Federico II di Svevia: differenze tra le versioni
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=== Infanzia ed educazione ===
Il [[28 settembre]] [[1197]] Enrico VI
[[Gualtiero di Palearia]], vescovo di Troia, era a Palermo il vero tutore di [[Federico]]. Federico risiedeva nella reggia di Palermo, nel Castello della Favara, il Castello a Mare, seguendo Gentile di Manopello fratello di Gualtiero. Suo primo maestro fu frate Guglielmo Francesco, che ne rispondeva al vescovo [[Rinaldo di Capua]], il quale informava costantemente il papa dei progressi scolastici, della crescita e della salute di Federico.▼
▲Il [[28 settembre]] [[1197]] Enrico VI morì e Costanza affidò il figlio a [[Pietro di Celano]] conte della Marsica (fratello di [[Silvestro della Marsica]] che era stato Grande Ammiraglio di [[Guglielmo I il Malo]], re di Sicilia) e Berardo di Laureto appartenente alla famiglia degli Altavilla conti di Conversano. Il 17 maggio del [[1198]] Costanza fece incoronare il figlio [[re di Sicilia]] a soli quattro anni. Costanza morì il 27 novembre dello stesso anno, dopo averlo posto sotto la tutela del nuovo papa, [[Innocenzo III]], ed aver costituito a favore del papa un appannaggio di 30.000 talenti d'oro per l'educazione di Federico.
Nell'ottobre [[1199]], [[Marcovaldo di Annweiler]], per volere di [[Filippo di Svevia]] zio di Federico, s'impadronì della Sicilia per averne la reggenza e prese su di sé anche la custodia del giovane, sottraendolo a quella di Gualtiero di Palearia e, quindi, al tutoraggio di Innocenzo III, in aperto contrasto col Papa e
▲Federico risiedeva nella reggia di Palermo, nel Castello della Favara, il Castello a Mare, seguendo Gentile di Manopello fratello di Gualtiero. Suo primo maestro fu frate Guglielmo Francesco, che ne rispondeva al vescovo [[Rinaldo di Capua]], il quale informava costantemente il papa dei progressi scolastici, della crescita e della salute di Federico.
▲Nell'ottobre [[1199]], [[Marcovaldo di Annweiler]], per volere di [[Filippo di Svevia]] zio di Federico, s'impadronì della Sicilia per averne la reggenza e prese su di sé anche la custodia del giovane, sottraendolo a quella di Gualtiero di Palearia e, quindi, al tutoraggio di Innocenzo III, in aperto contrasto col Papa e con il suo paladino in Sicilia, [[Gualtieri III di Brienne]]; ciononostante, Marcovaldo non privò Federico della tutela dei suoi maestri. Il Papa accusò Gualtiero di Palearia di tradimento quando suo fratello Gentile di Manopello consegnò Federico, assieme alla città di Palermo, a Marcovaldo. Nel 1202 Gualtiero di Palearia guidò una spedizione, unitamente a [[Diopoldo di Acerra|Diopoldo]] conte di Acerra, contro il pretendente al trono Gualtieri di Brienne, il quale, dopo la morte di Marcovaldo, consegnò Federico al conte Guglielmo di Capparone, successore alla reggenza di Marcovaldo. Diopoldo liberò Federico da Capparone nel 1206 e lo riconsegnò alla custodia di Gualtiero di Palearia.
Guglielmo Francesco, Gentile di Manopello ed un imam musulmano, rimasto sconosciuto alla storia, furono istruttori di Federico sino al 1201, quando Guglielmo Francesco fu costretto ad abbandonare la Sicilia; tornò ad essere il maestro di Federico dal 1206 al 1209, anno dell'emancipazione del giovane. Dal 1201 al 1206 Federico, sotto la tutela di Marcovaldo e poi di Guglielmo di Capparone, venne cresciuto dal popolo palermitano più povero, autodidatta per ogni forma di cultura.<ref>Masson, ''Federico II di Svevia''. Rusconi.</ref>
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=== La corona imperiale ===
[[File:Augustale.jpg|thumb|left|300px|''[[Augustale]]'' di Federico II, [[1231]] circa.]]
Il 26 dicembre 1208 Federico compì il quattordicesimo anno di età e uscì dalla tutela papale assumendo il potere nelle sue mani.
