Sanpei Shirato: differenze tra le versioni

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Tra le opere ambientate nel mondo dei [[ninja]], ricordiamo tra le più importanti ''Ninja Bugeicho'', ''Kaze no Ishimaru'', ''Sasuke'', ''Watari'' e soprattutto il capolavoro del maestro, la lunga saga di Kamui.
 
''Ninja Bugeicho'' racconta le vicende dei contadini che si oppongono allo sfruttamento e alle trame dei vari daimyo locali in quel periodo tormentato e turbolento che è passato alla storia come [[Epoca_Sengoku|epoca Sengoku]]. A guidare la loro resistenza è il [[ninja]] Kagemaru, capo del clan di Kage. L'apporto ideologico che impregna la narrazione è evidente, così come è evidente - e in qualche modo unica, considerando il resto della produzione che seguirà - la visione ottimistica del futuro: sebbene i toni dell'opera siano spesso cupi e brutali, il suo epilogo - per quanto triste - si apre alla speranza di un domani migliore che è possibile realizzare attraverso la lotta comune.
 
Del tutto assente questo barlume di speranza, invece, è nella saga più che decennale dedicata a Kamui: la storia del ragazzo che, per sfuggire alla discriminazione sociale, cerca rivalsa diventando [[ninja]] e poi, avendo compreso la reale natura sanguinaria e opprimente di quella vita, fugge dal clan attirandosi una vendetta implacabile, è suddivisa in due grossi blocchi, ognuno dei quali dedicato ad un segmento della sua vita. ''Kamui Den'' racconta ciò che accade dall'infanzia di Kamui fino alla sua decisione di ribellarsi; ''Kamui Gaiden'', invece, descrive le peripezie della sua continua fuga. Ma non v'è ideologia positiva tra le sue pagine, solo un amarissimo ripiegamento, un rifiuto nei confronti di una società gretta, meschina e prevaricatrice, accompagnato dallo straziante bisogno di provare fiducia nel prossimo che però viene costantemente tradito. Kamui, diversamente da Kagemaru, non incarna un ideale di lotta positivo che si impegna a combattere il male; Kamui è semplicemente consapevole della mancanza di vie d'uscite, e tuttavia non riesce a liberarsi dalla speranza di trovare pace da qualche parte, un giorno, benché tale speranza si configuri di fatto come un'ottusa illusione, come una chimera manovrata dal più bestiale istinto di sopravvivenza.