Marca di Tuscia: differenze tra le versioni

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La '''Marca di Tuscia''' o '''Marchesato di Toscana''' fu una [[Marca (circoscrizione)|marca]] del [[Sacro Romano Impero]] nell'Italia centrale, inquadrata nel [[Regnum Italiae]] e che comprendeva gran parte dell'odierna [[Toscana]]. Dopo la conquista franca del [[Regno longobardo]], il [[Ducato di Tuscia]] era stato riorganizzato su base comitale e nel [[781]] venne inquadrato assieme agli altri territori ex-longobardi nel ''[[Regnum Italiae]]'' affidato a [[Pipino d'Italia|Pipino]], sotto la tutela del padre Carlo (incoronato [[Sacro Romano Imperatore|Augusto]] la [[25 dicembre|notte di Natale]] dell'[[800|anno 800]]). L' evoluzione storica del territorio in epoca post-[[carolingi]]a fu completata intorno all' [[anno Mille]], con l'istituzione del [[Margraviato di Toscana]].
 
==Storia==
===L' età carolingia (774-843)===
Durante il periodo [[carolingi]]o, l' [[oligarchia]] dei [[Duca (Longobardi)|''duces'' longobardi]] del [[Ducato di Tuscia]] venne sostituita dai [[Conte|conti]] [[franchi]]; così, anche a [[Lucca]] al duca [[Allone]] successe il conte [[Wicheramo]]<ref>H. Keller, ''La Marca di Tuscia fino all'anno Mille'', p. 12.</ref>. A Wicheramo successe la dinastia bavarese, della quale [[Bonifacio II di Tuscia|Bonifacio II]] fu il più illustre rappresentante. Il conte, non appena inseditosi, dovette affrontare il pericolo delle incursioni dei [[Saraceni]] che, nell'[[827]] erano sbarcati in [[Sicilia]], a [[Mazara del Vallo]], e avevano occupato [[Marsala]] (in [[lingua araba|arabo]] Marsa ʿAlī). La strategia di Bonifacio fu molto abile, perché anziché attendere nuove incursioni, con la propria flotta dal porto di [[Pisa]] si diresse verso la [[Tunisia]] (Ifriquiya) ed attaccò vittoriosamente i Saraceni. In seguito a questa vittoria, la tradizione afferma<ref name=lenzi>E. Lenzi, ''Dal Ducato Longobardo della Tuscia al Margraviato Carolingio di Toscana'', p. 75.</ref> che Bonifacio, incaricato della tutela della [[Corsica]], nell'estremità dell'isola fece costruire il castello che dette luogo alla denominazione dello stretto di mare: [[Bocche di Bonifacio]].
 
Il pericolo delle incursioni musulmane e la necessità di trasformare le ''[[Corte (storia)|curtis]]'' in aziende agrarie più produttive spinsero i [[Vassallo|vassalli]] minori a ricercare la protezione dei conti più potenti, favorendo il processo di aggregazione delle contee. Vennero a formarsi così due grandi contee: la Contea meridionale, corrispondente alla [[Maremma grossetana]] e infeudata agli [[Aldobrandeschi]], e la Contea settentrionale, comprendente la [[Maremma pisana]], Lucca, Pisa, [[Luni]] e la Corsica, sotto il dominio dei conti di Lucca<ref name=lenzi />.
 
Successivamente, intorno al nucleo centrale di Lucca e Pisa si affermò uno dei centri politici meglio organizzati del [[Regnum Italiae]], indicato come Ducato (riprendendo la denominazione del [[Ducato di Tuscia|precedente dominio longobardo]]), o Marca: nei documenti dell'del [[847]] [[Adalberto I di Tuscia|Adalberto I]], successore di Bonifacio, è indicato come "''Tutor Corsicae insulae''" e "''[[Marchese|Marcensis]]''"; poco più tardi è citato come "''Marchio''" ed il suo potere si estese ulteriormente sui comitati di [[Firenze]] e [[Fiesole]]. Il processo di formazione della Marca si avviò così a conclusione, pur rimanendo al di fuori del potere del marchese di Lucca i territori di [[Arezzo]], [[Siena]] e [[Chiusi]]. La Marca eccelleva anche sotto l' aspetto culturale: nella sede di Lucca i conti inaugurarono una "Scuola notarile" aperta a ''[[iudices]]'' laici<ref>H. Keller, pp. 127 e segg.</ref>.
 
