri a non votarlo e presentò un proprio O.d.G. a favore di Mussolini.
 
Alcuni presenti valutarono nell'O.d.G. Grandi solamente il fatto che Mussolini veniva "sgravato dalle responsabilità militari" e, al contempo, la monarchia veniva chiamata all'azione, "traendola dall'imboscamento" (come dirà a posteriori [[Tullio Cianetti]]). Non si rendevano conto di quali enormi conseguenze sull'assetto del regime avrebbe avuto un loro eventuale voto favorevole. Alla fine del dibattito, i consiglieri si aspettavano un cenno di Mussolini.
 
Di solito egli riassumeva la discussione e i presenti si limitavano a prendere atto di quello che aveva detto. In quest'occasione, invece, il Capo del governo non espresse alcun parere e, adottando un atteggiamento passivo, decise di passare subito alla votazione degli O.d.G. Inoltre, anziché cominciare da quello di Scorza, fece iniziare da quello di Grandi. Questa decisione di "disimpegno" fu fondamentale e impresse una svolta decisiva all'esito della riunione.
 
{{Approfondimento
|allineamento = destrasinistra
|larghezza = 300px
|titolo = Ordine del giorno Grandi
|contenuto = Il Gran Consiglio del Fascismo
Il Gran Consiglio del Fascismo
 
riunendosi in queste ore di supremo cimento, volge innanzi tutto il suo pensiero agli eroici combattenti di ogni arma che, fianco a fianco con la gente di Sicilia in cui più risplende l'univoca fede del popolo italiano, rinnovando le nobili tradizioni di strenuo valore e d'indomito spirito di sacrificio delle nostre gloriose Forze Armate, esaminata la situazione interna e internazionale e la condotta politica e militare della guerra
Line 132 ⟶ 115:
il Governo a pregare la Maestà del Re, verso il quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinché Egli voglia per l'onore e la salvezza della Patria assumere con l'effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare, dell'aria, secondo l'articolo 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a Lui attribuiscono e che sono sempre state in tutta la nostra storia nazionale il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di Savoia.<ref>Paolo Nello, ''1993. Un fedele disubbidiente : Dino Grandi da Palazzo Chigi al 25 luglio'' , Il Mulino, 1993.</ref>
}}
=== La notte del Gran Consiglio ===
Alle 17:00 del 24 luglio 1943 i 28 membri del Gran Consiglio del Fascismo si incontrarono attorno a un massiccio tavolo a forma di U nella "Stanza del pappagallo" di Palazzo Venezia. I consiglieri erano tutti in uniforme fascista con sahariana nera. Il posto di Mussolini era un'alta sedia, e il suo tavolo era decorato con un drappo rosso coi fasci. Per la prima volta nella storia del Gran Consiglio, né le guardie del corpo di Mussolini - i [[Moschettieri del Duce]] - né un distaccamento dei battaglioni "M" erano presenti nel massiccio palazzo rinascimentale. Il segretario del [[Partito Nazionale Fascista]] [[Carlo Scorza]] effettuò l'appello. Grandi richiese a Scorza la presenza di uno stenografo, ma Mussolini si oppose; ufficialmente<ref>Le citazioni che seguono provengono da un resoconto che venne scritto il mattino seguente a casa di Federzoni dallo stesso Federzoni insieme a Bottai, Bastianini e Bignardi, i quali si basarono sulle note prese durante la seduta. Cfr. Dino Grandi, ''Il 25 Luglio 40 anni dopo'', Il Mulino, Bologna, 1983, p. 249.</ref> nessun verbale fu redatto<ref>Così sostiene Dino Grandi, ''Il 25 Luglio 40 anni dopo'', Il Mulino, Bologna, 1983, p. 249.</ref>.
 
