Restaurazione: differenze tra le versioni

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Ma il vero ideologo della Restaurazione fu [[Joseph de Maistre]] ([[1753]]–[[1821]]). Sulla linea del tradizionalismo di Burke nell'opera ''Du pape'' ([[1819]]) egli sostiene la concezione della storia come depositaria di valori etici trascendenti. Nel Medioevo la Chiesa è stata il sostegno dell'ordine sociale e questo la rende superiore al potere civile che solo essa può rendere legittimo in quanto depositaria e interprete della volontà divina.
 
Le teorie illuministiche sulla libertà naturale dell'uomo sono semplici follie e ''diaboliche stranezze''. L'uomo è troppo malvagio per poter essere libero, egli è invece nato ''naturalmente servo'' e tale è stato sino a quando il cristianesimo lalo ha liberato. Il cristianesimo autentico è quello rappresentato dal papa romano che ha proclamato la libertà universale ed è l'unico nella generale debolezza di tutte le sovranità europee ad aver conservato la sua forza e il suo prestigio.
 
De Maistre condivide poi l'analisi di Burke sulla falsa pretesa della maggioranza di prevalere sulla minoranza mentre «''dovunque il piccolissimo numero ha sempre condotto il grande''» e per questo è diritto legittimo dell'aristocrazia di assumere la guida del paese. <ref> Ad evitare una lettura eccessivamente limitata di De Maestre riducendolo a un ultralegittimista si consideri che quello che divenne l'apostolo della [[Reazione (politica)|Reazione]] nel [[1793]], durante il Terrore, scriveva ad un amico: «''Secondo il mio modo di pensare il progetto di mettere il lago di Ginevra in bottiglie è molto meno folle di quello di ristabilire le cose proprio sulle stesse basi in cui si trovavano prima della Rivoluzione''» questo è come voler ''richiamare in vita i morti''. Egli dunque non condivide l'assurdità degli ideologi della Restaurazione che pretendevano nel congresso di Vienna di riportare le lancette della storia all'indietro cancellando tutto quello che era accaduto dalla Rivoluzione francese all'età napoleonica. D'altra parte egli riconosceva scrivendo nelle ''Considerazioni sulla Francia'' che «''la rivoluzione francese segna una grande epoca e le sue conseguenze, in tutti i campi, si faranno sentire ben al di là della sua esplosione e del suo epicentro.''»</ref>