Azione (filosofia): differenze tra le versioni
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{{quote|Ogni pensiero sorge nella mente, nel suo sorgere mira a passar fuori della mente,
L''''azione''' è, dal punto di vista filosofico, l'intervento di un ente su un altro ente, così da modificarlo.<ref>
I filosofi si sono opposti alla concezione del pensiero come non attivo e lo hanno indicato invece come la forma di azione suprema con gli effetti ([[
==Evoluzione storica-filosofica del concetto==
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L'azione è una delle [[categoria|categorie]] a cui [[Aristotele]] contrappone quella di [[passione]], con il significato di patire, subire qualcosa.
Nella [[metafisica]] classica l'azione è sempre riferita a l'
Nell'ambito della [[Scolastica]], l'azione viene definita ''[[Aristotele|atto]] secondo'' in relazione all'
Soddisfatta questa possibilità che [[cronologia|cronologicamente]] precede l'atto, ne segue l'azione, appunto ''atto secondo'' di un essere che ha già compiuto il passaggio dalla potenza all'atto ''primo''.
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Vicine a questo secondo significato sono nel pensiero moderno le concezioni di [[Hobbes]] e [[Locke]] che vedono l'agire umano sempre diretto da una [[volontà]] intesa come ''causa'' di ogni comportamento.
Anche [[Immanuel Kant|Kant]] distingue l'azione umana come diretta da una libera volontà (''causalità attraverso la [[libertà]]'') dove la causa libera, ma ineliminabile, è la libertà di scelta che prelude al comportamento morale concreto, contrapposta alla [[causalità|causalità del mondo della natura]] dominato dal meccanismo causa-effetto.
{{vedi anche|sezione=s|[[Critica della ragion pratica#Il dovere|Kant. Il dovere. Obbligatorietà e libertà]]}}
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{{Portale|Filosofia}}
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