Chiesa di Nostra Signora del Sacro Cuore (Roma): differenze tra le versioni

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Che minacciasse ruina era solo "una supposizione" secondo Mariano Armellini - (1870)
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Erano quelli, a Roma, i decenni della potenza dei papi spagnoli. [[Alessandro VI]] Borgia ordinò nuovi lavori di ampliamento, fece allargare una piazza di fronte all'ingresso (che era allora su Via della Sapienza) e trasferì negli edifici annessi gli ospizi per i pellegrini spagnoli che l'infante Enrico aveva fondato, uno presso il [[Campidoglio]] e l'altro lì vicino, in via di Santa Chiara.
La chiesa di San Giacomo divenne così, nel [[1506]], la chiesa nazionale degli [[Spagna|spagnoli]] a Roma, e nel [[1518]] fu di nuovo rimaneggiata da quell'[[Antonio da Sangallo il Giovane]], che sarebbe poi divenuto l'"architetto di tutte le fabbriche pontificie".
La chiesa e i suoi annessi furono per molto tempo riccamente mantenuti dai lasciti degli spagnoli di Roma, e le loro finestre su piazza Navona costituivano una sorta di palco di proscenio per gli spettacoli "acquatici" che si tenevano nella piazza. Non provvedendosi tuttavia ai necessari restauri, l'edificio venne progressivamente decadendo, e nel [[1818]] la chiesa fu abbandonata dagli spagnoli in favore di [[Santa Maria di Monserrato]], dove vennero anche trasferiti gli arredi e le tombe prima in San Giacomo, e fu poi sconsacrata e venduta, nel [[1878]], ai missionari francesi del Sacro Cuore.
 
Mariano Armellini -1870: ''"Sembra impossibile come la nobile nazione spagnuola abbia venduto cotanto insigne monumento, vero tesoro di storia e d' arte. Lo possiede ora la congregazione francese di Nostra Signora del sacro Cuore"''<ref>Mariano Armellini -1870. ''[http://penelope.uchicago.edu/Thayer/I/Gazetteer/Places/Europe/Italy/Lazio/Roma/Rome/churches/_Texts/Armellini/ARMCHI_2A/2/Parione.html Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX]'', p.382-383</ref>.