Nel [[1209]] [[Ottone IV del Sacro Romano Impero|Ottone IV]] di [[Germania]] fu eletto imperatore del [[Sacro Romano Impero]], ma nel [[1212]] una fazione ribelle sostenuta da Innocenzo III, che aveva nel frattempo scomunicato Ottone, elesse Federico "re dei Romani" (il che equivaleva alla pre-nomina ad imperatore): [[Sigfrido III di Eppstein]] incoronò Federico nel [[duomo di Magonza]], ma la sua effettiva sovranità poté essere tale solo dal [[27 luglio]] [[1214]] quando, nella [[battaglia di Bouvines]], [[Filippo II di Francia|Filippo Augusto]] re di [[Francia]], alleato di Federico, sbaragliò Ottone IV alleato degli [[Inghilterra|inglesi]].<ref>Da questa battaglia gli storici datano l'unità nazionale francese.</ref> In Germania
Il [[12 luglio]] [[1213]] con la cosiddetta "Bolla d'Oro", (o "[[promessa di Eger]]"), Federico promise di mantenere la separazione fra Impero e Regno di Sicilia (vassallo del Pontefice) e di rinunciare ai diritti germanici in Italia (promessa già di Ottone IV, mai mantenuta). Promise inoltre di intraprendere presto una crociata in Terra santa. L'[[11 novembre]] [[1215]] venne aperto da Innocenzo III il [[Concilio Lateranense IV|IV Concilio Lateranense]] (XII universale) cui anche Federico partecipò. Finché fu in vita il suo protettore Innocenzo III, Federico evitò di condurre una politica personale troppo pronunziata. Morto Innocenzo III e salito al soglio [[Onorio III]] ([[18 luglio]] [[1216]]), papa di carattere meno deciso del predecessore, Federico fu incalzato dal nuovo papa a dare corso alla promessa di indire la crociata. Federico tergiversò a lungo e nel [[1220]] fece nominare dalla [[Dieta di Francoforte]] il figlio [[Enrico VII di Germania|Enrico]] "re di Germania". Il Pontefice ritenne che l'unico modo di impegnare Federico era quello di nominarlo imperatore, ed il [[22 novembre]] [[1220]] Federico fu incoronato imperatore in [[San Pietro in Vaticano|San Pietro]] a [[Roma]]<ref>che, all'epoca aveva circa 30 mila abitanti -come Genova e Verona- mentre la città più popolosa d' Italia era Milano con circa 100 mila abitanti. Fonte: Federico II. Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri. Editore Laterza, 2004, pag 52</ref> da [[Papa Onorio III]].
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Il ''Trattato con i principi della chiesa'', o ''[[Confoederatio cum principibus ecclesiasticis]]'', del [[26 aprile]] [[1220]] fu emanato da Federico II come concessione ad alcuni vescovi tedeschi per avere la loro collaborazione all'elezione del figlio Enrico come Re di Germania. La Carta rappresenta una delle più importanti fonti legislative del [[Sacro Romano Impero]] nel territorio tedesco.
Con questo atto Federico II
Fra i tanti diritti acquisiti, i vescovi assunsero quello di battere [[moneta]], decretare [[Tassa|tasse]] e costruire [[fortificazione|fortificazioni]]. Inoltre questi ottennero anche la possibilità di istituire [[Tribunale|tribunali]] nelle loro signorie e di ricevere l'assistenza del re o dell'imperatore per far rispettare i giudizi emanati nei territori in questione. La condanna da una corte ecclesiale significava automaticamente una condanna e una punizione da parte del Tribunale Reale o Imperiale. In più, l'emanazione di una [[scomunica]] si traduceva automaticamente in una sentenza come fuorilegge da parte del tribunale del Re o dell'Imperatore. Il legame, quindi, fra il tribunale di Stato e quello locale del Principe Vescovo si saldò indissolubilmente.
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===L'attività nel Regno di Sicilia ===
Federico poté dedicarsi a consolidare le istituzioni nel Regno di Sicilia, indicendo due grandi assise a [[Capua]] e a [[Messina]] ([[1220]]-[[1221]]). In quelle occasioni rivendicò che ogni diritto regio confiscato in passato a vario titolo dai feudatari venisse immediatamente reintegrato al sovrano. Introdusse inoltre il [[diritto romano]], nell'accezione giustinianea rielaborata dall'[[Università di Bologna]] su impulso di suo nonno il Barbarossa. A [[Napoli]] fondò l'[[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università]] nel [[1224]], dalla quale sarebbe uscito il ceto di funzionari in grado di servirlo, senza che i suoi fedeli dovessero recarsi fino a [[Bologna]] per studiare. Favorì anche l'antica e gloriosa [[scuola medica salernitana]].<ref>Cardini-Montesano, ''Storia Medievale'', 2006, pag.285
Il tentativo di Federico di accentrare l'amministrazione del Regno e ridurre il potere dei feudatari locali (soprattutto ordinando la distruzione delle fortificazioni che potessero rappresentare un potenziale pericolo per il potere centrale) incontrò molte resistenze, tra queste principalmente quella del conte di [[Bojano]], [[Tommaso da Celano (conte)|Tommaso da Celano]], la cui contea, unita con i possedimenti originali in [[Marsica]], rappresentava il feudo di maggiore estensione del regno.
