Unità di traduzione: differenze tra le versioni

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Osservazioni sul concetto di unità
Vinay &e Darbelnet, nel loro dibattito sull'idea di una singola parola come unità di traduzione, hanno ripreso le definizioni di segno linguistico elaborate da Saussure: secondo la sua definizione, il segno è per sua natura arbitrario, e per questo il significato può derivare solo dal contrasto con altri segni del suo stesso sistema. Ciononostante, lo studioso russo Leonid Barkhudarov[2] , limitandosi all'ambito della poesia, sostiene che, per esempio, l'unità di traduzione può assumere la forma di un testo completo. Apparentemente questo ha a che vedere con il concetto di unità di traduzione come l'unità più piccola della lingua d'origine che ha un equivalente in quella di arrivo, e le cui parti diventano intraducibili se prese singolarmente; esse possono essere piccole come fonemi, morfemi o ampie come interi testi.
 
Susan Bassnett ha esteso l'intuizione di Barkhudarov sulla poesia applicandola alla prosa, aggiungendo che in questo tipo di traduzione il testo è l'unità primaria e prendendo in considerazione l'idea che la traduzione letterale possa causare la perdita di importanti caratteristiche strutturali. Il linguista tedesco Werner Koller ha collegato l'idea di unità di Barkhudarov alle differenze tra le due lingue coinvolte, affermando che l'unità è più estesa quanto più le due lingue sono diverse e non imparentate fra loro. Un'ultima osservazione riguardante l'unità proviene dal linguista Eugene Nida, secondo il quale l'unità di traduzione ha la tendenza ad essere composta da piccoli sintagmi che si trasformano in frasi, formando quindi quelli che lui definisce frammenti significativi di una lingua[3].