Vanitas vanitatum et omnia vanitas: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
ArthurBot (discussione | contributi)
m r2.6.3) (Bot: Aggiungo: bg:Vanitas vanitatum et omnia vanitas
Nessun oggetto della modifica
Riga 2:
'''''Vanitas vanitatum et omnia vanitas''''' (in [[lingua italiana|italiano]], "vanità delle vanità, tutto è vanità") è una [[Locuzioni latine|locuzione latina]]. Come ''[[Nihil sub sole novum]]'', la frase è tratta dalla versione in [[lingua latina|latino]] del ''[[Qohelet]]'' (o ''Ecclesiaste''), un [[libro sapienziale]] della [[Bibbia]] [[ebraismo|ebraica]] e [[cristianesimo|cristiana]] - in cui ricorre per due volte ({{passo biblico|Ecclesiaste 1, 2; 12, 8}}).<ref>Cf. [http://www.treccani.it/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/sites/default/BancaDati/Vocabolario_online/V/VIT_III_V_123771.xml ''voce''] in ''Treccani Vocabolario online''.</ref>
 
La costruzione ridondante «vanitas vanitatum» ("Vanità delle vanità") è, in realtà, un [[calco linguistico]] dall'[[ebraico]] ''havel havalim''. Nella lingua biblica questo tipo di ripetizioni ha un valore [[superlativo]], per cui la traduzione corretta della frase sarebbe ''la più grande vanità'' (analogamente, il ''[[Cantico dei Cantici]]'' significherebbe ''il più bel Cantico'', e ''il Re dei Re'' starebbe per ''il Re più potente'', e il ''[[Sancta Sanctorum]]'' starebbe per '' il (luogo) più santo'').
 
Con questa locuzione si apre e si chiude il lungo discorso di Qohelet, che occupa i dodici capitoli del libro omonimo. Qohelet, o Ecclesiaste, uomo saggio e maestro, dopo aver esplorato ogni aspetto della vita materiale, giunge alla conclusione (già preannunciata all'inizio del testo) che tutto è vanità. Il che non deve impedire all'uomo di riconoscere in Dio il creatore e di osservare i suoi comandamenti, come conclude il breve paragrafo finale ad opera di un commentatore posteriore.<ref>Cf. {{passo biblico|Ecclesiaste 12, 9.15}}</ref>