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Presto iniziò tuttavia a perseguitare anche i cattolici punendo tutti coloro della sua etnia che si erano convertiti e cercando di incamerare tutti i loro possedimenti. Desistendo dal suo intento a causa delle proteste dell'imperatore di Bisanzio, arrivò comunque ad esiliare un gran numero di individui a causa del loro credo religioso. La sua politica nei confronti della religione era contradittoria al punto che, dopo aver permesso il [[1 febbraio]] [[484]] un concilio tra vesvovi ariani e cattolici il [[24 febbraio]] dello stesso anno emanò un decreto in cui ai sacerdoti cattolici fu proibito di esercitare qualsiasi funzione e di abitare sia in città che nei villaggi, tutte le chiese cattoliche e le loro proprietà passavano al clero ariano; i funzionari regi di fede ortodossa erano privati della loro carica e tutti i cittadini di fede ortodossa erano multati e se perseveravano nella loro fede, qualora non avessero abbracciato la dottrina ariana, entro il 1° giugno dello stesso anno sarebbero stati dichiarati eretici, gli sarebbero stati confiscati i loro beni e sarebbero stati deportati. Al loro deciso rifiuto migliaia di cattolici furono allora esiliati in [[Corsica]] e in veri e prori campi di concentramento nell'entroterra africano, dove morirono a centinaia per le condizioni di vita estreme e per la disidratazione.
ilIl decreto del 24 gennaio 484, in cui ai sacerdoti cattolici fu proibito di esercitare qualsiasi funzione e di abitare sia in città che in campagna, tutte le chiese cattoliche e le loro proprietà passavano al clero ariano. I funzionari regi di fede ortodossa erano privati della loro carica e tutti i cittadini di fede ortodossa erano multati e se perseveravano nella loro fede gli venivano confiscati i loro beni e venivano deportati. Unerico morì il 23 dicembre 484.
I più fortunati furono rimossi dagli uffici divini ma fu permesso loro di rimanere presso le precedenti diocesi.