===L'età post-carolingia (843-1001)===
Durante il periodo post-[[carolingi]]o (a partire dal [[Trattato di Verdun]], [[843]]), i [[Gastaldato|gastaldati]], la [[Contea|contee]] e le [[diocesi]] della Tuscia, sfuggiti al controllo del lontano [[Impero carolingio|impero]] dilaniato dai conflitti ereditari, caddero sotto il controllo della [[Curia Ducis|corte ducale]] di Lucca, retta da [[Adalberto II di Tuscia|Adalberto II]] e [[Berta di Lotaringia]]. Gli alti funzionari vennero assoggettati alla corte con il contratto di [[vassallaggio]]. Nel [[903]] Adalberto riuscì a sostituire anche nella sede di [[Chiusi]] un gastaldo ostile con il conte Atto, suo "''fidelis''"<ref>G. Bersotti, ''Chiusi. Guida storica'', p. 89.</ref>.
 
Nel [[915]] [[Berengario I]] venne incoronato [[Sacro Romano Imperatore|imperatore]] da [[papa Giovanni X]]. L' incoronazione di Berengario suscitò l' opposizione di Berta, che - rimasta vedova di Adalberto - intendeva favorire l' ascesa alla carica imperiale del suo primo figlio, [[Ugo di Provenza]]. Contro Berengario Berta riuscì ad ordire un'alleanza di potenti feudatari comprendente, oltre al figlio Ugo, i nipoti [[Alberico I di Spoleto|Alberico]] e [[Marozia]], [[Ducato di Spoleto|duchi di Spoleto]], [[Rodolfo di Borgogna]] e i [[Marca di Ivrea|marchesi di Ivrea]]<ref>Ferdinand Gregorovius, ''Storia della città di Roma nel Medio Evo, {{citazione necessaria}}.</ref>. Lo scontro armato tra la fazione di Berta e quella di Berengario avvenne nel [[923]] nei pressi di [[Fiorenzuola d'Arda]] e si risolse con la disfatta di Berengario, ucciso poi a tradimento l'[[924|anno successivo]]. La resa dei conti aperta dalla corte di [[Lucca]] a causa dell'incoronazione di Berengario colpì anche papa Giovanni X che, accusato di aver introdotto in Italia milizie [[ungheresi]], venne imprigionato e barbaramente ucciso dagli armati del figlio di Berta, [[Guido di Toscana|Guido]], già margravio della Tuscia e secondo marito di Marozia.
 
Dopo l' asassinio di Berengario, la stessa nobiltà che lo aveva sostenuto si schierò dalla parte di Ugo che, permutato il titolo di marchese di [[Provenza]] con Rodolfo di Borgogna, divenne a sua volta [[re d'Italia]]; fu incoronato a [[Pavia]] nel [[926]]. In seguito alla misteriosa morte di Guido si verificò il terzo matrimonio di Marozia con il re Ugo, suo cognato. Con questo matrimonio Ugo sperava di ottenere facilmente, a [[Roma]], il sostegno della fazione [[ Conti di Tuscolo|Tuscolana]] vicina a Marozia, per conseguire la sospirata nomina imperiale; il suo desiderio si infranse per l' opposizione di [[Alberico II di Spoleto|Alberico II]], figlio di Marozia che, imprigionando la madre, impedì la nomina di Ugo. Il re, ritiratosi nella sua "''Curtis Regia''" di Lucca, con la sua consueta politica accentratrice dette luogo ad una profonda riforma istituzionale, nominando nella [[Tuscia]] [[Vassallo|vassalli]] e funzionari non più come rappresentanti del marchese - suo fratello [[Bosone d'Arles|Bosone]] -,ma come rappresentanti della Corte Regia. Le nomine dei funzionari si estesero anche alle città di [[Pisa]], [[Firenze]] e [[Siena]], assoggettate al suo potere<ref> H. Keller, p. 134.</ref>.
 
