Arhat: differenze tra le versioni

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Nel [[Buddhismo Theravāda]] e nel [[Buddhismo dei Nikāya]], gli '''arhat''' — [[sanscrito]] ''arhat'' (अरिहन्त), "degno di venerazione"; [[lingua pāli|pāli]] '''arahant'''; [[lingua cinese|cinese]] 阿羅漢 ([[pinyin]] '''luóhàn'''); [[lingua giapponese|giapponese]] {{nihongo|rakan|阿羅漢}}; [[lingua tibetana|tibetano]] dgra.bcom.pa — sono coloro che hanno raggiunto il pieno risveglio spirituale, diventando degni di essere venerati dal ''[[sangha]]''.
 
Un ''arhat'' ha quindi percorso lo stesso cammino di un Buddha raggiungendo il ''[[nibbāṇa]]'' (pāli, ''[[nirvāṇa]]'' sans.), ma non attraverso una dottrina e una disciplina sviluppati autonomamente, bensì grazie all'insegnamento di un [[Buddha]], vivente o passato, prima del [[Sutra del Loto]], gli "arhat" non potevano ottenere l'illuminazione perchè avevano bruciato i semi della buddità, solo nel IV capitolo del Sutra del Loto, con la parabola del figlio del ricco, tutta l'assemblea degli Arhat o "ascoltatori della voce" manifesta il proprio ringraziamento al Buddha per la predizione dell'illuminazione e rammarico per essersi accontentati.
 
Nelle altre scuole di [[buddhismo]], e in particolare nel [[buddhismo Mahāyāna]], gli arhat sono dei Buddha a tutti gli effetti, detti ''śrāvakabuddha'', ma comunque inferiori a coloro che, pur potendo ormai conseguire tale stato, prendono il voto di continuare a rinascere innumerevoli volte come ''[[bodhisattva]]'' fintanto che resteranno al mondo [[Esseri senzienti (Buddhismo)|esseri senzienti]] non illuminati, e sono detti ''Bodhisattvabuddha'' o ''Samyaksambuddha''.