Il conte Tommaso si rifiutò di smantellare i castelli come ordinato dallo svevo e organizzò la resistenza presso le fortificazioni di [[Ovindoli]] e [[Celano]] in Marsica, Civita di [[Bojano]] e [[Roccamandolfi]] in [[Molise]], dove affrontò a partire dal [[1220]] la forza d'urto dell'esercito imperiale. Le prime tre città caddero nel giro del primo anno di guerra, mentre Roccamandolfi, dove il da Celano aveva lasciato alla guida della resistenza la moglie Giuditta, si arrese all'assedio nel [[1223]] dopo essere stato danneggiato ma non preso. Il castello del capoluogo della contea, [[Bojano]], venne demanializzato e ricostruito; [[Ovindoli]] e [[Celano]] furono distrutte, [[Roccamandolfi]] dovette essere ricostruita più a valle lasciando il castello alla rovina; Tommaso da Celano, non avendo in seguito rispettato i termini della resa, fu espropriato della contea che cessò di essere la spina nel fianco nei possedimenti normanni di Federico.
[[File:Castello di melfi1.JPG|left|thumb|190px|Il [[Castello di Melfi]] dove Federico II promulgò le [[Costituzioni di Melfi|costituzioni]].]]
{{vedi anche|Costituzioni di Melfi}}
Giunto
Nella località melfitana (ma anche a [[Lagopesole]], [[Palazzo San Gervasio]] e [[Monticchio]]), Federico II trascorre il suo tempo libero, dedicandosi alla caccia con il falcone, poiché le zone boschive del [[Vulture]] erano particolarmente ideali per il suo passatempo preferito. Nel [[Castello di Melfi|castello]] Federico II, con l'ausilio del suo fidato notaio [[Pier delle Vigne]], emanò le ''Constitutiones Augustales'' (note anche come ''[[Costituzioni di Melfi]]''), codice legislativo del regno di Sicilia, fondato sul diritto romano e normanno, tra le più grandi opere della storia del diritto.▼
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Le costituzioni miravano a limitare i poteri e i privilegi delle locali famiglie nobiliari e dei prelati, facendo tornare il potere nelle mani dell'imperatore e a rendere partecipi anche le donne per quanto riguardava la successione dei feudi. Ne doveva nascere uno Stato centralizzato, burocratico e tendenzialmente livellatore, con caratteristiche che gli storici hanno reputato "moderne".<ref>Cardini-Montesano, ''Storia Medievale'', 2006, pag. 287
Il sovrano svevo sfruttò il castello anche come tesoreria regia e come prigione, poiché vi imprigionò due cardinali e vari vescovi francesi e tedeschi che appoggiarono la decisione del Papa di destituirlo. Nel [[1232]] vi ospitò il marchese di Monferrato e sua nipote [[Bianca Lancia]],
=== La crociata e la scomunica da parte di Gregorio IX ===
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Nella diatriba fra papa e imperatore intanto si erano inserite le città della [[Lega Lombarda]] ed era ripresa la secolare divisione fra [[guelfi]] e [[ghibellini]] <ref>Fra le famiglie più fedeli al partito ghibellino vanno ricordati gli [[Ordelaffi]], signori di [[Forlì]], città che Federico ricompensò per gli aiuti che ne ebbe con la concessione di notevoli privilegi e con la concessione a riportare l'aquila imperiale nello stemma.</ref>. Nel [[1231]] Federico convocò una Dieta a [[Ravenna]] nella quale fece riaffermare l'autorità imperiale sui Comuni, ma ciò ebbe poca influenza sugli eventi successivi.
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[[File:Peter Janssen, Kaiser Friedrich II.jpg|thumb|300px|Federico concede benefici ai [[Cavalieri Teutonici]], affresco nella [[Università di Marburg]].]]
Nel successivo periodo di pace e distensione Federico approfittò per sistemare alcune questioni giuridiche nei suoi regni, con particolare riguardo a quello siculo. Il rinnovato accordo fra il papa e Federico venne utile a quest'ultimo allorché nel [[1234]] suo figlio [[Enrico VII di Germania|Enrico]] si ribellò al padre: rivoltosi al papa, Federico ottenne la scomunica contro il figlio, lo fece arrestare e lo tenne prigioniero fino alla morte, avvenuta nel [[1242]]. Alla corona tedesca venne allora associato l'altro figlio [[Corrado IV]] (che non riuscì neppure lui a governare in pace per l'opposizione dei nobili che gli misero davanti una serie di antiré).
