Giorgio Pisanò: differenze tra le versioni

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In quegli anni all'attività giornalistica affianca quella storico-saggistica con diversi testi<ref name=Treccani/> sulla II guerra mondiale e sul [[fascismo]] durante la RSI come ''Sangue chiama sangue'' (1962),<ref name=Treccani/> ''La generazione che non si è arresa'' (1964), ''Storia della guerra civile in Italia, 1943-1945'' (1965), ''Gli ultimi in grigioverde. Storia delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana''<ref name=Treccani/> (1967) ''Mussolini e gli ebrei'' (1967), e ''Penna nera. Storia e battaglie degli alpini d'Italia''. Nel [[1965]] fu relatore al [[convegno dell'Hotel Parco dei Principi]] sulla guerra rivoluzionaria in funzione [[anticomunista]].
 
Nel [[1968]] fece rivivere il settimanale ''[[Candido (rivista)|Candido]]'',<ref name=Messina/> erede di quello fondato da [[Giovannino Guareschi]] e che aveva cessato le pubblicazioni nel [[1961]],<ref group=N>In un'intervista riportata da [[Giampaolo Pansa]] nel volume ''[[La Grande Bugia]]'', il fratello di Giorgio, Paolo Pisanò, riferisce che Guareschi, poco prima di morire, avrebbe accolto con favore l'idea del giornalista.</ref> assumendo la carica di direttore, che mantenne fino al [[1992]]. Il ''Candido'' condusse molte campagne giornalistiche di cronaca, arrivando a denunciare apertamente per [[peculato]] il leader [[Partito Socialista Italiano|socialista]] [[Giacomo Mancini]].<ref group=N>Il ''Candido'' sostenne la rivolta di Reggio Calabria, si occupò di diversi scandali e vicende di corruzione politica-amministrativa-finanziaria: ANAS (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade) [[Italcasse]], SIR ([[Società Italiana Resine]]), quello seguito al [[Terremoto del Belice del 1968|terremoto del Belice]] (1968), [[Primo scandalo dei petroli|quello dei petroli]].</ref>
Durante il culmine della contestazione al leader [[Partito Socialista Italiano|socialista]] [[Giacomo Mancini|Mancini]], nel [[1971]] fu accusato di [[estorsione]] da [[Dino de Laurentiis]] e fu incarcerato a [[Carcere di Regina Coeli|Regina Coeli]] dove trascorse 114 giorni, prima di venire assolto da ogni accusa dal [[tribunale di Roma]] il 14 luglio dello stesso anno, e quindi scarcerato. Il 13 marzo [[1972]] Pisanò subì il primo attentato da parte delle [[Brigate Rosse]],<ref name=Treccani/> cui ne seguirono altri due diretti contro la redazione e gli impianti produttivi del ''Candido''.<ref group=N>Avvenuti rispettivamente il 2 settembre 1972 e l’11 febbraio 1978.</ref>
 
Nel [[1980]] fu particolarmente virulenta la campagna del ''Candido'' indirizzata a dimostrare che dietro la figura di [[Aldo Moro]] vi era un intreccio di interessi di personaggi non sempre limpidi legati al [[Scandalo Lockheed|caso Lockheed]].<ref name=Pisanò/> Nel [[1982]] si occupò della morte del banchiere [[Roberto Calvi]],<ref name=Pisanò/> arrivando a comparire in [[televisione]]<ref name=Messina/> con la borsa del suddetto, consegnandola in diretta al direttore del [[TG2]] della [[RAI]].<ref name=T7p39/>