Dàoshēng: differenze tra le versioni

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|Nome = Dàoshēng
|Cognome =
|PreData = 道生, [[Wade-Giles]]: Tao-sheng; [[Lingua giapponese|giapponese]]: Dōshō
|PostCognome =
|PreData = 道生, [[Wade-Giles]]: Tao-sheng; [[giapponese]]: Dōshō
|ForzaOrdinamento = Daosheng
|Sesso = M
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== La vita ==
Si conosce poco dei primi anni di vita di questo importante monaco cinese, le cronache monastiche ci dicono che studiò sotto [[Zhū Fǎtài]] (竺法汰, 320–387320 – 387), un discepolo del famoso monaco [[Dào'ān]] (道安, 312-385), a [[Nanjing]] capitale della dinastia dei [[Jin orientali]].
 
Nel 397 si trasferì nel monastero di [[Dōnglín]] (東林, situato ai piedi del [[Monte Lu]]), fondato da un altro discepolo di [[Dào'ān]], [[Huìyuan]] (慧遠, 334-416), di cui divenne allievo. Il quel periodo risiedeva nel monastero di Dōnglín anche il monaco kashmiro [[Saṃghadeva]] (IV secolo), grande cultore e traduttore di testi della scuola [[Sarvāstivāda]], che furono studiati in modo approfondito da Dàoshēng.
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== La dottrina ==
Sono giunte fino a noi poche opere di Dàoshēng. Il suo pensiero ci è tuttavia noto grazie a opere di altri autori e questo ci consente di delineare il pensiero buddhista cinese del V sec.secolo [[Sēngzhào]] lo cita ripetutamente nei suoi commentari, da questi e da opere successive sappiamo che Dàoshēng aveva assimilato la dottrina delle "Due Verità" (sans. ''satyadvaya'', cin. 二諦 ''èr dì'') di impronta [[madhyamaka]] probabilmente insegnategli da [[Kumārajīva]].
 
Secondo Dàoshēng l'universo è retto da un principio morale indivisibile (cin. 禮 ''lǐ)'') che corrisponde al ''[[Dharma]]'' (cin. 法 ''fǎ'') che tuttavia è [[vacuità|vuoto]] (cin. 空 ''kōng'') di proprietà inerente e privo di esistenza propria (cin. 無 ''wú''). Il Buddha (cin. 佛 ''Fó'') è la concretizzazione di questo Dharma, e partecipa insieme a tutti gli esseri della realtà del [[dharmakaya]] (cin. 法身 ''fǎshēn''). Buddha e [[Esseri senzienti (Buddhismo)|esseri senzienti]] (cin. . 衆生 ''zhòngshēng'') partecipano della stessa natura, la natura di Buddha (sans. ''buddhatā'', cin. 佛性 ''fóxìng'').
 
La via spirituale per Dàoshēng corrisponde alla scopertà di questa natura ovvero del vero Sé (cin. 眞我 ''zhēnwǒ'') e quindi dell' ''illuminazione'' (cin. 悟 ''wù''). Fino a Dàoshēng era opinione abbastanza comune tra gli studiosi buddhisti cinesi che tale acquisizione fosse progressiva, per gradi di sempre più perfettibile ''illuminazione'' ma, secondo Dàoshēng, l' ''illuminazione'' non può che essere una intuizione immprovvisa (頓悟 ''dùnwù'').
 
Secondo una metafora cara a Dàoshēng , la pratica progressiva fondata sulla fede per la stessa pratica consente al frutto di restare sull'albero per la maturazione, ma solo a maturazione conseguita il frutto maturo cade improvvisamente dall'albero. Non vi è tuttavia alcuna gradazione di maturazione: essa o c'è oppure non c'è. Quindi Dàoshēng rifiuta sia l' ''illuminazione'' progressiva predicata da [[Huìguān]] (慧觀, IV-V secolo) sia di un ulteriore approfondimento dell' ''illuminazione'', una volta essa raggiunta, predicata da [[Dào'ān]].
 
Nel suo commentario al [[Sutra del Loto]], il ''Miàofǎ Liánhuā Jīngshū'' (妙法蓮華經疏), Dàoshēng ammette diversi metodi opportuni (sans. ''[[upāya]]'', cin. 方便 ''fāngbiàn'') per insegnare il [[Dharma]] agli esseri senzienti a seconda delle loro capacità o delle loro attitudini, in questo senso egli classificò i vari sutra indiani tradotti in cinese.