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Nel maggio dello stesso anno alcuni violenti tumulti, organizzati da famiglie ostili a Gregorio IX, costrinsero quest'ultimo a fuggire in Umbria. Federico, cui faceva molto comodo politicamente apparire come il difensore della Chiesa, accorse in armi, sconfisse i ribelli a [[Viterbo]] (ottobre [[1237]]) e ristabilì Gregorio sul trono romano ([[1238]]).
Tuttavia egli non era venuto meno ai suoi propositi di sottomettere l'Italia all'impero germanico, favorendo l'instaurarsi di signorie ghibelline a lui amiche (la più potente fu quella dei [[Da Romano]] che governava su [[Padova]], [[Vicenza]], [[Verona]] e [[Treviso]]). Nel novembre [[1237]] Federico colse una notevole vittoria sulla Lega Lombarda a [[Battaglia di Cortenuova sull'Oglio|Cortenuova]], conquistando il [[Carroccio]] che inviò in omaggio al papa. L'anno successivo il figlio [[Enzo di Sardegna|Enzo]] (o Enzio) sposò [[Adelasia di Torres]], vedova di [[Ubaldo Visconti]], giudice di [[Giudicato di Torres|Torres]] e [[Gallura]] e Federico lo nominò [[Re di Sardegna]]. Ciò non poteva essere accettato dal papa, visto che la [[Sardegna]] era stata promessa in successione al papa dalla stessa Adelasia. Alle rimostranze del pontefice, Federico rispose nel marzo [[1239]] tentando di sollevargli contro la curia
Fu eletto papa Goffredo Castiglioni, che prese il nome di [[Celestino IV]] ma che morì subito dopo. La prigionia di due cardinali catturati da Federico e l'incombente minaccia delle sue truppe alle porte di Roma provocarono una vacanza al soglio pontificio di un anno e mezzo, periodo durante il quale si svolsero frenetiche trattative. Infine il conclave si tenne ad [[Anagni]] e fu eletto il genovese Sinibaldo Fieschi che prese il nome di [[Innocenzo IV]]. Il [[31 marzo]] [[1244]] fu stilata in Laterano una bozza di accordo fra Federico ed Innocenzo IV che prevedeva, in cambio del ritiro della scomunica, la restituzione di tutte le terre pontificie occupate dall'imperatore, ma nulla diceva sulle pretese imperiali in Lombardia. L'accordo non fu mai ratificato.
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=== Il declino e la fine ===
[[File:Federico II Parma.jpg|thumb|280px|La disfatta di Vittoria, presso Parma (1248).]]
Papa Innocenzo IV decise che l'assoggettamento della Lombardia all'impero non poteva essere accettato: avrebbe significato l'accerchiamento dei domini pontifici da parte dell'imperatore. Perciò decise di indire un Concilio per confermare la scomunica a Federico e far nominare un altro imperatore, rivolgendosi ai suoi nemici che in Germania erano numerosi. Giunto a [[Lione]]<ref>Per eludere la sorveglianza delle truppe imperiali che stazionavano pericolosamente vicino a Viterbo, Innocenzo si recò travestito a [[Civitavecchia]] ove si imbarcò su
Il concilio confermò la scomunica a Federico, lo depose, sciogliendo sudditi e vassalli dall'obbligo di fedeltà, ed invitò i nobili elettori tedeschi a proclamare un altro imperatore, bandendo contro Federico una nuova crociata. Non tutta la Cristianità però accettò quanto deliberato nel concilio, che si era tenuto in condizioni non troppo chiare. Il papa aveva finto fino all'ultimo di voler patteggiare con Federico e molti si domandarono se fosse giusto un provvedimento così grave contro l'imperatore in un momento in cui nuove minacce si affacciavano all'orizzonte (l'offensiva [[Mongoli|mongola]]).
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L'imperatore subì il gravissimo colpo che ne appannò il prestigio e dal [[1245]] gli eventi iniziarono a precipitare. Gli Elettori tedeschi trovarono il nuovo imperatore (in realtà "re di Roma", titolo che preludeva alla nomina di imperatore) in [[Enrico Raspe]], [[margravio di Turingia]], che il [[5 agosto]] [[1246]] sconfisse nella [[battaglia di Nidda]] il figlio di Federico [[Corrado IV del Sacro Romano Impero|Corrado]] (tuttavia, l'anno successivo, il Raspe morì).
Nel [[1248]] Federico subì una grave sconfitta nei pressi di [[Battaglia di Parma (XIII secolo)|Parma]] e l'anno seguente il figlio Enzo, battuto a [[battaglia di Fossalta|Fossalta]] fu
La vittoria militare del figlio Corrado sul successore di Raspe, [[Guglielmo d'Olanda]] avvenuta nel [[1250]], non portò
▲La vittoria militare del figlio Corrado sul successore di Raspe, [[Guglielmo d'Olanda]] avvenuta nel [[1250]], non portò ad alcunché per Federico il quale nello stesso anno morì a causa di un attacco di dissenteria. Nel suo testamento nominava suo successore il figlio Corrado, ma il papa non solo non riconobbe il testamento ma scomunicò pure Corrado (che morì quattro anni dopo di malaria, nel vano tentativo di ricuperare a sé il regno di Sicilia).