Di sicuro, Mussolini iniziò a parlare per primo, riassunse la situazione bellica e poi trasse le sue conclusioni:
{{citazione|Ora il problema si pone. Guerra o pace? Resa a discrezione o resistenza a oltranza?... Dichiaro nettamente che l'Inghilterra non fa la guerra al fascismo, ma all'Italia. L'Inghilterra vuole un secolo innanzi a sé, per assicurarsi i suoi cinque pasti. Vuole occupare l'Italia, tenerla occupata. E poi noi siamo legati ai patti. [[Pacta sunt servanda]].|Mussolini al termine del discorso introduttivo nella seduta del Gran Consiglio}}
 
Poi Grandi illustrò il suo ordine del giorno con il quale chiedeva in sostanza il ripristino "di tutte le funzioni statali" e invitava il Duce a restituire il comando delle forze armate al re. Presero la parola alcuni gerarchi, ma non per affrontare gli argomenti degli O.d.G., bensì per fare chiarimenti o precisazioni. Si attendeva un intervento incisivo del capo del governo. Mussolini, invece, affermò impassibile di non avere nessuna intenzione di rinunciare al comando militare. Si avviò il dibattito che si protrasse fino alle undici di sera. Grandi diede un saggio delle sue grandi capacità oratorie: dissimulando abilmente lo scopo reale del suo O.d.G., si produsse in un elogio sia di Mussolini sia del re.
 
Anche lo stesso Ciano prese parola per difendere l'O.d.G. contestando le parole di Mussolini:
{{citazione|Pacta sunt servanda? Si, certamente: però, quando vi sia un minimo di lealtà anche dall'altra parte. E invece, noi italiani abbiam sempre osservato i patti, i tedeschi mai. Insomma, la nostra lealtà non fu mai contraccambiata. Noi non saremmo, in ogni caso, dei traditori ma dei traditi.|[[Galeazzo Ciano]] in difesa dell'O.d.G.}}
 
A questo punto anche [[Roberto Farinacci]] presentò un analogo Ordine del giorno. Successivamente Carlo Scorza diede lettura di due missive indirizzate a Mussolini in cui il segretario del partito chiedeva al Duce di lasciare la direzione dei ministeri militari. I presenti rimasero molto colpiti, sia dal contenuto, sia dal fatto stesso che Mussolini avesse autorizzato Scorza a leggerle in quella sede. Quando si era arrivati ben oltre le undici di sera, la seduta venne sospesa momentaneamente e Grandi ne approfittò per raccogliere firme a favore dell'O.d.G.. Alla ripresa anche Bottai si espresse a favore dell'O.d.G. Grandi. Poi prese la parola Carlo Scorza, che invece invitò i consiglieri a non votarlo e presentò un proprio O.d.G. a favore di Mussolini.
 
Alcuni presenti valutarono nell'O.d.G. Grandi solamente il fatto che Mussolini veniva "sgravato dalle responsabilità militari" e, al contempo, la monarchia veniva chiamata all'azione, "traendola dall'imboscamento" (come dirà a posteriori [[Tullio Cianetti]]). Non si rendevano conto di quali enormi conseguenze sull'assetto del regime avrebbe avuto un loro eventuale voto favorevole. Alla fine del dibattito, i consiglieri si aspettavano un cenno di Mussolini.
 
Di solito egli riassumeva la discussione e i presenti si limitavano a prendere atto di quello che aveva detto. In quest'occasione, invece, il Capo del governo non espresse alcun parere e, adottando un atteggiamento passivo, decise di passare subito alla votazione degli O.d.G. Inoltre, anziché cominciare da quello di Scorza, fece iniziare da quello di Grandi. Questa decisione di "disimpegno" fu fondamentale e impresse una svolta decisiva all'esito della riunione.
 
=== La votazione ===
[[File:Votazione odg Grandi.jpg|miniatura|sinistra|Verbale della votazione sull'o.d.g. Grandi.]]
I 28 componenti del Gran Consiglio furono chiamati a votare per appello nominale.