Riforma cluniacense: differenze tra le versioni

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Già con il primo abate Berno ebbe inizio un recupero degli antichi ideali monastici, che venne poi proseguito con l'abate [[Oddone da Cluny|Oddone]]. Le ''consuetudines cluniacenses'' si diffusero rapidamente nella [[Francia]] meridionale, e trovarono terreno fertile anche nell'[[Italia]] settentrionale, in particolare nei monasteri si S. Maria Aventinese e di Montecassino. Accanto al ritorno ai principi di [[San Benedetto da Norcia|S. Benedetto]], e un forte afflato spirituale (che comprendeva anche il servizio liturgico e la credenza nei miracoli), ben presto si cercò di raggiungere la massima indipendenza dalle cose mondane, la qual cosa comprendeva, dal punto di vista pratico, l'indipendenza dalla [[diocesi]] e la richiesta di poter esercitare la giurisdizione nei territori dipendenti dal convento.
 
In questo senso il movimento cluniacense si poneva nel solco della tradizione che si era espressa nello [[Pseudo-Isidoro]] (prima metà del VIII secolo), una raccolta di (in parte composta da materiale falsificato) di decreti, decisioni sinodali, lettere papali, che si proponeva di rafforzare la posizione dei vescovi soprattutto rispetto al potere secolare, insistendo sull'idea di un papato forte, nel quale si vedeva la migliore garanzia, in particolare per le diocesi più piccole.
 
Con il secolo XI, e in particolare sotto l'abate Odilo, si verificò nella riforma cluniacense una svolta riguardo alla politica ecclesiastica.