=== La morte a Fiorentino di Puglia ===
Federico cadde probabilmente vittima di un'infezione intestinale dovuta a malattie trascurate, durante un soggiorno in Puglia; secondo [[Guido Bonatti]], invece, fu avvelenato. Egli, difatti, qualche tempo prima aveva scoperto un complotto, in cui fu coinvolto lo stesso medico di corte. Le sue condizioni apparvero immediatamente gravi, tanto che si rinunciò a portarlo nel più fornito ''Palatium'' di [[Lucera]]
Leggenda vuole che a Federico fosse stata predetta dall'astrologo di corte, [[Michele Scoto]], la morte “sub flore”, ragione per la quale pare egli abbia sempre evitato di recarsi a Firenze. Allorché
▲Federico cadde probabilmente vittima di un'infezione intestinale dovuta a malattie trascurate, durante un soggiorno in Puglia; secondo [[Guido Bonatti]], invece, fu avvelenato. Egli, difatti, qualche tempo prima aveva scoperto un complotto, in cui fu coinvolto lo stesso medico di corte. Le sue condizioni apparvero immediatamente gravi, tanto che si rinunciò a portarlo nel più fornito ''Palatium'' di [[Lucera]] (FG), e la corte dovette riparare nella ''domus'' di [[Fiorentino di Puglia|Fiorentino]], un borgo fortificato nell'agro dell'odierna [[Torremaggiore]] non lontano dalla sede imperiale di Foggia.
[[File:Palermo-sarcofago di federico II.jpg|thumb|left|180px|Il sarcofago di Federico II nella [[Cattedrale di Palermo]].]]▼
L'imperatore, sentendosi in punto di morte, volle indossare il saio [[cistercense]] e dettare così le sue ultime volontà nelle poche ore di lucidità. Il testamento, dettato
▲Leggenda vuole che a Federico fosse stata predetta dall'astrologo di corte, [[Michele Scoto]], la morte “sub flore”, ragione per la quale pare egli abbia sempre evitato di recarsi a Firenze. Allorché l'imperatore fu informato del nome del borgo in cui, infermo, era condotto per concedergli conforto e riposo, Castel Fiorentino per l'appunto, Federico, sempre secondo la leggenda, comprese ed accettò la prossimità della fine.
La salma di Federico fu sommariamente imbalsamata, i funerali si svolsero nella sede imperiale
▲[[File:Palermo-sarcofago di federico II.jpg|thumb|left|180px|Il sarcofago di Federico II nella [[Cattedrale di Palermo]].]]
▲L'imperatore, sentendosi in punto di morte, volle indossare il saio [[cistercense]] e dettare così le sue ultime volontà nelle poche ore di lucidità. Il testamento, dettato in fiorentino alla presenza dei massimi rappresentanti dell'Impero, reca la data del 17 dicembre 1250. La sua fine fu rapida e sorprese i contemporanei, tanto che alcuni cronisti anti-imperiali diedero adito alla voce, storicamente infondata, secondo cui l'imperatore era stato ucciso da Manfredi, il figlio illegittimo che in effetti gli successe in Sicilia. Una miniatura raffigura persino il principe mentre soffoca col cuscino il padre morente.
Recentemente il sepolcro è stato riaperto. Federico giace sul fondo sotto altre due spoglie ([[Pietro III di Aragona]] e una donna sconosciuta). La tomba era stata già ispezionata nel tardo [[XVIII secolo]]: il corpo, nel Settecento, era mummificato e in buone condizioni di conservazione; ne risulta che l'imperatore sia stato inumato con il globo dorato, la spada, calzari di seta, una dalmatica ricamata con iscrizioni [[cufico|cufiche]] e una corona a cuffia.
▲La salma di Federico fu sommariamente imbalsamata, i funerali si svolsero nella sede imperiale qual era Foggia, per sua espressa volontà il cuore venne deposto in un'urna collocata nel Duomo, la sua salma omaggiata dalla presenza di moltitudini di sudditi venne esposta per qualche giorno e trasportata a Palermo, per essere tumulata nel [[duomo di Palermo|Duomo]], entro il sepolcro di [[porfido rosso antico|porfido]], come voleva la tradizione normanno-sveva, accanto alla madre Costanza d'Altavilla, al padre Enrico VI e al nonno Ruggero II.
