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In [[economia]] il '''valore aggiunto''' (anche abbreviato '''VA'''), o '''plusvalore''', è la misura dell'incremento di valore che si verifica nell'ambito della [[produzione]] e [[distribuzione commerciale|distribuzione]] di [[bene (economia)|beni]] e [[servizio|servizi]] grazie all'intervento dei fattori produttivi: [[capitale (economia)|capitale]] e [[lavoro (economia)|lavoro]].<br/>
L'[[impresa]] acquista beni e servizi necessari a produrre altri beni e servizi. La differenza tra il valore dei beni e servizi prodotti e il valore dei beni e servizi acquistati per essere impiegati nel processo produttivo è il valore aggiunto. Pertanto si può dire che esso è una misura dell'''incremento lordo'' del [[valore (economia)|valore]] risultante dell'attività economica.
 
== Definizione ==
Tale è la differenza tra spesa per la [[produzione]] e [[profitto]] effettivo. In base al [[marxismo]], è la differenza tra il valore della retribuzione di forza [[lavoro]] del lavoratore e il valore generato da questa forza lavoro. Nel [[capitalismo]] tale eccedenza è appropriazione da parte del capitalista e costituisce la base di accumulazione capitalistica.
 
Può essere osservato in tre modi differenti, ma tra di loro equivalenti:
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Quando invece si fa riferimento a beni e servizi che non vengono ceduti a un prezzo di mercato ma offerti al cittadino dalla [[Pubblica Amministrazione]], che in cambio riceve imposte e tasse, il valore aggiunto viene valutato sulla base dei costi sopportati per produrli; si parla quindi di VA valutato ''al costo dei fattori''.
 
Si possono intendere ad esempio quattro casi:
==Imposta sul Valore Aggiunto==
*Un artigiano produce giornalmente un certo numero di beni utilizzando un certo valore per realizzarli. Cedendoli per una cifra superiore al valore della spesa, otterrà un plusvalore.
*Un operaio dipendente produce giornalmente un certo numero di beni utilizzando un certo tempo ed ingegno per realizzarli. Ma il suo plusvalore verrà gestito dal padrone, il quale equiparerà il lavoro dell' operaio ad una merce spesa secondo il salario di cui l' operaio necessita. In questo caso non si ha plusvalore, ma mercificazione.
*Un commerciante smercia giornalmente un certo numero di beni utilizzando un certo valore per acquistarli. Cedendoli per una cifra superiore al valore della spesa, otterrà un plusvalore.
 
 
== Analisi economica ==
=== Il valore aggiunto visto da Marx ===
[[Karl Marx]] ha basato le sue teorie analizzando il concetto di plusvalore. In particolare ha analizzato il punto due sopraesposto, valutando il plusvalore nel lavoro dipendente trasformato in mercificazione. Quest’ultimo risultato è per Marx possibile perché il lavoro necessario alla reintegrazione del valore della forza-lavoro assorbe solo una frazione dell’intera giornata lavorativa. Così, ad esempio, mentre la giornata lavorativa è di otto ore, nell’equivalente pagato per l’uso giornaliero della forza lavoro, nel salario, sono oggettivate solo cinque ore. Il lavoro svolto nelle rimanenti tre ore (''pluslavoro'') determina il ''plusvalore'' di cui si appropria il capitale e rappresenta l’entità della sua valorizzazione.
 
In termini formali, se L è la quantità di lavoro impiegata per una determinata produzione e V il lavoro necessario alla riproduzione della forza-lavoro, il plusvalore Pv sarà dato dalla differenza:
 
:<math>\ Pv = L - V</math>
 
Il plusvalore è per Marx l'unica fonte del [[profitto]], la cui realizzazione ed accumulazione costituiscono il fine essenziale del capitale.
 
