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Nel [[XIX secolo]] l'autorità, nelle riflessioni di [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel|Hegel]] e di [[Auguste Comte|Comte]], divenne la guida irrinunciabile del [[progresso]] umano. Secondo [[Marx]], invece, nella prospettiva del [[materialismo]] storico, l'autorità si configurava come il dominio oppressivo della società [[capitalismo|capitalistica]] sulla [[classe operaia]].
 
Il [[sociologia|sociologo]] [[Emile Durkheim]] nel [[1893]], con l'opera ''[[Divisione del lavoro sociale]]'', propose un'idea di autorità come regolamentazione dall'alto del funzionamento complessivo della [[Società (sociologia)|società]], basata appunto sulla [[divisione del lavoro]].
 
Su questo piano conduce la sua riflessione anche [[Max Weber]] che, nella suo saggio ''[[Economia e società]]'', distingue tre tipi di autorità:<br>
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Fuori dal contesto geo-politico, la parola ''auctoritas'' aveva anche un valore nel campo religioso-scientifico. L<nowiki>'</nowiki>''auctoritas'' era quella forma di reverenza e di fiducia che si riponeva nelle [[sacre scritture]], quali strumenti della rivelazione divina: esse non potevano essere messe in discussione, ma essendo oggetto di [[fede]], rappresentavano oltre che testi religiosi, le fonti più importanti per qualsiasi campo del sapere. In questo senso l<nowiki>'</nowiki>''auctoritas'' era il principio su cui si basava la conoscenza scientifica prima della [[rivoluzione scientifica]] di [[Galileo]] e [[Francesco Bacone]].
 
Nel corso del medioevoMedioevo l' ''auctoritas'' non rimase circoscritta ai testi sacri, ma gradualmente venne estesa ad altri grandi autori del mondo classico (sebbene la filosofia [[scolastica]] indicasse anche quale valore dare ai passaggi in apparente contraddizione) e poi alla grande maggioranza degli scritti in genere, pur nella costante convinzione che la ''ratio'' fosse superiore all'''auctoritas'' (l'autorità si fonda sulla ragione, ma non la ragione sull'autorità, dice [[Scoto Eriugena]]) e che, negli argomenti umani, l'argomento d'aurità fosse, per definizione, il più debole, di fronte ad argomenti di ragione o di tipo empirico ([[Tommaso d'Aquino]]).
 
Alcune posizioni polemiche posteriori, umaniste o illuministe, hanno invece voluto presentare un Medioevo preda della ferma convinzione della totale assimilabilità tra una prova empirica e una testimonianza ritenuta credibile; questo principio, si dice, sarebbe alla base di tutto il sapere medievale e spiegherebbe anche la proliferazione di credenze di sapore più superstizioso e magico. Secondo questa posizione, i primi accenni alla delegittimazione di questa sorta di (usando un termine dispregiativo) "creduloneria" sarebbero avvenuti a partire dall'[[umanesimo]] e dalla riscoperta del mondo classico senza il filtro degli autori medievali.