==L'eredità culturale==
=== L'attività legislativa ===
[[File:Palazzo Reale di Napoli - Federico II.jpg||thumb|200px|Statua di Federico II all'ingresso del [[Palazzo Reale di Napoli]].]]
Si dice che Federico conoscesse ben nove lingue e che fosse un governante molto moderno per i suoi tempi, visto che favorì la [[scienza]] e professò punti di vista piuttosto avanzati in [[economia]]. Abolì i [[dazio|dazi]] interni ed i freni alle [[importazione|importazioni]] all'interno del suo impero.
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Tra il [[1243]] e il [[1246]] Federico II trascorse le stagioni invernali a [[Grosseto]], approfittando del [[clima]] mite e delle aree umide attorno alla città per praticare la caccia, suo passatempo preferito. La permanenza nella città [[Maremma grossetana|maremmana]] indusse l'imperatore a concedere il riconoscimento imperiale al libero comune di Grosseto.
=== L'Università ===
Il [[5 giugno]] [[1224]], all'età di trent'anni, Federico istituì con editto formale, a [[Napoli]], la prima [[Università degli Studi di Napoli Federico II|''universitas studiorum'']] statale e laica della storia d'Occidente, in contrapposizione all'[[Università di Bologna|ateneo di Bologna]], nato come aggregazione privata di studenti e docenti e poi finito sotto il controllo papale.<ref>Fu tuttavia Federico che inviò all'Università di Bologna e ad altre Università le opere del filosofo arabo [[Averroè]], che lui stesso aveva fatto tradurre.</ref> L'università, polarizzata intorno allo ''studium'' di diritto e retorica, contribuì all'affermazione di Napoli quale capitale della scienza giuridica. Napoli non era ancora la capitale del Regno, ma Federico la scelse per la sua posizione strategica ed il suo già forte ruolo di polo culturale ed intellettuale di quei tempi.<ref>L'università fredericiana, che non ha mai interrotto la sua attività, è stata intitolata al suo fondatore nel [[1987]], assumendo la denominazione di [[Università degli studi di Napoli "Federico II"]], allorché iniziarono i lavori per l'istituzione della [[Seconda Università degli studi di Napoli|Seconda università degli studi di Napoli]], dallo scorporo della prima [[facoltà universitaria|facoltà]] di [[Medicina]] e [[chirurgia]] della prima, decretata nel [[1989]] e attuata nel [[1991]].</ref>
===Puer Apuliae===
== Lo ''Stupor Mundi'' ==▼
Federico fu chiamato ai suoi tempi ''Puer Apuliae'' (Fanciullo della Puglia), per la particolare predilezione che ebbe per questa regione (''Apulia'' da intendersi come la Puglia e la Basilicata attuali o piuttosto l'intera Italia Meridionale, quindi il Regno di Sicilia).
Ma ''Puer Apuliae'' fu aveva anche un intento spregiativo. Gli fu attribuito dagli intellettuali tedeschi durante la lotta per il titolo imperiale con Ottone di Brunswick e potrebbe essere tradotto come ''ragazzino'' dell'Italia meridionale.
[[File:Castel del Monte giu06 001.jpg|thumb|left|250px|[[Castel del Monte]], in territorio di [[Andria]]]]
[[File:Arco Federico II.jpg|thumb|right|200px|Porta della Reggia Imperiale a [[Foggia]]]]
Ad [[Andria]] è presente la costruzione più affascinante voluta dall'imperatore, [[Castel del Monte]], dichiarato [[Patrimonio dell'Umanità]] dall'[[UNESCO]]. Sempre ad [[Andria]] è possibile ammirare Porta Sant'Andrea o Arco di Federico II ([[XI secolo]]) sulla quale fu scolpita la celebre frase dell'imperatore: ''«Andria fidelis, nostri affixa medullis; absit, quod Federicus sit tui muneris iners, Andria, vale, felix omnisque gravaminos expers»''.
Federico aveva però sparso castelli e palazzi imperiali in tutta la regione, amata anche per le possibilità di esercitarvi l'arte venatoria, alla quale era appassionato: tra questi, il [[Castello di Lucera]], che affidò ai [[Saraceni]] deportati dalla [[Sicilia]].