Pertanto ogni capitalista pratica metodi per accrescere il plusvalore. Tali metodi sono classificati da Marx nel modo seguente:
#'''Plusvalore assoluto'''. Si tratta di tutti i metodi che cercano di espandere, a parità di altre condizioni, il lavoro assoggettato al capitale. Tra questi il più classico è il prolungamento della giornata lavorativa, che consente di ampliare le ore di pluslavoro quando siano date e costanti le ore di lavoro necessarie alla riproduzione della forza-lavoro (''lavoro necessario''). Anche l'estensione dei soggetti sottomessi allo sfruttamento (si pensi ad esempio al lavoro minorile) possono rientrare in questa classificazione.
#'''Plusvalore relativo'''. Sono questi i metodi che consentono di ridurre le ore di lavoro necessario o, che è lo stesso, del capitale variabile. Infatti, ponendo costante la durata della giornata lavorativa, al diminuire delle ore di lavoro necessario il pluslavoro aumenta. Poiché il salario non può scendere al di sotto del livello di sussistenza, il modo tipico di ridurre il tempo di lavoro necessario è l'aumento della [[produttività]] del lavoro: se occorrono meno ore di lavoro per produrre i beni di consumo dei lavoratori, si riduce il lavoro necessario anche senza diminuire i consumi dei lavoratori, cioè i salari reali.
 
=== Il valore aggiunto visto da Sraffa ===
La più grande critica che arriva all' analisi marxiana è stata elaborata da [[Piero Sraffa]]. Secondo Sraffa
* il prezzo d'equilibrio viene determinato dall'intersezione tra la curva della domanda e quella dell'offerta;
* la curva dell'offerta, simmetrica a quella della domanda, è basata sulla legge dei rendimenti decrescenti (primo tratto) e sulla legge dei rendimenti crescenti (secondo tratto).<ref>La curva del [[costo marginale]] ha una forma a "U": prima decresce, poi cresce fino a incontrare prima la curva del [[costo medio]], poi la retta del prezzo (che è dato, in condizioni di concorrenza); i diversi punti di intersezione tra il tratto crescente della curva del costo marginale (oltre l'intersezione con la curva del costo medio) e diverse possibili rette dei prezzi costituiscono la curva dell'offerta per la singola impresa.</ref>
Quanto ai rendimenti decrescenti, secondo Sraffa vi sono due casi:
* se un bene viene prodotto utilizzando una quota considerevole di un fattore scarso, un piccolo aumento della produzione comporta un significativo aumento del costo sia di quel bene, sia di altri beni nella cui produzione venga impiegato; ne seguono una minore domanda di quel bene e di quel fattore scarso, quindi il contenimento del loro costo;
* se un bene viene prodotto utilizzando una piccola quota di un fattore scarso, un piccolo aumento della sua produzione si traduce più in una riduzione delle quantità del fattore scarso utilizzate da altre imprese che in un suo generale maggiore utilizzo; l'incremento del costo del fattore è quindi trascurabile;
In sostanza, Sraffa dimostra che:
* non è possibile individuare una legge che determini simultaneamente il salario ed il saggio del profitto (come remunerazioni, rispettivamente, del lavoro e del capitale), in quanto:
** il saggio del profitto può essere determinato solo fissando il salario (o viceversa);
** non è possibile misurare il capitale senza determinare anche i prezzi (compreso il profitto), quindi non è possibile calcolare il profitto sulla base del valore del capitale (come sua remunerazione);
* non si può assumere che, all'aumentare del salario, il lavoro venga sostituito dal capitale, in quanto il valore del capitale dipende dalla durata dell'investimento iniziale; considerando capitali di diversa durata, può ben succedere che si preferisca sostituire capitale con lavoro anche se i salari aumentano (cosiddetto "ritorno delle tecniche"); ne segue che non è possibile attribuire la disoccupazione all'aumento dei salari, come se si trattasse di minore domanda di un fattore di produzione il cui prezzo è aumentato.
 
=== Il valore aggiunto visto da Gesell ===
Secondo [[Silvio Gesell|Gesell]], quando Marx parla di plusvalore lo fa superficialmente sottovalutando i risvolti effettivi. Questo perchè non tutte le persone della società producono, ma alcune svolgono servizi utili anche se improduttivi ([[settore terziario]]). Quindi la totalità del valore delle merci prodotte non può obbiettivamente andare solo a chi produce letteralmente, ma deve essere suddivisa tra tutta la società. Astrattamente, se sette persone su dieci producono, il valore aggiunto corrisponderà quindi a 3/10 del valore reale della loro produzione. Guardandolo sotto un punto di vista più pratico lo si può vedere così: il plusvalore accumulato dal capitalista è intrinsecamente finalizzato nel caso di necessità, ovvero nel caso di investimenti da fare o danni da riparare. Solo nel caso ciò non si verifichi (e quindi il capitalista in questione si dimostri un buon amministratore) allora potrà permettersi di attingere al capitale immagazzinato. Dopotutto non potrebbe obbiettivamente cedere il plusvalore ai dipendenti confidando in una sua improbabile restituzione in caso di necessità aziendale. E' quindi un fattore irrinunciabile.
 