Nonostante una politica accentratrice e spregiudicata, il dominio di re Ugo non riuscì ad imporsi stabilmente in tutta la Tuscia e nemmeno ad allargarsi all' esterno dei suoi confini. Un ulteriore ampliamento si verificò invece con il suo successore, il figlio [[Uberto di Toscana|Uberto]], nominato [[margravio]] di Tuscia nel [[936]] e, grazie al matrimonio contaratto con la [[Duca di Spoleto|duchessa di Spoleto]], ([[Willa di Toscana|Willa]]), [[duca di Spoleto]] e [[Camerino]]; fu anche nominato [[conte palatino]] dall'imperatore [[Ottone I]], ovvero rappresentante del re nell' Italia centrale. I suoi poteri si estesero ai territori di Siena, [[Arezzo]] e [[Città di Castello]], territori rimasti estranei fino allora al controllo dei precedenti margravi<ref> H. Keller, p. 135.</ref>.
 
Successore di Uberto nella guida del margraviato fu, nel [[968]],il figlio [[Ugo di Toscana|Ugo]], partigiano "''fidelis''" di [[Ottone III]], amministratore del [[Ducato di Spoleto]]-[[Camerino]] ([[989]]-[[996]]), il "Gran Barone" dantesco<ref>[[Dante Alighieri]], ''[[Divina Commedia]]'', ''[[Paradiso (Divina Commedia)|Paradiso]]'', XVI, 127-129.</ref>. Egli, fautore della riforma ecclesiastica, incontrò rilevanti personalità religiose: [[san Nilo]], [[san Romualdo]] e [[san Bononio]], ai quali elargì copiose donazioni. Secondo la tradizione il marchese, dando seguito alle richieste della madre Willa, di suo zio Everardo ([[vescovo-conte]] di [[Arezzo]]) e della moglie Giuditta di Chiusi, discendente attoniana, seppe reperire ingenti risorse finanziarie da impiegare in un grandioso progetto di edificazione di "sette abbazie imperiali", lautamente dotate. Il progetto iniziato non venne portato a termine per l'improvvisa morte di Ugo, a [[Pistoia]] nel [[1001]]<ref>P. Soderi, ''Il territorio di Capolona attraverso i secoli'', pp. 52-60.</ref>. Con il prestigio acquisito grazie ad aristocratiche parentele e con la fama guadagnata con l'inizio di quel dispendioso progetto in un momento di particolare spiritualità ed emozione che, alle soglie del Millennio, stava attraversando tutto il territorio, il marchese guadagnò sufficiente consenso popolare, riuscendo a consolidare il proprio dominio in tutta la Tuscia: «La Toscana può ora essere chiamata anche in senso territoriale un vero e proprio marchesato con confini ben determinati» <ref> H. Keller, p. 136</ref>. Con il marchese Ugo, il centro politico e culturale del marchesato cominciò a trasferire la propria sede istituzionale da Lucca a [[Firenze]]. Ancor oggi nella [[Badia Fiorentina]], fondata da sua madre Willa, che raccoglie le spoglie del marchese nel monumento sepolcrale di [[Mino da Fiesole]], ogni anno alla scadenza del [[21 dicembre]] (data della sua morte), alle ore 11, viene celebrata una pubblica cerimonia a suffragio di Ugo, ritenuto fondatore del Marchesato di Toscana.