▲Ad [[Andria]] è presente la costruzione più affascinante voluta dall'imperatore, [[Castel del Monte]], dichiarato [[Patrimonio dell'Umanità]] dall'[[UNESCO]]. Sempre ad [[Andria]] è possibile ammirare Porta Sant'Andrea o Arco di Federico II ([[XI secolo]])<!-- <ref name="Porta sant'Andrea"/> --> sulla quale fu scolpita la celebre frase dell'imperatore:« Andria fidelis, nostri affixa medullis; absit, quod Federicus sit tui muneris iners, Andria, vale, felix omnisque gravaminos expers. ». A [[Foggia]], aveva fatto costruire un magnifico ''Palatium'', edificato da Bartolomeo da Foggia, su cui vi era un'iscrizione (oggi conservata nel Portale di Federico) che recitava: ''Hoc fieri iussit Federicus Cesar ut urbs sit Fogia regalis sede inclita imp(er) ialis'' (''Ciò comandò Federico Cesare che fosse fatto affinché la città di Foggia divenisse reale e inclita sede imperiale''). Federico II considerava la Capitanata un luogo ideale anche per la caccia e perciò fece costruire altre due importantissime dimore a [[Foggia]]. La prima, la Domus/Palacium Solatiorum San Laurencii o Pantani, in località Pantano, tra gli attuali quartieri Salice Nuovo, San Lorenzo ed Ordona Sud, dove il Guiscardo aveva fatto edificare la chiesa di San Lorenzo in Carmignano, testimonianza visiva, insieme alla Regia Masseria Pantano, della vasta area che occupava la struttura federiciana; essa includeva una residenza signorile, con giardini, vivarium con animali acquatici ed esotici, padiglioni per il solacium. Il luogo è attualmente un rilevante sito archeologico, oltre che medioevale, anche romano e neolitico, a pochi chilometri dal centro di [[Foggia]]. L' altra dimora del grande imperatore svevo era il Palacium dell' Incoronata, nei pressi dell' omonimo Bosco/Santuario; in questo caso, testimonianza importante della struttura federiciana è la Regia Masseria Giardino, nelle immediate vicinanze della linea ferroviaria [[Foggia]] - [[Potenza (Italia)|Potenza]]; anche questo complesso viene descritto dalle cronache di quel tempo, come tra le dimore più belle e sontuose dello "Stupur Mundi".
▲Federico aveva però sparso castelli e palazzi imperiali in tutta la regione, amata anche per le possibilità di esercitarvi l'arte venatoria, alla quale era appassionato: tra questi, il [[Castello di Lucera]], che affidò ai [[Saraceni]] deportati dalla [[Sicilia]].<ref>Cosa che non piacque per nulla al papa Gregorio IX</ref>
Altre fortificazioni importanti, sono sorte con l'edificazione del [[castello svevo di Trani]], caratteristico per la sua cortina sul mare e recentemente restaurato, e il [[Castello di Barletta]], risultato architettonico di una serie di successioni al potere.
Altre strutture fortificate sveve sono
[[File:De Arte Venandi com Avibus.jpg|right|thumb|300px|Particolare del folio 16 ''recto'' del trattato ''[[De arte venandi cum avibus]]''.]]▼
L'appellativo di ''Stupor Mundi'', invece, deriva dalla sua inestinguibile curiosità intellettuale, un eclettismo che lo portò ad approfondire la [[filosofia]], l'[[astrologia]] (consigliere molto ascoltato fu l'astrologo [[Guido Bonatti]]), la [[matematica]] (ebbe corrispondenza e fu in amicizia con il matematico pisano [[Leonardo Fibonacci]], scopritore della famosa successione numerica che porta il suo nome che gli dedicò il suo ''Liber quadratorum''), l'[[algebra]], la [[medicina]] e le [[scienze naturali]] (impiantò a Palermo persino uno zoo, famoso ai suoi tempi, per il numero di animali esotici che conteneva); scrisse anche un libro, un manuale sull'arte della [[falconeria]], il ''[[De arte venandi cum avibus]]'' ("L'arte della caccia con gli uccelli"), di cui molte copie illustrate nel [[XIII secolo|XIII]] e [[XIV secolo]] ancora sopravvivono. Il ''De arte venandi'' è un [[Trattato (opera)|trattato]] nato innanzitutto dall'osservazione, che non ha nulla delle enciclopedie zoologiche fino ad allora redatte (i [[bestiari]] intrisi di mitologia, teologia e superstizione). In esso i problemi di [[ornitologia]], di allevamento, di addestramento e di [[caccia]] sono trattati con attenzione al principio dell'osservazione diretta e dell'esperienza, con assoluto spirito di indipendenza rispetto alla trattatistica precedente, per questo rappresenta un fondamentale passo verso la scienza "moderna".▼
▲=== Lo ''Stupor Mundi'' ===
▲[[File:De Arte Venandi com Avibus.jpg|right|thumb|300px|Particolare del folio 16 ''recto'' del trattato ''[[De arte venandi cum avibus]]''.]]
▲
Alla sua corte soggiornarono uomini di gran cultura di quei tempi quali [[Michele Scoto]], che tradusse alcune opere di [[Aristotele]], [[Maestro Teodoro]] da [[Antiochia]], un arabo cristiano, e [[Juda ben Salomon Cohen]], grande enciclopedista ebreo.