In virtù di questa necessità il [[salario]] dei dipendenti è mantenuto il più basso possibile dal capitalista, ma l' interpretazione marxista è fuorviante. Marx da un valore al tempo, cosa che non corrisponde alla realtà. Si da per scontato che una persona possa lavorare un certo tempo massimo al giorno. Un dipendente non accetterebbe di lavorare sotto una certa cifra giornaliera, corrispondente alla cifra minima per vivere, che quindi esigerà, a prescindere dal lavoro da svolgere. A parità di salario minimo giornaliero il capitalista quindi cercherà di mantenere al lavoro il dipendente più tempo possibile. Ecco quindi stabilita un equivalenza. Quindi il rapporto salario/tempo è scollegato e fittizio, è stabilito solo per convenzione bilaterale.
 
Assodato ciò, secondo Gesell anche le [[Problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione|teorie di Marx sul paragone salari/prezzi]] risultano sbagliate. Marx definisce la differenza tra salari totali di un azienda e [[fatturato]] (ovvero il totale del valore delle merci vendute) il plusvalore. E secondo Marx il concetto di plusvalore è un aberrazione. Gesell invece dice che nella realtà sono i prezzi delle merci che vengono spontaneamente ad adattarsi sui salari generali. Questo per una semplice legge domanda/offerta che può essere riassunta nello schema:
 
[[Immagine:Economia.PNG|thumb|left|Determinazione capitalista del prezzo di un prodotto sulla base del potere d' acquisto del consumatore]]
 
<br><br><br><br><br>
Distribuendo il plusvalore e quindi aumentando i salari automaticamente aumenterebbero di pari misura i prezzi, annullando di fatto l' aumento salariale, ed avviando una spirale inflazionistica. In definitiva il plusvalore è un adattamento spontaneo ed inevitabile del mercato, non un "aberrazione disonesta" creata dal padrone.<ref>Gesell, Silvio. L'ordine economico naturale, Edizione rivista a cura di Peter Owen, Londra, 1958</ref>
<br><br><br>
 
== Imposta sul Valore Aggiunto ==
{{vedi anche|IVA}}
 
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per le stesse branche in differenti paesi, ma diversi tra branche diverse dello stesso paese.
 
==Note==
<references />
 
== Bibliografia ==
* Marx, K. (1870), ''Il Capitale''
* Marx, Karl, Engels, Friedrich ''Opere complete'', voll. 50, Roma, Editori Riuniti, [[1972]]-[[1986]]
* Sraffa, Piero "Sulle relazioni fra costo e quantità prodotta", ''Annali di economia'', II, 1925, pp. 277-328 (disponibile la traduzione inglese curata da A. Roncaglia e J. Eatwell: [http://cepa.newschool.edu/het/texts/sraffa/sraffa25.pdf On the Relation Between Costs and Quantity Produced])
* Roncaglia, Alessandro ''Sraffa e la teoria dei prezzi'', Laterza, Roma-Bari, 1981
* Garegnani, Eatwell, Vicarelli, Miconi, Nuti, Cini, Panizza, ''Valori e prezzi nella teoria di Marx'', Einaudi 1981
* Gesell, Silvio L'ordine economico naturale, Edizione rivista a cura di Peter Owen, Londra, 1958
 
== Voci correlate ==
* [[Il Capitale]]
* [[Economisti classici]]
* [[Economia neoclassica]]
* [[Produzione di merci a mezzo di merci]]
* [[Interpretazioni alternative della teoria marxiana del valore]]
* [[Teoria marxiana del valore]]
* [[Problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione]]
* [[Critiche al comunismo]]
 
{{portale|economia}}
 
[[Categoria:Economia]]
[[Categoria:Scienza delle finanze]]
[[Categoria:Ragioneria]]