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Federico II, essendo un generoso [[mecenatismo|mecenate]], ospitò alla sua corte numerosi artisti che ebbero probabilmente modo di spostarsi con lui nei suoi soggiorni in Germania (a più riprese tra il [[1212]] e il [[1226]]): ci fu infatti un contatto con le novità del gotico tedesco, che proprio in quegli anni produceva opere di rinnovato naturalismo come il ''San Giorgio a cavallo'' del [[Duomo di Bamberga]] (ante [[1237]], alto 267 cm), dove era raffigurato uno pseudo ritratto onorario dell'Imperatore stesso riprendendo l'iconografia delle statue equestri antiche. Inoltre Federico II invitò nel sud-Italia i [[cistercensi]] già nel [[1224]], i quali diffusero il loro sobrio stile gotico nell'architettura ([[abbazia di Murgo]], dal [[1224]], e le abbazie laziali [[abbazia di Fossanova|di Fossanova]] e [[abbazia di Casamari|Casamari]] che probabilmente costituiscono i primi esempi di applicazione italiana dello [[architettura gotica|stile gotico]]).
Oltre alla ricezione delle novità gotiche, Federico promosse anche attivamente il recupero di modelli classici, sia riusando opere antiche, sia facendone fare di nuove secondo i canoni romani: per esempio le monete auree da lui fatte coniare (gli [[augustale|augustali]]) presentano il suo ritratto idealizzato di profilo, e numerosi sono i rilievi che ricordano la ritrattistica imperiale romana (al già citato Duomo di Bamberga, alla distrutta [[Porta di Capua]], eccetera). In queste opere si nota una robustezza che ricorda l'arte romana provinciale, una fluente [[Plasticità (arte)|plasticità]], come nei realistici panneggi, e gli intenti ritrattistici. Tra i rilievi superstiti della [[Porta di Capua]] esiste anche un ''Busto di imperatore'': se si trattasse delle vere fattezze del sovrano saremmo di fronte al primo ritratto pervenutoci dell'arte post-classica, un primato altrimenti stabilito dal ''[[Ritratto di Carlo d'Angiò]]'' di [[Arnolfo di Cambio]].<ref>Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, ''I tempi dell'arte'', volume 1, Bompiani, Milano 1999.</ref>
La seconda corrente predominante all'epoca di Federico, dopo quella classicista, fu quella naturalistica. Lo stesso Federico II nel ''[[De arte venandi cum avibus]]'' scriveva come si dovesse rappresentare le cose che esistono così come sono (''ea quae sunt sicut sunt''), un suggerimento che si può per esempio riscontrare nell'originalissimo capitello attribuito a [[Bartolomeo da Foggia]] e conservato al [[Metropolitan Museum]] di [[New York]] ([[1229]] circa). In questa opera quattro testine spuntano dagli angoli, ma la loro raffigurazione è così realistica (nelle scavature degli zigomi, nelle rughe, nelle imperfezioni fisiche) da sembrare un calco da maschera mortuaria.
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=== Cacciatore e intellettuale===
Federico era un cacciatore appassionato. Le battute di caccia erano un modo per socializzare con persone dello stesso rango, per esercitarsi nell'uso delle armi e per rappresentare il potere. Il suo hobby preferito era la caccia con il falco addestrato, attività molto costosa e quindi elitaria: un falco addestrato veniva a costare infatti quasi quanto un intero podere. La caccia con i falci per Federico non era un passatempo vero e proprio ma una scienza. Egli si procurò trattati di [[ornitologia]] e arte venatoria, e su ordini dell'imperatore questi testi furono raccolti in un codice miscellaneo, concepito come un libro sulla [[falconeria]]. Le fonti non sono certe se Federico abbia scritto il libro ma sicuramente ha partecipato alla sua redazione esponendo i propri punti di vista: il ''[[De arte venandi cum avibus]]'', che segue una trattazione sui metodi di cattura e addestramento dei falchi.
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* Daniele Vessella, Pierluigi De Iulio, ''Federico II, stupor mundi'', Cosenza, Black smoking, 2005. ISBN 88-88343-50-4
* [[Franco Cardini]], Marina Montesano, ''Storia medievale'', Firenze, [[Le Monnier]] Università, 2006. ISBN 8800204740
* Gabriella Piccinini, ''I mille anni del Medioevo'', Bruno Mondadori, Milano 2006, ISBN 88-424-9355-4
* [[Marco Brando]], ''Lo strano caso di Federico II di Svevia. Un mito medievale nella cultura di massa'', Palomar, [[Bari]], 2008. ISBN 9788876002861
* [[Hubert Houben]], ''Federico II. Imperatore, uomo, mito'', [[Il Mulino]], [[Bologna]], 2009. ISBN 9788815133380
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